T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 01-04-2011, n. 2912 Professori universitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, professore ordinario di psicologia generale presso la Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza, nel 2007 aveva presentato domanda di trattenimento in servizio, ai sensi dell’art 16 del d.lgs. n° 503 del 1992.

A seguito della entrata in vigore del d.l. n° 112 del 2008 convertito nella legge n° 133 del 2008, non risultando presentata nuova domanda secondo quanto previsto da tale nuova disciplina, con decreto rettorale n° 8711 del 1022010 è stato disposto il suo collocamento a riposo.

Avverso tale decreto è stato proposto il ricorso n° 5139 del 2010, sostenendo la avvenuta presentazione della domanda.

Successivamente alla proposizione del ricorso la Università esaminava la domanda respingendola con decreto rettorale del 10112010 in base ai criteri determinati dal senato accademico nella seduta del 1122009.

Avverso i criteri determinati dal senato accademico con le delibere del 1122009 e del 2612010 è stato proposto il ricorso n° 10915 del 2010, formulando le seguenti censure: violazione dell’art 72 comma 7 della legge n° 133 del 2008; eccesso di potere per travisamento dei fatti; erronea assunzione dei presupposti; difetto di motivazione; contraddittorietà, sviamento;

avverso il decreto rettorale del 10112010 è stato proposto il ricorso n° 151 del 2011 per i seguenti motivi: violazione dell’art 72 comma 7 della legge n° 133 del 2008; eccesso di potere per travisamento dei fatti; erronea assunzione dei presupposti; difetto di motivazione; contraddittorietà, sviamento.

Si è costituita l’Università contestando la fondatezza dei ricorsi.

All’udienza pubblica del 232011 i ricorsi sono stati riuniti e trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

L’art 16 del d.lgs. n° 503 del 30121992, nel testo modificato dall’art 72 comma 7 del d.l. n° 112 del 2561998 convertito dalla legge n° 133 del 682008, ha previsto che il prolungamento biennale del servizio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo sia possibile solo in caso l’amministrazione accolga la richiesta "in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali", "in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi". La domanda di trattenimento va presentata all’amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.

Dal dato testuale della norma risulta evidente che il prolungamento biennale del servizio non è più una facoltà dell’impiegato sottoposta solo ad una atto della sua volontà, la domanda di trattenimento; ma è stata attribuita una facoltà all’Amministrazione di appartenenza di valutare, discrezionalmente, se accettare la domanda di prolungamento del servizio o meno.

Come sopra evidenziato, dal dato testuale della norma risulta evidente che il prolungamento biennale del servizio non è più basato sulla volontà del dipendente pubblico che presenta la domanda; ma sul potere discrezionale dell’Amministrazione di appartenenza.

L’ esercizio di potere discrezionale è limitato dalla norma alla valutazione di specifici presupposti, alcuni legati ai profili organizzativi generali dell’amministrazione, "in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali"; gli altri alla situazione specifica soggettiva e oggettiva del richiedente, "in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi".

La norma richiede una disamina relativa alla posizione del singolo dipendente, sia in relazione alla sua specifica esperienza sia in relazione al servizio svolto.

Come affermato anche dalla giurisprudenza di questo Tribunale, in numerose pronunce (cfr sent n° 17818 del 2010; 19822 del 2010; n. 12994 del 2010; n. 7672 del 2009) tali valutazioni vanno effettuate in considerazione della specifica professionalità del dipendente pubblico che presenta la domanda di prolungamento biennale del servizio; pertanto, nel caso dei professori universitari si deve tener conto della particolarità della attività svolta, di insegnamento e di ricerca; tali aspetti devono, dunque, essere oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione, se ad esempio siano in corso programmi di ricerca non suscettibili di immediata interruzione o corsi di insegnamento non facilmente sostituibili.

Il potere discrezionale deve essere esercitato secondo i consueti canoni della logicità e della ragionevolezza. Ciò anche quando l’Amministrazione limiti la propria discrezionalità fissando criteri generali per auto vincolare l’esercizio del successivo potere discrezionale.

Nel caso di specie dell’Università la Sapienza, a seguito di alcune pronunce di questo Tribunale (cfr sent n° 7672 del 2009) che hanno ritenuto illegittimi i dinieghi di prolungamento del servizio basati solo sugli aspetti finanziari, la Università ha rinnovato il procedimento, fissando nuovi criteri per il prolungamento biennale, valutando altri elementi che prima non erano stati oggetto di esame. In particolare, il Senato accademico, nella seduta del 112- 2009, ha fissato i criteri relativi all’attività didattica e scientifica dei professori richiedenti: presenza in servizio del docente quale condizione indispensabile per assicurare la soddisfazione dei requisiti necessari di docenti nei settori scientifico disciplinari caratterizzanti stabiliti dal Ministero per l’attivazione dei corsi di laurea compresi nell’offerta formativa in essere al momento della presentazione della domanda di prolungamento dei servizi; aver conferito nella banca saperi della Sapienza, nel periodo 2007/2009, un numero di pubblicazioni scientifiche non inferiore a cinque validate dal direttore di dipartimento; essere coordinatori di progetti o sottoprogetti di ricerca finanziati dall’Unione europea nell’ambito di un programma quadro ovvero coordinatori nazionali di progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale(PRIN, FRIB) o di progetti di ricerca finanziati da Fondazioni o Enti morali riconosciuti(escluse le Onlus); aver adempiuto all’obbligo della relazione triennale sull’attività scientifica svolta.

