T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 01-04-2011, n. 2868

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con bando del 16/4/99, integrativo di precedente bando pubblicato sulla G.U. n. 289 dell’11/12/98, il CONI ha indetto una gara a pubblico incanto per l’attribuzione di n. 1000 concessioni per l’esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale ed a quota fissa.

La società ricorrente ha presentato domanda di partecipazione alla gara n. 344 – Comune di Martina Franca (Ta), allegando tutta la documentazione richiesta dal bando.

La gara è stata espletata e la Commissione aggiudicava la gara alla società L.R.S. di C.C. e C. s.n.c..

2. Con il ricorso in epigrafe l’A.I.T. di G.N. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di aggiudicazione della gara nei confronti della ditta suddetta, il verbale della Commissione che ha disposto l’aggiudicazione nonché la deliberazione della giunta esecutiva che ha confermato le determinazioni della Commissione e disposto l’attribuzione delle concessioni.

Questi i motivi dedotti:

1) violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria; violazione della lex specialis della gara (bando e bando integrativo) ed in particolare delle "modalità di partecipazione alla gara"; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa;

2) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo; violazione della lex specialis e dei principi inerenti l’operato della Commissione giudicatrice;

3) eccesso di potere per violazione dei principi posti a base delle procedure concorsuali e in particolare per violazione dei principi inerenti la individuazione dei criteri di valutazione; violazione dell’art. 23 del d.lgs n. 157/95; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto ulteriore profilo;

4) violazione in materia di principi concorsuali sulla composizione della Commissione giudicatrice; eccesso di potere per disparità di trattamento; eccesso di potere per violazione del principio di uniformità del giudizio; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto ulteriore profilo;

5) violazione dell’art. 23, comma 1, lett. b) del d.lgs n. 157/95 e dei principi inerenti il procedimento di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa;

6) violazione dei principi generali in materia di appalti; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo;

7) violazione dei principi generali in materia di appalti; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto diverso profilo;

8) violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 (in specie degli artt. 3, 7 e 8); eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per lesione del principio del giusto procedimento, perplessità, contraddittorietà dell’azione amministrativa.

2. Il CONI si è costituito in giudizio ed ha eccepito, preliminarmente e gradatamente, l’estinzione del giudizio per perenzione del ricorso, la tardività del ricorso, la prescrizione del credito e l’inammissibilità della domanda risarcitoria; ha chiesto poi il rigetto del ricorso per infondatezza.

La società L.R.S. di C.C. si è costituita in giudizio ed ha eccepito, preliminarmente, la tardività del ricorso chiedendone anche il rigetto nel merito.

Con ordinanza collegiale n. 126/2000 la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati è stata respinta.

3. Deve essere esaminata, con priorità, l’eccezione di estinzione del giudizio, come introdotta dal resistente CONI, che sostiene essere intervenuta in ragione della totale mancanza di qualsiasi atto della procedura da parte della ricorrente a far data dall’ordinanza cautelare di rigetto dell’11 gennaio 2000 e fino al deposito, il 29 gennaio 2009, di una tardiva istanza di prelievo, quindi ben oltre il biennio di cui alla disciplina previgente al Codice (art. 25, l. 1034/1971).

L’assunto non può essere condiviso.

Giova ricordare che nel processo amministrativo la lite cautelare costituisce una fase autonoma e distinta rispetto al giudizio di impugnazione e non è idonea ad esplicare effetti sul rapporto processuale principale; deve quindi escludersi che la fissazione della camera di consiglio per la discussione della richiesta di sospensiva, e la relativa decisione, possano consumare la domanda di fissazione d’udienza presentata per la discussione della causa nel merito.

Pertanto, dopo la decisione cautelare, non sussisteva alcun obbligo o necessità di rinnovare l’istanza di fissazione d’udienza per la discussione della causa nel merito, essendo ancora valida ed efficace quella depositata dalla parte ricorrente nel termine biennale decorrente dal deposito del ricorso (13 dicembre 1999)

Deve essere, comunque, considerato che il mancato compimento, nel corso di due anni, di alcun atto di procedura (art. 25 L. 1034/71) non comporta ex se la perenzione del procedimento giurisdizionale.

Ed invero, l’effetto estintivo si produce solo ove siano stati consumati gli effetti dell’istanza di fissazione d’udienza presentata e non qualora, per le ragioni esposte, l’istanza validamente proposta debba ancora spiegare i suoi effetti (non potendo costringersi le parti a presentare nuova istanza se la precedente non sia ancora esaurita).

Con riferimento al caso che ne occupa, peraltro, deve essere aggiunto che, a seguito di apposito avviso della segreteria, ai sensi dell’art. 9, legge n. 205/2000, la parte ricorrente ha presentato nel 2010 una nuova istanza di fissazione di udienza, trattandosi di ricorso ultraquinquennale, il che ha impedito la declaratoria di perenzione.

Ritiene il Collegio di poter prescindere dalla disamina delle ulteriori eccezioni preliminari attesa l’infondatezza nel merito del ricorso.

4. La ricorrente, terza classificata nella gara de qua, in primo luogo, articola specifiche censure in

ordine all’ammissione della ditta aggiudicataria, L.R.S. di C.C. e C. s.n.c., e dell’A.I. di L.G. e C., seconda classificata, deducendo l’irregolarità della documentazione dalle stesse presentata; essa contesta pertanto la non esclusione e, in ogni caso, il punteggio attribuito alle predette concorrenti; più in generale, contesta le regole di gara, in tema di valutazione delle offerte, composizione della Commissione, cauzione provvisoria.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa, ai sensi del punto c) delle "modalità di partecipazione alla gara" stabilite dal Coni, in ragione della sua partecipazione, in quanto socio SNAI, in una società sportiva di cui all’art. 10 della legge n. 91/1981.

La censura è infondata e priva di riscontro probatorio.

Va rilevato in proposito che lo SNAI non è una società di capitali né una società sportiva ma una associazione tra agenzie ippiche, con la conseguenza che l’agenzia aggiudicataria poteva essere, tutt’al più, "associata" allo SNAI, e non già "socia" in senso proprio e tecnico; per il tramite del rapporto associativo, pertanto, l’odierna aggiudicataria non poteva conseguire la partecipazione al capitale di altra società, neanche sportiva, circostanza, quest’ultima, della quale la ricorrente non ha peraltro fornito alcuna prova.

Anche le censure concernenti la mancata esclusione dalla gara della seconda classificata sono palesemente infondate.

Per la censura appena esaminata, relativa ai rapporti con lo SNAI, che la ricorrente ripropone anche per la seconda classificata, valgano le considerazioni sopra svolte.

In merito all’ulteriore doglianza, secondo la quale l’agenzia sarebbe incorsa nella violazione del bando poiché la sottoscrizione dell’offerta economica non sarebbe leggibile né apposta per esteso su ogni facciata, si osserva quanto segue.

La censura è innanzitutto incomprensibile, atteso che la firma del legale rappresentante della società, sig. L.G., risulta leggibile e apposta per esteso su entrambi i fogli di cui si compone il modulo contenente l’offerta economica, anche considerando l’esemplare in fotocopia che figura allegato al ricorso.

In ogni caso, la censura si appalesa inconferente, ove si consideri che la prescrizione dell’obbligo di sottoscrizione dell’offerta economica su ogni facciata – da interpretarsi alla stregua del canone di ragionevolezza – non poteva ritenersi prevista a pena di inammissibilità, perché, come osservato dalla giurisprudenza proprio con riferimento alla procedura in esame, "i dati mancanti si evincono comunque dalla documentazione presentata, e dunque, la clausola di esclusione deve essere interpretata in modo da evitare vacui formalismi" (così, T.A.R. Lazio, Roma n. 221/06; cfr. anche T.A.R. Puglia, Bari n. 1473/03; T.A.R Toscana n. 1989/02 e 1990/02); lo schema stesso prevedeva poi l’apposito spazio con la dicitura "firma per esteso" solo sulla seconda facciata, regolarmente sottoscritta del legale rappresentante della società controinteressata.

Peraltro, la firma di quest’ultimo, essendo accompagnata dal timbro della società, in ogni caso soddisfa pienamente la prescrizione della lettera di invito, non potendo di certo disporsi l’esclusione dalla gara soltanto perché la firma del legale rappresentante non risultava chiaramente leggibile, in presenza di identica sottoscrizione apposta in tutti gli atti prodotti nella gara, ed accompagnata dal timbro della società con l’indicazione della qualifica del sottoscrittore.

La prescrizione della lex specialis di gara in ordine alla leggibilità della sottoscrizione assolve, infatti, all’unica funzione di rendere certa l’imputabilità, al legale rappresentante della società offerente, dell’impegno assunto con la firma dell’atto: nel caso di specie, non pare sussistere alcun dubbio circa l’identità e la qualità del sottoscrittore dell’offerta economica.

La censura deve essere pertanto respinta.

Destituito di fondamento si appalesa anche il secondo motivo di gravame,con cui si deduce che i presunti vizi delle offerte delle prime due classificate, avrebbero comportato anche una erronea valutazione tecnica dei progetti presentati da tali concorrenti: l’insussistenza dei vizi lamentati col primo mezzo comporta anche la infondatezza del secondo.

Con il terzo mezzo la ricorrente lamenta la circostanza che la Commissione di aggiudicazione avrebbe determinato i criteri di valutazione delle offerte solo dopo la presentazione delle stesse.

La censura non è meritevole di adesione, in quanto il criterio generale di valutazione delle offerte veniva stabilito dalla lex specialis di gara, con l’attribuzione all’offerta economica di un punteggio pari al 75% del totale (con l’attribuzione del punteggio massimo alla migliore offerta e di un punteggio calcolato in proporzione per le altre offerte) e al progetto tecnico del restante 25%, a seguito di confronto a coppie di tutti i progetti tecnici.

Invero, come risulta dal verbale della riunione dell’8 luglio 1999, il presidente della commissione comunicava ai presenti " i criteri cui la commissione nella precedente riunione del 15 giugno 1999 ha deciso di attenersi per effettuare il confronto a coppie" previsto dal bando di gara per l’attribuzione del punteggio relativo al progetto tecnico; la riunione del 15 giugno, peraltro, era stata indetta ad hoc e si era tenuta il giorno successivo a quello fissato per la presentazione delle offerte, ma prima dell’apertura dei plichi che le contenevano.

Con il quarto motivo si censura l’operato della Commissione giudicatrice che, avendo svolto le attività di gara "alla presenza di componenti sempre diversi ad eccezione del presidente della commissione e di qualche altro membro", avrebbe violato il principio secondo cui la commissione giudicatrice di una gara costituisce un "collegio perfetto" e, per l’effetto, la par condicio dei concorrenti.

La doglianza non è meritevole di favorevole apprezzamento.

In proposito, è pacifico che la Commissione di gara sia un "collegio perfetto", vale a dire un collegio che deve operare al completo nelle fasi della gara in cui la commissione sia chiamata a formulare giudizi conclusivi, ma è altrettanto incontestabile che i membri dei collegi perfetti possano farsi sostituire dai membri supplenti, i quali vengono nominati proprio per sopperire ad eventuali assenze dei membri effettivi. Il collegio è pertanto al completo quando è presente l’intero numero dei membri che lo deve comporre, siano essi i membri effettivi o quelli supplenti, intervenuti in sostituzione dei primi.

Nel caso di specie, la ricorrente non dimostra che la gara sia stata aggiudicata da un collegio che difettava della presenza di taluno dei suoi componenti, effettivi o supplenti, e pertanto la censura va disattesa. Inoltre, la circostanza che taluni membri della commissione non avrebbero partecipato a tutti i precedenti lavori della commissione stessa, si manifesta inconferente, se solo si considera la numerosità delle gare indette dal Coni con lo stesso bando (mille) con conseguente necessaria autonomia funzionale delle medesime.

Con il quinto mezzo la ricorrente censura il fatto che il bando di gara abbia attribuito all’elemento prezzo un valore ponderale di tre volte superiore al progetto tecnico, in contrasto col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’art. 23, comma 1, lett. b), del d.lgs n. 157/1995.

La censura, in quanto pretende di sindacare decisioni di merito relative al valore ponderale da attribuire a ciascun elemento di valutazione delle offerte e come tali rimesse alla esclusiva discrezionalità della stazione appaltante, risulta inammissibile, non venendo in rilievo, nella specie, una scelta discrezionale manifestamente irrazionale.

Con il successivo motivo si contesta il fatto, peraltro indimostrato, che la commissione abbia provveduto prima all’apertura delle buste contenenti l’offerta economica, "facendo seguire ad essa l’esame e la valutazione del progetto tecnico attraverso criteri automatici di valutazione".

Come affermato anche dalla ricorrente, la commissione di aggiudicazione si era data, nella riunione preliminare del 15 giugno, criteri automatici di valutazione dei progetti tecnici, con esclusione pertanto di determinazioni discrezionali. E’ quindi inconferente, nel caso di specie, il richiamo che l’odierna deducente opera alla giurisprudenza che si occupa della diversa ipotesi in cui la valutazione degli elementi tecnici dell’offerta comporta un apprezzamento discrezionale.

Con ulteriore motivo la ricorrente censura, in primo luogo, la mancata determinazione da parte dell’Ente intimato del prezzo base dell’appalto, che i concorrenti avrebbero dovuto assumere come elemento di riferimento della loro offerta e che, nel contempo, avrebbe consentito all’Amministrazione di valutare la serietà delle offerte stesse.

La censura, oltre che tardiva perché investe una scelta operata dall’amministrazione già con il bando di gara, è anche priva di pregio, in quanto la procedura selettiva non riguardava un appalto comportante una spesa per l’Amministrazione, bensì l’attribuzione di concessioni comportanti entrate per il concessionario e, proquota, per l’Ente concedente.

In ogni caso, trattandosi di concessioni aventi per oggetto un’attività di impresa, correttamente è stato rimesso alle autonome valutazioni imprenditoriali delle concorrenti la determinazione dell’utile atteso dell’attività e dell’importo da offrire al Coni quale minimo garantito. A sostegno di tali valutazioni, l’Ente non mancava peraltro di fornito alle concorrenti utili elementi, mettendo a disposizione i dati in suo possesso circa il volume d’affari delle agenzie ippiche che, al 31 dicembre 1999, avevano gestito in via provvisoria le scommesse sportive sul territorio nazionale.

Sempre con lo stesso motivo la ricorrente contesta altresì la scelta del Coni di richiedere una cauzione provvisoria e una cauzione definitiva dello stesso importo per tutte le concessioni, ritenendo di contro più congrua la fissazione di una cauzione in misura percentuale rispetto ad un prezzo base di partenza. La censura è inammissibile in quanto volta a sindacare decisioni di merito rimesse alla esclusiva discrezionalità della stazione appaltante, le quali, nella specie, risultano tutt’altro che irragionevoli, specie se poste in relazione con l’interesse dell’Ente alla funzione della cauzione quale valido deterrente di possibili inadempimenti da parte di tutti i concessionari.

Con l’ultimo motivo, infine, parte ricorrente censura la violazione dei principi di partecipazione nel procedimento concorsuale in esame, lamentando che la commissione giudicatrice non avrebbe proceduto alla verbalizzazione delle contestazioni mosse dal legale rappresentante della ricorrente in sede di apertura dei plichi, con ciò, negando la piena partecipazione al procedimento.

La doglianza non merita adesione.

La circostanza fattuale che è oggetto di allegazione, ma non anche di prova, da parte dell’agenzia ricorrente, è smentita dalla prassi della Commissione di allegare ai verbali di gara, quale parte integrante di essi, i fogli contenenti le contestazioni e osservazioni formulate dai soggetti presenti all’apertura dei plichi in rappresentanza dei concorrenti; tale prassi veniva seguita anche nella riunione dell’8 luglio 1999, che aggiudicava la gara relativa al Comune di Martina Franca.

Per le considerazioni complessivamente svolte, il ricorso in epigrafe è infondato nella sua interezza e pertanto deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e restano liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento nei confronti del Coni e di L.R.S. di C.C. e C. s.n.c. delle spese del presente giudizio, che liquida complessivamente in euro 2.000,00 (=duemila/00), da dividere in parti uguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *