T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 07-07-2010, n. 23285 EDILIZIA E URBANISTICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1.Con atto introduttivo le società ricorrenti riferiscono che in data 19.6.2008 l’Ufficio tecnico del Comune di Fiano Romano ha rilasciato alla società P. S.p.a il permesso di costruire n.36/2008 per la realizzazione di un nuovo edificio ad uso residenziale (palazzina E) nonché il cambio d’uso di alcuni volumi tecnici situati in un fabbricato già esistente (palazzina C) sul lotto oggetto di intervento, ricadente in zona F6 di PRG. Tale permesso di costruire è stato poi volturato alla società E.R. s.r.l., subentrata nella realizzazione dei lavori del nuovo edificio, ed è stato oggetto di ricorso (RG n. 8899/2008) proposto dal sig. C. Ferrara, proprietario di un’area limitrofa, a cui è seguita ordinanza istruttoria n. 4995 del 23.10.2003, disposta da questa sezione nonché ulteriori doglianze proposte da detto interessato in quanto l’intervento ricadrebbe all’interno del perimetro del vincolo paesaggistico "Valle del Tevere" di cui al DGR del Lazio n.10591 del 5.12.1989.Nella specie, secondo le ricorrenti detto vincolo non imporrebbe il divieto di edificabilità e l’area oggetto del ricorso sarebbe stata formalmente stralciata con la DCR del Lazio n.41/2007.

Anche in occasione della verifica istruttoria in data 19.11.2008 il Responsabile comunale avrebbe accertato la corrispondenza del permesso di costruire alla normativa anche vincolistica, risultando stralciata l’area in questione dal perimetro del Piano. Di ciò si è dato atto nell’ordinanza n.5706 del 4.12.2008 (inoppugnata) con la quale questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare attesa la sostanziale conformità del permesso di costruire alle NTA del vigente PRG del Comune.

Con delibera n.46 del 18.12.2008 il C.C. di Fiano Romano ha demandato alla Commissione urbanistica permanente di compiere verifiche per chiarire profili tecnici sul detto permesso di costruire. Detto provvedimento è stato oggetto di ricorso per vizi di illegittimità, sviamento ed eccesso di potere (RG 1204/2009 tuttora pendente).

Successivamente, con atto notificato in data 23.1.2009 il sig. Ferrara ha proposto ulteriori motivi aggiunti al ricorso già pendente depositando copiosa documentazione, consistente, tra l’altro, in esposti ad Autorità interessate, rappresentando una situazione parziale dei fatti.

Con nota prot. n. 1928 del 28.1.2009, depositata dal sig. Ferrara la Soprintendenza ha richiesto una nuova verifica riguardo l’assoggettabilità dell’area di intervento al vincolo invitando il Comune a controllare la distanza del fabbricato dalla via Tiberina (dovendo risultare superiore a 500mt come specificato nella perimetrazione dell’area tutelata).

L’Ufficio Tecnico Comunale con nota 4914 del 10.2.2009 ha evidenziato la necessità di procedere ad una rilevazione strumentale in situ per l’oggettiva incertezza del perimetro dell’area vincolata, ammettendo tuttavia che il vincolo non riguarderebbe l’immobile di cui è causa (per lo stralcio dal perimetro del PTPR).

Con ordinanza n.702, pronunciata da questo Tar in data 12.2.2009 è stata respinta la richiesta di riesame dell’istanza incidentale di sospensione dell’atto impugnato (già respinta con ord. n. 5706/2008).

Nel frattempo, il nuovo Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale subentrato nelle funzioni del precedente a far data dal 12.2.2009 con ordinanza n.15 del 13.2.2009, comunicata solo alla società E.R. srl, ha disposto l’immediata sospensione dei lavori relativi alla Palazzina E oggetto del permesso di costruire già assentito, in quanto il controllo di documenti presenti in Ufficio avrebbe consentito di accertare che l’area per cui è causa ricadrebbe effettivamente all’interno del perimetro del vincolo paesaggistico "Valle del Tevere".

La E.R. Srl in data 16.2.2009 ha comunicato alla P. Spa tale ordinanza con riserva di rivalersi in via risarcitoria nei confronti di quest’ultima in caso di mancata soluzione positiva della situazione creatasi.

In ragione di ciò in data 17.2.2009 la P. Spa ha significato all’U.T.C l’infondatezza, parzialità e contraddittorietà del provvedimento adottato rispetto al precedente operato dell’Amministrazione alla luce della documentazione a disposizione dell’Ufficio, dell’osservazione comunale al PTPR nonché dello stralcio dell’area di interesse al vincolo, chiedendo di rimuovere in autotutela il provvedimento.

A ciò non è seguito alcun riscontro da parte del Comune e i lavori sono stati interrotti dal 16.2.2009 con gravi danni per le imprese.

Pertanto, le società hanno proposto ricorso introduttivo gravandolo di un articolato motivo volto a censurare la Violazione degli artt.24 e 97 Cost e della legge n.241 del 1990. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs n.42 del 2004 e delle LL.RR. n.13 del 1982, n. 1 del 1986 e n. 59 del 1995 sulla subdelega ai Comuni di funzioni amministrative in materia di tutela ambientale; della D.G.R. del Lazio n. 10591/1989 e del PTPR adottato dalla Regione Lazio con D.G.R. n. 556 del 2007 e n.1025 del 2007, in combinato disposto con la D.C.R n. 41 del 2007; nonché della L.R. n. 15 del 2008. Eccesso di potere per elusione delle ordinanze del Tar Lazio, sez. II bis n. 5706/2008 e n. 702/2009, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, manifesta illogicità, contraddittorietà e sviamento: il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per violazione delle norme basilari sul corretto procedimento amministrativo; infatti,lamentano la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento che avrebbe impedito alle ricorrenti di far valere i profili di contraddittorietà delle argomentazioni poste a base del provvedimento impugnato in ragione dell’applicabilità del vincolo e dell’accertata perimetrazione.

Secondo le ricorrenti la pretesa dell’Amministrazione riguardo la necessità del N.O preventivo paesaggistico ai sensi dell’art.143, comma 4, lett. b) del D.Lgs. n. 42 del 2004 avanzata solo adesso sarebbe contraria ai principi di economicità dell’azione amministrativa e conservazione degli atti, non legittimando la sospensione dei lavori sia per la sussistenza dell’esatta graficizzazione del vincolo con stralcio dell’area (di cui alle tavole del PRG) sia per il conseguente dovere dell’Amministrazione di attivarsi in chiave collaborativa mediante avvio nell’esercizio della subdelega conferitagli dalla Regione del subprocedimento di autorizzazione paesistica. L’atteggiamento del Comune, secondo le ricorrenti, denoterebbe profili di eccesso di potere alla luce dell’inesistenza del vincolo, in quanto stralciato e detta situazione non potrebbe inficiare la validità del titolo abilitativo né giustificare l’adozione di un provvedimento d’urgenza quale quello impugnato.

Lamentano, pertanto, le società ricorrenti la contraddittorietà rispetto al precedente operato dell’Amministrazione, il difetto di istruttoria e travisamento dei fatti nonché la carenza assoluta di motivi. Le ragioni del ripensamento non potrebbero legittimamente consistere nel mutamento della persona del Responsabile dell’Ufficio in quanto sussisterebbe il principio di continuità dell’attività amministrativa, attesa la successione nel regime delle competenze senza alcuna soluzione di continuità e allo stato dei luoghi.

L’indagine tecnica effettuata da ultimo dall’Amministrazione per superare l’asserito stato di incertezza documentale sull’area risulterebbe assolutamente approssimativa e non idonea a dimostrare di aver svolto un compiuto accertamento per risolvere la questione ritenuta incerta, difettandone così il contenuto motivazionale dell’atto impugnato.

Si è costituito in giudizio il Comune per resistere al ricorso ed ha controddetto alle censure evidenziando la vincolatività dell’atto impugnato, stante l’esistenza del vincolo e il presupposto provvedimento della Soprintendenza; inoltre, la natura sospensiva del provvedimento adottato, inserendosi in una sequenza vincolata dalla legge non renderebbe necessaria la comunicazione di avvio del procedimento.

Con l’ordinanza n. 1461/2009 è stata accolta l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato ai fini del riesame.

2. Con atto contenente motivi aggiunti le società ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del Comune n. 16791 in data 15 giugno 2009, non comunicato, di annullamento del permesso di costruire n. 36/2008, l’ordinanza n. 77 del 15 giugno 2009 recante l’ordine di immediata sospensione dei lavori e demolizione delle opere di cui al predetto permesso di costruire n. 36/08, con l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi nonché il certificato di destinazione paesistica dell’area in questione emesso dalla Regione Lazio prot. n. 110157 in data 12 giugno 2009, e richiamato nella motivazione del provvedimento comunale di annullamento del medesimo permesso di costruire n. 36/08.

Avverso detti provvedimenti le società ricorrenti hanno denunciato la 1) Violazione degli artt.134, 136, 143 e 146 del D.Lgs n. 42 del 2004 delle previsioni del P.T.P.R., come adeguato dalla Delibera del C.R. n. 41 del 2007 nonché più in generale dei criteri di valutazione del contributo dei Comuni allegati alla D.C.R. n. 41 del 2007; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento di potere, difetto di motivazione, contraddittorietà manifesta e irragionevolezza: in quanto il Comune avrebbe considerato il caso alla stregua di quello di una costruzione abusiva con richiesta postuma di N.O paesistico in sanatoria, mentre la vicenda configurerebbe una ipotesi diversa di vincolo sopravvenuto in corso d’opera: infatti la traccia del vincolo sarebbe apparsa dopo il rilascio del permesso di costruire con l’adozione del PTPR nel 2007 e in seguito l’area in questione sarebbe stata esclusa dal perimetro del vincolo. Risulterebbe arbitrario il richiamo alla fattispecie di sanatoria di cui all’art. 146 del D.Lgs n. 42 del 2004: la mancanza di autorizzazione paesistica a causa della sopravvenienza del vincolo durante la realizzazione dell’opera avrebbe dovuto spingere l’Amministrazione ad attivare il procedimento paesistico e non annullare la concessione edilizia. Significativa risulterebbe la delibera del Cons. Reg. n. 41 del 31 luglio 2007 che avrebbe rimosso il vincolo sull’area esprimendo altresì il parere sull’attuale valore paesistico dell’area e degli immobili ivi ricadenti.

2) Violazione dell’art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990 e dell’art.97 della Cost.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento di potere, difetto di motivazione, contraddittorietà manifesta e irragionevolezza: non risulterebbero indicate le prescritte ragioni di interesse pubblico all’annullamento del permesso di costruire assentito né l’Amministrazione avrebbe tenuto conto dell’affidamento delle società interessate considerato, altresì, l’apprezzabile lasso di tempo.

3) Violazione delle leggi regionali sulla subdelega ai Comuni di funzioni amministrative in materia ambientale; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contrasto infraprocedimentale, illogicità e ingiustizia manifesta: analizzando l’iter di emanazione del provvedimento di annullamento e dell’ordinanza di demolizione risulterebbe secondo le ricorrenti che la Regione si sarebbe espressa solo su una parte dei quesiti sottoposti dal Comune, in modo parziale e omettendo i profili di esenzione dal rilascio dell’autorizzazione paesistica in considerazione dell’area ritenuta di scarso valore paesistico dal punto 3b del PTPR. Il Comune pur consapevole della circostanza della non sottoposizione a vincolo dell’area in questione, tuttavia l’avrebbe dichiarata vincolata, violando il dovere costituzionale di buon andamento.

