Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-07-2010, n. 16021 OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16.5.2006 B.P. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1804/2005, depositata il 21.4.2005, la quale ha confermato la sentenza emessa in primo grado, con cui il Tribunale di Roma ha condannato l’odierno ricorrente a pagare a N.P. la somma di L. 11.175.000, in rimborso del 50% delle spese – ed in particolare dell’imposta INVIM – relative alla cessione di un locale in Roma.

L’obbligo di rimborso era stato assunto dal B. con scrittura privata 11 maggio 1983, di poco successiva al contratto preliminare di compravendita del locale a terzi.

Concluso il contratto definitivo in data 26 ottobre 1994, a seguito di azione per l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., proposta dall’acquirente, il N. ha notificato al B. decreto ingiuntivo di condanna al pagamento della somma promessa.

Quest’ultimo ha proposto opposizione, eccependo fra l’altro l’intervenuta prescrizione del diritto del venditore al rimborso:

eccezione che i giudici di merito hanno respinto.

Il ricorso del B. si fonda su di un solo motivo, a cui resiste il N. con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal resistente sul rilievo che la procura speciale conferita dal ricorrente al suo difensore non menziona gli estremi della sentenza impugnata.

Trattasi infatti di procura a margine del ricorso, che fa esplicito riferimento al giudizio "di cui al presente atto", dal quale atto risultano gli estremi della sentenza impugnata e tanto basta ai fini della specificità della procura (cfr. Cass. civ. 9 maggio 2007 n. 10539).

2.- La Corte di appello ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dall’appellante e odierno ricorrente sul rilievo che – sebbene la domanda di rimborso sia successiva di oltre dieci anni alla data della scrittura privata di assunzione dell’impegno l’obbligo del rimborso sarebbe divenuto attuale ed esigibile solo dopo la stipulazione del contratto definitivo; che l’accordo intercorso fra le parti non poneva alcun limite di tempo per la conclusione del contratto definitivo, ed anzi prevedeva espressamente il permanere dell’obbligo anche nel caso in cui l’imposta da rimborsare fosse stata rivalutata.

3.- Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2935 cod. civ., deducendo che la mancata stipulazione del contratto definitivo non costituiva ostacolo giuridico all’esercizio del diritto al rimborso, bensì solo ostacolo di fatto, considerato anche che la mancata stipulazione costituiva comportamento illecito da parte del N., il quale si è prestato a concludere il contratto definitivo solo a seguito di azione ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., proposta dal compratore.

Assume che gli ostacoli di fatto, soprattutto se derivanti da comportamenti illeciti dell’avente diritto, non valgono ad interrompere la decorrenza del termine di prescrizione.

4.- Il motivo non è fondato.

Correttamente ha rilevato la Corte di appello che il N. non avrebbe potuto far valere il diritto al rimborso della metà dell’INVIM se non dopo avere pagato l’imposta, o comunque dopo la data in cui è concretamente sorto a suo carico l’obbligo del pagamento, con la stipulazione del contratto definitivo di compravendita.

Non si tratta di impedimento di fatto, bensì di impedimento giuridico al decorrere della prescrizione, trattandosi di circostanza o presupposto giuridico (condicio iuris) a cui era subordinata l’esigibilità da parte del N. della prestazione promessa dal B., in quanto l’obbligo di pagare l’INVIM sorge solo con il trasferimento effettivo della proprietà immobiliare.

La circostanza che il ritardo nel trasferimento fosse in ipotesi imputabile a colpa del N. è irrilevante ai fini della prescrizione.

L’obbligato avrebbe potuto far valere il pregiudizio (peraltro difficilmente ipotizzabile) che gliene fosse derivato mettendo in mora il creditore, o tramite i rimedi concessi per il caso in cui la parte interessata ponga ostacolo all’avveramento della condizione, o con eventuale azione di danni. Non attraverso improprie e improponibili modificazioni del regime della prescrizione.

5.- Il ricorso deve essere rigettato.

6.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *