ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 46 del 2008 proposto dal signor Chiocchetti Claudio, rappresentato e difeso dagli avvocati Eugenio Traversa e Giada Nicolussi ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Trento, via Dordi 4
CONTRO
il Comune di Moena (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Roberta de Pretis ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Trento, via SS. Trinità, 14
CONTRO
la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
* della “deliberazione del Consiglio comunale di Moena n. 47 di data 26.11.2007, avente ad aggetto l’adozione definitiva della variante al piano regolatore generale”;
* della “deliberazione della Giunta provinciale della Provincia di Trento n. 2761 di data 7.12.2007, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione n. 51/I/II di data 18.12.2007, avente ad oggetto l’approvazione della variante al piano regolatore generale come sopra adottata”;
* di “ogni altro atto, parere e/o provvedimento ai precedenti connesso o richiamato o dai precedenti presupposto”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 12 febbraio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avvocato Giada Nicolussi per il ricorrente e l’avvocato Roberta de Pretis per l’Amministrazione comunale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
1. Il ricorrente espone di essere proprietario dell’edificio di civile abitazione in cui risiede, di cui alla p.ed. 947 con la relativa pertinenza, corrispondente ad un giardino di circa 1.000 mq., il tutto ubicato nel Comune di Moena in Piaz de Navalge n. 6. Si tratta di una zona urbanisticamente classificata, fin dal primo piano regolatore approvato nel 1991, “aree per servizi ed attrezzature al coperto di livello locale”.
2. Con deliberazione n. 38/5 del 19.9.2007 l’Amministrazione comunale ha provveduto alla prima adozione di una variante al piano regolatore generale. Il ricorrente ha presentato in data 2.11.2007 un’osservazione di rito con la quale ha manifestato l’interesse sia a che l’abitazione fosse inserita in una zona residenziale, ad esempio nelle aree residenziali di completamento intensivo, sia che fossero definiti gli interventi ammissibili per la zona urbanistica 06.
Il Comune di Moena ha accolto solo parzialmente detta osservazione, ed ha quindi adottato in via definitiva la variante con la deliberazione n. 47/6 di data 26.11.2007, mentre la Giunta provinciale l’ha approvata in data 7.12.2007 con il provvedimento n. 2761.
3. Con ricorso notificato in data 15 febbraio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 25, il ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i nominati provvedimenti di adozione e di approvazione della variante al piano regolatore, atti meglio specificati in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:
I – “eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento, difetto di coerenza, illogicità, manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria nei provvedimenti impugnati, sviamento di potere”;
II – “violazione falsa applicazione della norma di cui all’articolo 67 della legge provinciale 5.9.1991, n. 22; violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 7 e 10 del regolamento del Consiglio comunale”. Assume il ricorrente che la zona ove è ubicata la sua proprietà (l’edificazione della quale risalirebbe agli anni 1949 – 1950) era stata individuata nel 1991 dall’Amministrazione per la realizzazione del centro polifunzionale Navalge, la costruzione del quale è già stata completata. La presenza di detto complesso non interferirebbe con la collocazione della sua abitazione, la quale rappresenterebbe invece l’unico caso di residenza collocata in una zona urbanisticamente non consona. Inoltre, sull’edificio sarebbero possibili solo interventi di manutenzione e non di ristrutturazione, per cui si evidenzia una disparità di trattamento.
Con separata censura, si contesta poi il mancato coinvolgimento a fini consultivi della Commissione urbanistica consiliare nella procedura di adozione della variante urbanistica.
4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.
5. Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
D I R I T T O
1. Con il ricorso in esame il signor Claudio Chiocchetti, proprietario di un edificio di civile abitazione situato in località Navalge nel Comune di Moena, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione del Consiglio comunale di adozione definitiva della variante al piano regolatore generale, nonché la deliberazione della Giunta provinciale di approvazione di detta variante che, per la parte di territorio dov’è ubicato tale edificio, ha confermato la destinazione già in atto, ossia “aree per servizi ed attrezzature al coperto di livello locale”, prevista fin dal 1991 con l’obiettivo di edificarvi un centro polifunzionale.
Assume il ricorrente che il centro polifunzionale Navalge è stato già realizzato e completato, che il nuovo edificio è stato inserito in cartografia e che la relazione illustrativa ha affermato che “i servizi aperti e quelli coperti esistenti sono adeguati e corrispondono abbondantemente a quanto previsto dal PUP”. Da ciò discenderebbe, a detta dell’istante, che la destinazione della zona avrebbe già assolto la sua funzione, tanto che la sua reiterazione si risolverebbe nell’imposizione di un vincolo non conforme a reali esigenze di pubblico interesse.
Rileva, poi, che nelle aree ove esistono particolari vincoli pubblicistici l’Amministrazione, nel definire i limiti degli interventi privati ammissibili, ha permesso la realizzazione di ampliamenti e di ristrutturazioni, salvo che per la zona urbanistica 06, ossia l’area di Navalge, ove sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Da ciò deduce disparità di trattamento.
Infine, dopo aver osservato che il diniego di una delle osservazioni presentate non sarebbe supportato da alcuna motivazione, rileva l’esistenza di un vizio procedimentale nell’adozione della variante, posto che le osservazioni non sarebbero state sottoposte all’esame della Commissione urbanistica comunale, costituita per l’esercizio di funzioni consultive sugli atti del Consiglio.
2a. Premesso che per costante giurisprudenza del giudice amministrativo “è rimesso alla discrezionalità dell’organo giudicante l’ordine con il quale intenda procedere all’esame delle questioni sottoposte al suo esame. In particolare, nel processo amministrativo di tipo impugnatorio, nell’affrontare le diverse questioni prospettate dal ricorrente, il giudice adito deve procedere, nell’ordine logico, preliminarmente all’esame di quelle questioni o di quei motivi che, evidenziando in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato, appaiono idonei a soddisfarne pienamente ed efficacemente l’interesse sostanziale dedotto in giudizio …” (cfr., ex multis, C.d.S., sez. V, 5.9.2006, n. 5108), il Collegio prende dapprima in esame il secondo motivo di ricorso.
Con detto mezzo si denuncia un vizio nella procedura di adozione della variante, per il mancato rispetto da parte dell’Amministrazione di Moena delle norme regolamentari comunali, in quanto non è stata previamente convocata la Commissione urbanistica comunale per la valutazione delle osservazioni presentate.
La difesa dell’Amministrazione sostiene, al riguardo: a) che non sussisterebbe alcun obbligo di convocazione della Commissione urbanistica per l’espressione del parere sulle osservazioni; b) che detto organo sarebbe stato convocato nella precedente fase della procedura ma che il ridotto numero di osservazioni presentate e la loro sostanziale ininfluenza sull’impostazione del piano hanno reso superflua la sua convocazione.
Le obiezioni della difesa dell’Amministrazione però non sono convincenti, per le ragioni che seguono.
2b. Il Collegio ritiene utile premettere il quadro normativo di riferimento.
L’articolo 5 dello Statuto del Comune di Moena stabilisce i compiti del Consiglio comunale, disponendo che esso è l’organo di governo, di indirizzo e di controllo politico amministrativo, mentre l’articolo 10 disciplina le commissioni consultive che, oltre a quelle obbligatorie per legge o per regolamento, possono essere costituite dall’Assemblea per argomenti e questioni di particolare rilevanza. Riprendendo tali principi, il capo IV del regolamento interno del Consiglio comunale disciplina la costituzione e la composizione delle commissioni consiliari consultive, stabilendo che esse rimangono in carica per tutta la durata del consiglio comunale che le ha nominate e che hanno il compito di esaminare preliminarmente gli atti di competenza del Consiglio che sono loro assegnati dal Sindaco, dalla Giunta o dal Consiglio stesso.
Il Consiglio comunale di Moena in data 22 giugno 2006 ha nominato la Commissione in materia di urbanistica “con il compito di studiare le soluzioni da adottare per la modifica degli strumenti urbanistici di competenza comunale”. Essa, presieduta dal Sindaco, risulta formata da altri sei componenti: quattro designati dalla maggioranza e due dalla minoranza consiliare.
2c. Così ricostruiti i termini statutari e regolamentari di riferimento, il Collegio ritiene che la censura di mancata acquisizione del parere della Commissione urbanistica sulle osservazioni sia fondato.
Dall’interpretazione sistematica della normativa e della deliberazione sopra menzionata – anche alla luce del chiaro disposto dell’articolo 2 dello Statuto comunale ove, al comma 2 si legge che “il Comune rende effettiva la partecipazione all’azione politica e amministrativa comunale garantendo e valorizzando … ogni espressione della comunità locale … a concorrente allo svolgimento ed al controllo delle attività”, mentre al comma 15 si prescrive che l’attività amministrativa del Comune si ispiri a “criteri di pubblicità, trasparenza, partecipazione” – emerge che le commissioni consiliari consultive:
– sono organismi permanenti, posto che durano in carico quanto il Consiglio comunale,
– in esse sono rappresentate le minoranze consiliari;
– sono articolazioni interne dell’Amministrazione, perché si attivano sull’assegnazione di atti da parte del Sindaco, della Giunta o del Consiglio, e non di altri soggetti;
– hanno una propria autonomia, fatta di riserva di competenza nella materia loro attribuita;
– concorrono allo svolgimento e al controllo dell’attività amministrativa, in quanto la saliente disposizione statutaria di cui al comma 2 dell’articolo 2, sopra riportata, non può essere volta solo alla valorizzazione delle espressioni esterne all’Amministrazione e non anche di quelle interne.
La Commissione urbanistica consiliare è stata costituita con il lato compito di “studiare le soluzioni per la modifica degli strumenti urbanistici di competenza comunale”, ossia per esprimere pareri nel procedimento di pianificazione di competenza del Consiglio comunale, a cui solo normativamente compete l’adozione dello strumento urbanistico (e che può pertanto anche discostarsi da quanto proposto dalla Commissione).
Le funzioni della Commissione urbanistica sono, dunque, sia di elevare lo standard di trasparenza nell’attività di predisposizione degli strumenti urbanistici in un procedimento, quale quello di pianificazione del territorio, che per il suo elevatissimo grado di discrezionalità necessita del solido rispetto della procedura, sia di garanzia partecipativa, ossia di piena conoscenza delle problematiche (anche più minute, che inevitabilmente permette l’esame in sede di commissione rispetto a quello in sede di Consiglio comunale) da parte di un organismo che rappresenta i diversi orientamenti del plenum dell’Assemblea.
La norma che stabilisce l’attivazione di detti organismi solo a seguito di formale assegnazione ad essi di atti da parte degli organi comunali costituisce, invero, il corollario al carattere interno di tali organismi e non può affatto significare che rientri nella discrezionalità del Sindaco, della Giunta o del Consiglio l’attivazione della funzione consultiva. Il Collegio condivide sul punto quanto affermato dalla difesa del ricorrente la quale ha sostenuto che dopo aver costituito la Commissione “il parere consultivo diventa regola”.
In altri termini, l’Amministrazione comunale costituendo le commissioni consiliari si è vincolata nella scelta della procedura consultiva, in quanto garanzia di maggior conoscenza e partecipazione, e alla quale deve poi riferirsi nell’emanazione dei singoli atti.
Il Collegio osserva che la costituzione di dette commissioni da parte di molti Comuni, anche di non grandi dimensioni, si inquadra nel più ampio dibattito giuridico, ma anche politico, sul nuovo ruolo del Consiglio comunale e dei consiglieri, i soggetti privilegiati nel contatto continuo con i cittadini, il cui coinvolgimento permette la più ampia apertura dell’Amministrazione verso i censiti attraverso una maggiore informazione reciproca ed il sistematico dialogo con tutti gli attori del procedimento.
2d. Che anche l’Amministrazione di Moena abbia di norma agito in tal senso risulta peraltro pacificamente agli atti, posto che nella lettera datata 2.1.2008 indirizzata alla Provincia (cfr. documento in atti di entrambe le parti processuali) è lo stesso Sindaco di Moena ad affermare, dapprima in linea generale, che la Commissione urbanistica fin dal lontano 1988, anno in cui venne per la prima volta costituita, “è sempre stata convocata”.
In particolare, poi, nel complesso procedimento che ha caratterizzato l’adozione della variante in esame, essa è stata “costantemente e ripetutamente convocata”. Nella prima fase del procedimento (quella successivamente oggetto di revoca da parte del Consiglio comunale con il provvedimento n. 37/4 di data 11.9.2007), la Commissione si è “frequentemente riunita per esaminare le numerose osservazioni presentate dai cittadini”.
Ma, afferma ancora il Sindaco, nella riedizione del procedimento di adozione della variante “sono state presentate otto osservazioni” e la Commissione non ne è stata investita in quanto le stesse “sono state valutate dalla maggioranza e dall’ufficio tecnico urbanistico in collaborazione con il Sindaco” (cfr., risposta ad interrogazione consiliare di data 19.12.2007 – documento n. 11 in atti di parte ricorrente). Egli aggiunge pure che in tale occasione, viste le poche osservazioni pervenute, “non si è ritenuto di sottoporle all’attenzione della Commissione urbanistica” in quanto “tre costituiscono nuove domande” e “le altre non vanno ad inficiare la filosofia di base e le scelte strategiche della variante urbanistica”.
Da ciò risulta che la reale motivazione per la quale non è stata coinvolta nel procedimento di adozione della variante la Commissione urbanistica non risiederebbe nel carattere meramente facoltativo del relativo parere, ma solo nel numero contenuto delle osservazioni giunte all’Amministrazione oltre che nel loro contenuto.
Ma ciò significa che è stato adottato nell’assegnazione degli atti all’Organo consultivo un criterio erratico ed illogico (quale il numero delle osservazioni pervenute all’Amministrazione), con evidente contraddittorietà nell’operato dell’Amministrazione. Inoltre, si è scelto di non attivare il procedimento consultivo all’esito di una valutazione di merito, ossia con sostituzione procedimentale, con violazione di due garanzie: quella della competenza e quella della rappresentanza. Al precostituito organo consultivo è, infatti, riservato quel segmento procedimentale ed in esso è assicurata la partecipazione della minoranza consiliare, per quanto riguarda la composizione.
Dal mancato rispetto del chiaro disposto della normativa statutaria e regolamentare comunale, oltre che della prassi instauratasi, consegue che il procedimento di adozione della variante in questione, che non ha visto la prescritta partecipazione consultiva della Commissione urbanistica consiliare, risulta viziato e quindi deve essere annullato.
3. Pur se a seguito dell’accoglimento del motivo precedente l’impugnata variante va annullata, per esigenza di completezza del richiesto esame il Collegio non reputa di assorbire l’ulteriore mezzo dedotto, di carattere sostanziale.
Il ricorrente deduce, al proposito, che l’edificazione della sua abitazione risale agli anni 1949/1950 e tale circostanza è incontroversa agli atti processuali.
La collocazione in una zona urbanisticamente destinata ad “aree per servizi ed attrezzature al coperto di livello locale” è avvenuta nel 1991 in concomitanza con il progetto dell’Amministrazione comunale di realizzare nella zona denominata Navalge un centro polifunzionale. Negli anni successivi tale centro è stato edificato, ed è ora in funzione, tanto che nella relazione illustrativa della Variante è stato affermato che i servizi pubblici aperti e quelli coperti esistenti sono adeguati e corrispondono abbondantemente a quanto previsto dal Piano urbanistico provinciale.
Ciononostante, la zona dov’è ubicata la sua abitazione è stata mantenuta con detta destinazione, ormai non più funzionale alla realizzazione dei “servizi ed attrezzature al coperto”, e quindi asseritamente illogica.
Anche tale motivo è fondato.
Il Collegio, pur riconoscendo la valenza generale del principio secondo cui le scelte urbanistiche sono caratterizzate da un amplissimo margine di discrezionalità, osserva tuttavia che tale discrezionalità non è illimitata ma deve sottostare ai canoni di ragionevolezza e logicità.
Perciò, il Collegio conviene con la difesa dell’Amministrazione comunale, secondo cui “per consolidata giurisprudenza le scelte di politica urbanistica rientrano nella discrezionalità dell’Amministrazione con riguardo alla destinazione delle singole aree e costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che le stesse non siano inficiate da arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza, ovvero da errori di fatto” (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 26.4.2006, n. 2315; 30.6.2004, n. 4804 e 24.2.2004, n. 737; T.R.G.A. Trento, 4.4.2005, n. 93; 26.5.2008, n. 117 e 23.10.2008, n. 266).
Ma, nel caso di specie l’operato dell’Amministrazione è sconfinato in un macroscopico ed immediatamente apprezzabile vizio di illogicità.
Nella vicenda all’esame, infatti, avuto riguardo alla obiettiva situazione dei luoghi, risulta evidente il vizio di illogicità oltre che di irrazionalità nella volontà di mantenere inutilmente una destinazione a servizi pubblici, già realizzata, su un’area in cui è ubicata un’abitazione. Oltretutto detta scelta non è accompagnata da alcuna plausibile motivazione.
L’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione fin dal 1991 con la realizzazione del centro Navalge ha richiesto ed imposto il sacrificio degli interessi dei privati coinvolti per la vicinanza delle loro proprietà con l’area individuata per la costruzione dell’opera pubblica. In tal senso, pertanto, è avvenuto il conseguente assoggettamento dell’area ove era già situata, in quanto preesistente, l’abitazione del signor Chiocchetti alla destinazione quale area per servizi pubblici.
In linea generale dunque l’imposizione di un tale sacrificio è stata legittima in quanto l’opera, così come ideata, progettata e quindi realizzata, è risultata coerente con le finalità alle quali l’Amministrazione ha dichiarato di ispirarsi. Nello stesso senso, però, il mantenimento di quel sacrificio richiede ugualmente la sopravvivenza di quelle stesse esigenze, che invece sono ormai inattuali.
In quest’ottica il giudice amministrativo non ha certo il potere di sindacare la valutazione dell’interesse pubblico, di pertinenza esclusiva dell’Amministrazione, ma può sempre verificare se, sulla base di quanto risulta dall’esame degli atti procedimentali, l’azione amministrativa sia coerente con il fine pubblico perseguito e, quindi, rispettosa dei principi di logica e razionalità che costituiscono i limiti di legittimità al suo esercizio.
Ora, risulta pacifico anche per l’Amministrazione resistente che lo strumento urbanistico non ha modificato la dotazione di servizi pubblici aperti e coperti in quanto gli esistenti sono stati valutati adeguati alle necessità. E dal costrutto motivazionale che accompagna la variante non risulta l’esplicitazione di alcuna esigenza di variazione o di ampliamento dell’area dedicata ai servizi.
Sulla base di queste sole considerazioni il Collegio osserva che appare del tutto illogico il mantenimento sulla proprietà dell’istante della destinazione denunciata.
A ciò si aggiunga che alcuna significativa rilevanza può riconoscersi alla conformazione complessiva dell’area, la quale sarebbe delimitata per un lato dal torrente Avisio e per altri due lati dalle strade provinciale e comunale. Se, in linea generale, tale caratteristica non può ritenersi affatto preclusiva rispetto ad altre scelte adeguatamente sorrette (ad esempio, quella di dotare la zona di ulteriori standard di servizi), risulta invece che proprio lungo i due lati confinanti con le strade esistono alcune zone appositamente delimitate, anche su tre lati, destinate ad attività alberghiere ma anche ad aree residenziali. Ed il tutto è compreso in un ambito territoriale alquanto contenuto che non giustifica, sotto alcun profilo, una assunta vicinanza “più prossima” rispetto alle altre localizzazioni per far sì che un solo edificio di civile abitazione sia mantenuto entro una localizzazione dedicata ai servizi pubblici. Anche la zona di interesse del ricorrente confina con un strada, seppure di minore importanza, la quale ne permette l’accesso, così come al centro Navalge, nel rispetto dell’autonoma collocazione delle due diverse realtà nella topografia del luogo.
Da tutto ciò consegue che il mantenimento sull’area di proprietà del signor Chiocchetti di una destinazione non consona all’originaria e costante residenzialità dell’edificio non appare né motivato, né razionale, né coerente con il tessuto circostante e, dunque, incorre nel dedotto vizio di eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità, che costituisce il limite alla discrezionalità delle scelte di pianificazione urbanistica.
4. Sulla base delle argomentazioni svolte, e con conseguente assorbimento delle altre censure non esaminate, il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati, nella parte che interessa il ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza e sono accollate all’Amministrazione nella misura liquidata come da dispositivo.
P. Q. M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 46 del 2008, lo accoglie e, per l’effetto, annulla in parte qua gli atti indicati in epigrafe.
Condanna l’Amministrazione comunale di Moena al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 4.800,00 (quattromilaottocento) (di cui € 4.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2009, con l’intervento dei Magistrati:
dottor Lorenzo Stevanato – Presidente f.f.
dottoressa Alessandra Farina – Consigliere
dottoressa Alma Chiettini – Consigliere estensore
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 26 febbraio 2009
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel
N. 65/2009 Reg. Sent.
N. 46/2008 Reg. Ric.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it