4) Violazione delle norme processuali e del giudicato; violazione dell’art.35 NTA del PRG del Comune di Fiano: le considerazioni svolte nell’atto impugnato dal Comune circa il cambio di destinazione d’uso dei volumi tecnici non avrebbero formato oggetto del provvedimento di sospensione gravato con l’atto introduttivo, risultando coperto da giudicato formatosi sull’ordinanza n. 5706/2008 con cui a seguito della verificazione disposta è stata dichiarata la conformità del permesso di costruire alle NTA del vigente PRG del Comune. In particolare, l’art. 35 delle NTA riguarderebbe i parametri tecnici da rispettare in caso di nuova costruzione e non quelli per mero cambio di destinazione d’uso dei locali preesistenti come quello riguardante i volumi tecnici della Palazzina C (non modificativi della sagoma o prospetto dell’edificio).

Il Comune resistente ha contrastato con memoria difensiva l’atto contenente motivi aggiunti proposto da parte ricorrente, eccependo preliminarmente profili di inammissibilità e irricevibilità dello stesso, contestando altresì la fondatezza delle censure proposte sulla base di argomentazioni volte a confermare la legittimità del procedimento amministrativo svolto dall’Amministrazione comunale.

Le società ricorrenti hanno replicato alla detta memoria difensiva comunale ulteriormente argomentando con specifiche osservazioni.

Con ordinanza n. 3633/2009 pronunciata nella Camera di consiglio del 29 luglio 2009 è stata accolta la suindicata domanda cautelare.

3. Con atto ritualmente notificato e depositato sono stati proposti ulteriori motivi aggiunti avverso la nota del Comune prot. n. 21167 del 6 agosto 2009, con cui è stato reiterato l’ordine di sospensione dei lavori di completamento del fabbricato oggetto del permesso di costruire in questione. In particolare avverso la predetta nota sono state proposte censure di Violazione delle ordinanze n. 3633/2009 e n.1461/2009 e comunque di violazione dell’art.97 della Cost.; eccesso di potere per sviamento; illogicità manifesta nonché irragionevolezza: in quanto il Comune avrebbe reiterato l’ordine di sospensione dei lavori ritenendo riferibile il contenuto sospensivo dell’ordinanza n. 3633/2009 al solo ordine di demolizione e non anche all’ordine di sospensione in corso, senza tener conto del complessivo contenuto sostanziale della detta ordinanza e della collegata e precedente ordinanza n. 1461/2009 che aveva già sospeso l’ordinanza di sospensione dei lavori.

Alla Camera di consiglio dell’8 ottobre 2009 la decisione sulla richiesta incidentale di sospensione dell’impugnata nota comunale è stata abbinata al merito su richiesta di parte.

In prossimità dell’odierna Udienza pubblica le parti hanno depositato memorie conclusionali insistendo sulle rispettive posizioni difensive.

Alla Pubblica udienza del 17 dicembre 2009 la causa dopo la discussione è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Viene in decisione la controversa vicenda sottoposta all’esame del Collegio con l’atto introduttivo e con i successivi atti contenenti motivi aggiunti, con i quali sono stati gravati, tra gli altri, numerosi provvedimenti adottati dal Comune di Fiano Romano, meglio indicati in epigrafe, riguardanti il procedimento di sospensione dei lavori concernenti la costruzione di un fabbricato oggetto del permesso di costruire n.36/2008, rilasciato dal Comune stesso alle società ricorrenti nonché del successivo ordine di demolizione delle opere realizzate a seguito dell’intervenuto annullamento del predetto permesso di costruire, in mancanza di preventiva autorizzazione paesaggistica, ritenendo la costruzione in questione ricadente in area sottoposta a vincolo "Valle del Tevere" e parimenti illegittima la modifica di destinazione d’uso operata sulla stessa.

2. Preliminarmente occorre esaminare i profili di inammissibilità e irricevibilità degli atti contenenti motivi aggiunti eccepiti dal Comune resistente per carenza di delega e per mancanza della connessione oggettiva del provvedimento impugnato mediante gli stessi con l’oggetto principale di cui al ricorso introduttivo. Sostiene, altresì, il Comune che la mancata notifica degli atti recanti motivi aggiunti al controinteressato sig. C.Ferrara renderebbe inammissibili gli stessi.

Al riguardo, il Collegio ritiene di non aderire a dette eccezioni alla luce delle seguenti considerazioni. I provvedimenti impugnati con gli atti contenenti motivi aggiunti sono stati adottati dal Comune a conclusione del procedimento di riesame avviato a seguito dell’ordinanza n. 1461/2009 pronunciata dal Collegio sul ricorso introduttivo e appare evidente che sia detto ricorso principale che i successivi atti contenenti motivi aggiunti perseguono il medesimo interesse sostanziale delle società ricorrenti volto a vedersi riconoscere la legittimità del permesso di costruire assentito per la realizzazione del fabbricato in questione e poi annullato, con lesione delle posizioni giuridiche delle interessate per effetto dei provvedimenti di sospensione dei lavori e di demolizione delle opere successivamente intervenuti. Ne deriva che risulta evidente il collegamento tra i provvedimenti nell’ambito di un identico rapporto amministrativo controverso e che non possono genericamente ritenersi inammissibili gli atti contenenti motivi aggiunti per carenza di delega al difensore.

Va osservato in proposito che la semplificazione e la concentrazione processuale risultanti dalla possibilità di impugnare i provvedimenti sopravvenuti con atti contenenti motivi aggiunti, introdotta dalla L. n. 205 del 2000, verrebbe altrimenti significativamente pregiudicata. Infatti, non ha senso equiparare, sotto questo profilo, gli atti contenenti motivi aggiunti a un ricorso autonomo, in presenza di una disposizione che ne consente la proposizione, proprio al fine non solo di unificare i processi – cosa possibile anche mediante la riunione dei ricorsi – ma di configurare un processo unico ab origine, in vista di un giudizio esteso sostanzialmente al rapporto controverso: il che non può non ripercuotersi – pena la vanificazione dell’innovazione legislativa – sul regime formale del ricorso, e quindi, per quanto qui interessa, del relativo mandato.

Pertanto, deve ritenersi che anche dopo la riforma del processo amministrativo, ai fini della rituale proposizione di motivi aggiunti, non è necessaria una nuova procura ad litem rispetto a quella rilasciata per la proposizione del ricorso originario, essendo il mandato originario comprensivo, salvo espresse eccezioni, di tutti i poteri processuali finalizzati alla rimozione della lesione subita dal ricorrente (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6990; idem, sez. V, 23 gennaio 2007, n. 213; idem,sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5354; T.A.R. Liguria, sez. I, 21 febbraio 2008, n. 312; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 22 ottobre 2009, n. 6179).

Va parimenti disattesa l’ulteriore eccezione di inammissibilità degli atti contenenti motivi aggiunti per l’omessa notifica degli stessi al controinteressato sig. C. Ferrara, in relazione alla circostanza che nei confronti dello stesso non può configurarsi la contemporanea presenza degli elementi – formale (indicazione di destinatario espresso nell’atto impugnato) e sostanziale (interesse immediato e diretto) – richiesti ai fini della nozione di controinteressato cui va notificato il gravame.

Al riguardo, va richiamata la consolidata giurisprudenza in materia che è conforme nel ritenere che

nel processo amministrativo, la qualifica di controinteressato è riconosciuta solo nel caso di contestuale presenza di due elementi, uno di carattere formale, rappresentato dalla indicazione espressa quale destinatario del soggetto in questione nell’atto impugnato o, comunque, dalla sua immediata rintracciabilità, e l’altro di carattere sostanziale, rappresentato dalla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, differenziato rispetto a quello del quisque de populo, e preordinato al mantenimento degli effetti dell’atto impugnato. Quanto a questo secondo requisito, in particolare, il titolare di un interesse di mero fatto a contrastare il ricorso principale può assumere non la veste di controinteressato in senso formale e sostanziale, bensì quella succedanea che legittima l’intervento ad opponendum, tipico del processo amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2970; idem, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3692; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 16 aprile 2009, n. 1983; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 10 dicembre 2009, n. 3057; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 408; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 2 marzo 2010, n. 260). Nella specie, non sussiste la coincidenza e la contestuale presenza dei due elementi richiesti per legittimare la figura del controinteressato nella persona del sig. Ferrara, in disparte anche la circostanza che lo stesso ha proposto in precedenza separato giudizio per l’annullamento dell’atto autorizzativo edilizio.

3. Nel merito, i gravami proposti presentano profili di fondatezza per le seguenti ragioni.

Come descritto in narrativa, con l’atto introduttivo le società ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza n. 15/2009 con la quale è stata disposta la sospensione dei lavori di costruzione del fabbricato oggetto del permesso di costruire n. 36/08, già assentito alla P. Spa. Lamentano le ricorrenti l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione delle norme basilari procedimentali di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento impedendo di far valere le ragioni di difesa avverso l’applicabilità del vincolo e l’accertata perimetrazione, in contraddizione con il precedente operato dell’Amministrazione.

Il Comune sostiene la legittimità del provvedimento impugnato in quanto sulla base del principio generale a tutela dell’interesse pubblico, l’Ente può annullare provvedimenti già adottati in caso di accertamento di carenza delle condizioni necessarie per il rilascio o sulla base di circostanze che impongono il ritiro. Proprio per questo il Comune rileva di aver preso atto di quanto disposto dalla Regione nelle more del procedimento con la nota n.110157 del 12.6.2009, con la quale ha precisato che l’area su cui insiste il fabbricato sia sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art.134, lett. a) del D.Lgs. n. 42/2004 e che non può essere rilasciato il N.O. in sanatoria.

Replicano in sintesi le ricorrenti che la Regione si sarebbe pronunciata nell’ambito di un procedimento diverso e antecedente a quello di riesame in questione: in particolare, non risulterebbe alcun cenno alla DCR 41/2007 e alla Tavola D del PTPR, in base alla quale l’area in discussione sarebbe stata esclusa dal vincolo perché compromessa e di scarso valore paesistico.

Il cuore della formulata censura di cui all’atto introduttivo – come peraltro dell’intero giudizio nell’ambito dell’identico rapporto amministrativo controverso, la questione qui posta essendo alla base anche della soluzione dei primi tre motivi proposti con l’atto contenente motivi aggiunti – risiede tutto nella violazione delle generali regole procedimentali e, in particolare, in materia di procedimento di riesame, richiedente idonea istruttoria e adeguata motivazione riguardo le determinazioni assunte dall’Amministrazione nonché della indicazione delle ragioni di interesse pubblico giustificative dell’atto di annullamento.

Rileva, invero, il Collegio che in via generale sussiste in capo all’Amministrazione Comunale l’obbligo di attivazione procedimentale, di cui agli artt. 7 e ss., della Legge n. 241 del 1990, in relazione al riesame o revisione di determinazioni già prese di assentibilità di progettati interventi edilizi, atteso che in tal caso necessita anche per il Comune l’adempimento di fornire apposita motivazione in ordine alle esigenze di tutela di uno specifico interesse pubblico prevalente rispetto agli interessi della parte ricorrente, allorquando sono rilevabili situazioni di affidamento sussistenti in concreto qualora sia stato rilasciato il permesso di costruire (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 26 febbraio 2010, n. 535).

Del resto, non può ignorarsi la giurisprudenza consolidata in materia, secondo cui il provvedimento di annullamento di una concessione edilizia, quale atto discrezionale, deve essere adeguatamente motivato in ordine all’esistenza dell’interesse pubblico, specifico e concreto, che giustifica il ricorso all’autotutela anche in ordine alla prevalenza del predetto interesse pubblico su quello antagonista del privato (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2178; Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 24 aprile 2006, n.422; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 12 novembre 2009, n. 5021; Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 7 dicembre 2009, n. 8597; Tar Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 16 dicembre 2009, n. 305; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 9 aprile 2010, n. 1885). Anche nell’ipotesi di annullamento di un permesso di costruire va riconosciuta piena operatività ai principi generali che condizionano il legittimo esercizio del potere di autotutela. Detto potere è espressione della discrezionalità della p.a. e costituisce un adempimento indefettibile l’adozione di un provvedimento espresso che richiede la valutazione di elementi ulteriori rispetto alla mera illegittimità dell’atto da eliminare. In ossequio all’orientamento tradizionale che trova il suo fondamento nei valori di rango costituzionale di buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, è, infatti, doveroso rimettere la verifica di legittimità dell’atto di autotutela ad un apprezzamento concreto, condotto sulla base dell’effettiva e specifica situazione creatasi a seguito del rilascio dell’atto permissivo e alla situazione creatasi a seguito dello stesso. Detto orientamento ha trovato, tra l’altro, conferma nelle recenti disposizioni della Legge n.15 del 2005, che ha introdotto l’art.21 nonies alla Legge n.241 del 1990: in tale norma viene confermata in relazione ad ogni procedimento di riesame la natura tipicamente discrezionale dell’atto di ritiro, che deve essere espressione di una congrua valutazione comparativa degli interessi in conflitto, di cui si deve dare atto nel proprio corredo motivazionale (cfr. Cons. Stato, sez.IV, cit, n. 2178 del 2010; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 9 aprile 2010, n.1885).

Traslando i superiori principi alla fattispecie in esame, ne discende l’illegittimità dei provvedimenti impugnati laddove risulta omessa la enunciazione dell’interesse pubblico specifico, diverso da quello generico al ripristino della legalità, che imponeva il ritiro del titolo concessorio e quali siano le ragioni della prevalenza di tale interesse su quello del privato, il quale, nella specie, sulla base delle legittime aspettative derivanti dal titolo, al momento del ritiro, aveva già avviato l’attività di costruzione dell’immobile.

In particolare, nell’ordinanza n. 15/09 -impugnata con il ricorso introduttivo – l’Amministrazione comunale ha ritenuto che dal riscontro della documentazione cartacea presentata e dalle tavole del PTPR (tav. 20) l’immobile in questione ricade effettivamente all’interno dell’area tutelata e pertanto il fabbricato in corso di realizzazione in assenza di titolo autorizzativo violerebbe gli obblighi previsti dal Titolo I della Parte Terza del Codice (D.Lgs 42/04), disponendo la sospensione dei lavori in corso relativi alla costruzione dell’immobile in esecuzione del permesso di costruire n.36/2008. Al riguardo, in disparte la valutazione sui profili di efficacia ed esecutività del provvedimento di cui all’art. 21 quater della L. 241 del 1990 (in forza del quale l’efficacia di un provvedimento non può essere sospesa se non per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, con esplicita indicazione del termine della sospensione nell’atto che la dispone), in base al quale risulta illegittima la sospensione del lavori effettuati in base ad un titolo edilizio efficace, senza alcun termine di durata e senza indicare le "gravi ragioni" della stessa (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 26 gennaio 2010, n. 177), va rilevato che l’inosservanza delle prescrizioni concessorie comporta l’applicazione delle sanzioni di sospensione e demolitorie comminate dalla normativa edilizia (salve le ipotesi di sanatoria laddove ne ricorrano i presupposti), mentre l’illegittimità originaria della concessione, come quella genericamente indicata nell’atto di sospensione, richiede l’esercizio della potestà di autotutela nelle forme dovute e nella sussistenza dei relativi presupposti. Pertanto, con riferimento a detto atto di sospensione impugnato appaiono fondate le censure dedotte volte a sindacare la violazione dei canoni procedimentali di cui alla Legge n. 241 del 1990.

Parimenti, il provvedimento in data 15.6.2009, prot. n.16791, impugnato con l’atto contenente i motivi aggiunti, con cui viene annullato il permesso di costruire n.36/2008 giustifica in modo generico l’interesse pubblico attuale del Comune a sostegno dell’esercizio del potere di annullamento dell’atto: infatti,l’Amministrazione ricostruisce la vicenda relativa all’applicabilità del vincolo prendendo atto della predetta nota regionale n. 110157/2009, adottata nell’ambito di un procedimento diverso e senza tener conto delle osservazioni di parte. Non risulta operato dall’Amministrazione alcun riferimento alla DCR 41/07 e alle Tavole D del PTPR, in atti, che hanno adeguato i PTP vigenti (costituendo varianti agli stessi), in accoglimento delle osservazioni/istanze dei Comuni, e in base alle quali l’area in discussione è stata esclusa dal vincolo in quanto compromessa e di scarso valore paesistico e, conseguentemente, stralciata.

A ciò va aggiunto che la dimostrazione della sussistenza di un pubblico interesse attuale alla eliminazione dell’atto amministrativo costituisce una operazione concettualmente diversa dal semplice interesse al ripristino della legalità, implicando una prova più stringente sulle ragioni del ritiro e una adeguata motivazione sulla valutazione dell’affidamento della parte privata destinataria del provvedimento oggetto di riesame, la cui posizione si è consolidata, nella specie con gran parte della realizzazione dell’opera (cfr. Tar Campania, Napoli, sez.I, 18 novembre 2005, n.19300).

Nel caso in esame, detti profili motivazionali, come sopra indicati, non appaiono adeguati ai fini della dimostrazione dell’interesse pubblico che possa giustificare l’atto di ritiro: non si rinviene un’accurata e precisa indicazione della ragione di interesse pubblico di carattere generale, come tale prevalente sulla posizione individuale della parte privata derivante da un giudizio di comparazione degli interessi contrapposti né risulta evidenziata l’attualità dell’interesse pubblico, atteso il generico riferimento e l’integrazione postuma della motivazione in sede giudiziale – riportata nella memoria difensiva del Comune prodotta in data 3. 12.2009 – del riferimento all’interesse…per la collettività territoriale di riferimento, di perseguire l’assetto urbanistico ritenuto astrattamente ottimale, nel momento di creazione della norma o prescrizione di piano, integrazione motivazionale oltre che generica anche inammissibile, secondo il conforme orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19.8.2009, n. 4993; idem, 12.11.2009, n. 6997; Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 9 febbraio 2010, n. 752; T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 11 marzo 2010, n. 768; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 26 marzo 2010, n. 1603).

Inoltre, in ordine ai rilievi del Comune riguardo il cambio di destinazione d’uso dei volumi tecnici e alla dichiarata illegittimità solo in sede di successivo atto adottato a seguito del riesame, osserva il Collegio che gli stessi risultano genericamente formulati nell’atto impugnato ed evidenziano il difetto di istruttoria e di continuità dell’azione amministrativa, in quanto non tengono conto della pregressa valutazione adottata dall’UTC (in data 10. 2.2009) sulla conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica anche di attuazione, tanto da non impedire il rilascio del permesso di costruire e integrare il legittimo affidamento in capo alle ricorrenti e l’interesse alla conservazione del vantaggio/bene conseguito dalle stesse in buona fede, grazie ad un previo chiaro atto della P.A, interesse consolidato con il completamento dei lavori esterni e di copertura del fabbricato, nel lasso di tempo intercorso.

Le precedenti considerazioni rilevate dal Collegio appaiono idonee anche a contrastare l’asserita legittimità della nota in data 6 agosto 2009, prot, n. 21167 con cui il Comune ha reiterato l’ordine di sospensione dei lavori relativi all’immobile in questione e impugnata con il secondo atto contenente motivi aggiunti.

4. Alla luce delle superiori osservazioni, le suddette censure dedotte e argomentate nel ricorso introduttivo e negli atti contenenti motivi aggiunti – con assorbimento di ogni altro motivo e profilo di gravame non espressamente esaminato in quanto ritenuto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione – appaiono fondate con conseguente accoglimento delle stesse e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati.

Il Collegio stima equo, data la peculiarità della vicenda, disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. II bis, definitivamente pronunciandosi sul ricorso introduttivo e sugli atti contenenti motivi aggiunti indicati in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle Camere di consiglio del giorno 17 dicembre 2009 e dell’8 aprile 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Raffaello Sestini, Consigliere

Mariangela Caminiti, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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