Tali criteri non appaiono illogici o irragionevoli, in quanto tengono conto, secondo quanto affermato anche da questo Tribunale sia dell’attività scientifica che didattica (si prescinde in relazione al caso di specie dalla valutazione dell’attività assistenziale).

In ogni caso la professoressa ricorrente non ha alcun interesse concreto ed attuale alle censure relative alla irragionevolezza dei criteri relativi alla attività scientifica, in quanto la sua domanda è stata respinta unicamente in relazione al requisito della offerta formativa, risultando soddisfatti gli altri criteri, come emerge dalla domanda stessa.

Comunque, rispetto alla valutazione dell’attività di ricerca la Università ha dettato il criterio non solo dell’inserimento quale coordinatore di programmi finanziati dall’Unione europea, ma ha anche compreso vari programmi di rilevanza nazionale (PRIN, FIRB) o comunque progetti di ricerca finanziati anche da soggetti privati (fondazioni ed enti morali), con modalità dunque più ampie di altre Università. Tale criteri, inoltre, non appaiono illogici o irragionevoli né può ritenersi irragionevole la scelta dell’Università di valutare contemporaneamente gli elementi relativi alla didattica e quelli relativi alla ricerca quali presupposti per la concessione del prolungamento biennale.

Nel caso di specie, peraltro, la Università ha ritenuto non indispensabile la permanenza in servizio della prof. V. in relazione alla non indispensabilità sull’offerta formativa della Facoltà.

La stessa difesa ricorrente dà atto nel ricorso della presenza di 22 docenti nel settore scientifico disciplinare Psicologia generale, peraltro contestando che tale presenza riguarda l’intero Ateneo e non la Facoltà di Filosofia.

La censura proposta al riguardo deve essere accolta.

La sezione ha già ritenuto legittima e non irragionevole una valutazione che si basi sulla considerazione dei docenti esistenti in un settore scientifico disciplinare (cfr sent. n° 17822 del 2010), quando sia fatta in relazione allo specifico settore scientifico disciplinare del professore richiedente. Infatti, la scelta di un tale criterio appartiene alla discrezionalità dell’Amministrazione e non può essere sindacata se non nei limiti della illogicità e della irragionevolezza.

Nella delibera del senato accademico non è invece indicato se il requisito dell’indispensabilità dell’offerta formativa debba essere riferito alla singola Facoltà o all’intero Ateneo, facendo riferimento ai requisiti fissati dal MIUR per la indispensabilità dell’offerta formativa.

L’art 4 del decreto ministeriale n° 544 del 2007 e i relativi allegati contengono riferimenti ai livelli di docenza di ruolo dell’Ateneo, "calcolati ipotizzando una situazione teorica di impegno esclusivamente nelle attività didattiche di un singolo corso di studio"; al possesso complessivo "per ogni facoltà"dei requisiti necessari. Tali riferimenti conducono a ritenere che l’indispensabilità dell’offerta formativa sia riferita al singolo corso di studio o alla facoltà, ma non all’intero Ateneo.

Il criterio adottato nella delibera del Senato Accademico, se interpretato, nel senso di essere riferito all’unico docente del settore scientifico disciplinare dell’ "intero ateneo" appare, se privo di concrete indicazioni (ad esempio sul tipo di insegnamento soppresso, sulla eventuale presenza di tale insegnamento in altra Facoltà) irragionevole e non rispondente alle indicazioni relative alla offerta formativa indicate proprio nelle delibere del Senato accademico.

Poiché gli insegnamenti sono disciplinati all’interno della Facoltà, con tale astratta indicazione non sono state compiutamente valutate le esigenze organizzative dell’Amministrazione, in relazione all’efficienza e alla qualità della offerta formativa della Facoltà, considerando la autonomia della Facoltà nella organizzazione della offerta formativa (cfr. Tar Lazio III n°19660 del 2010, che ha affermato, altresì che la soppressione di un insegnamento all’interno di una Facoltà avrebbe richiesto in ogni caso il parere della Facoltà stessa, anche in relazione alla circolare della funzione pubblica n° 10 del 2008 che raccomanda di tenere in considerazione il parere del responsabile della struttura nella quale il richiedente è inserito).

Deve, dunque, ritenersi irragionevole il criterio dell’unico docente del settore scientifico disciplinare se riferito all’intero Ateneo, senza alcuna specifica valutazione delle esigenze della Facoltà.

Sotto tale profilo l’impugnazione proposta è fondata e deve essere accolta, con annullamento del decreto rettorale impugnato e della delibera del Senato accademico in parte qua.

L’accoglimento per tale motivo di ricorso comporta l’assorbimento delle ulteriori censure.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *