T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 01-04-2011, n. 103 contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le società ricorrenti hanno riassunto dinanzi a questo Tribunale Amministrativo il ricorso, precedentemente esperito dinanzi al T.A.R. Lazio che ha declinato la propria competenza, avverso il provvedimento in data 23 luglio 2010, di aggiudicazione definitiva all’A.T.I. con mandataria S. S.r.l. della gara DGACQ 1809 per l’appalto dei servizi per l’espletamento delle attività professionali finalizzate alle verifiche tecniche dei livelli di sicurezza sismica, bandito il 13 ottobre del 2009 dall’A.

Premettono di avere partecipato alla gara in costituenda A.T.I. con mandataria S.G.M. S.r.l., e che la loro offerta si è classificata seconda; con nota del 27 luglio 2010 l’A. ha comunicato l’intervenuta aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata A.T.I. S..

Assumono l’illegittimità dell’aggiudicazione siccome disposta in favore di un concorrente che avrebbe dovuto essere escluso.

In particolare, deducono, a sostegno del gravame, dopo avere inutilmente comunicato l’intendimento di proporre ricorso, i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’art. 38, comma 1, lett. l), del d.lgs. n. 163 del 2006; violazione dell’art. 17 della legge n. 68 del 1999; violazione della lex specialis di gara.

Il bando di gara prevede, al punto III.2.1, lett. c), l’obbligo dei concorrenti di dichiarare, a pena di esclusione, di non rientrare in nessuna delle condizioni previste dall’art. 38, comma 1, lettere da a) ad m), del d.lgs. n. 163 del 2006.

Sub lett. l) è previsto, in particolare, il rispetto delle previsioni di cui all’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68 in materia di lavoro dei disabili; l’art. 38, comma 1, lett. l), del d.lgs. n. 163 del 2006 commina l’esclusione dalla gara dei concorrenti che non presentino la certificazione di cui all’art. 17 della legge da ultimo indicata.

Si deve evidenziare che due delle imprese della costituenda A.T.I. dichiarata aggiudicataria hanno omesso di attestare siffatta regolarità; ed invero tanto la mandataria S. S.r.l. quanto la S.S. Ingegneria S.r.l. hanno dichiarato testualmente "di non essere assoggettabile alle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili in quanto non assoggettabile all’osservanza delle norme della legge 68/1999, in quanto società estera".

Dette dichiarazioni riportano un dato non rispondente al vero, giacchè entrambe le società in questione hanno sede legale in Italia.

La sottrazione delle società suindicate all’obbligo di attestare la loro reale posizione nei riguardi della legge n. 68 del 1999 comporta la necessaria esclusione dalla gara, in conformità di quanto disposto dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, dall’art. 17 della legge n. 68 del 1999, nonché dalla stessa lex specialis.

Né può rilevare l’eventuale esenzione dal rispetto di tale normativa che potrebbe derivare da altre circostanze, quale l’avere meno di quindici dipendenti.

In ogni caso, l’esclusione va pronunciata per il fatto che le società hanno reso dichiarazioni palesemente non veritiere, come risulta inequivocabilmente dal fatto che esse non hanno sede all’estero.

2) Violazione della lex specialis.

Le imprese della costituenda A.T.I. dichiarata aggiudicataria hanno illegittimamente omesso di rendere la dichiarazione, prescritta a pena di esclusione a pag. 8 della lettera di invito, di assunzione di responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, dei subappaltatori e dei fornitori. Anche per tale ragione l’A.T.I. costituenda andava esclusa dalla gara.

Si sono costituite in giudizio l’A. e la controinteressata A.T.I. con capogruppo S., eccependo (solamente la seconda) l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del diniego di autotutela in relazione all’istanza di cui all’art. 243 bis del codice dei contratti pubblici, e comunque la sua infondatezza nel merito.

La controintressata S. S.r.l. ha altresì esperito ricorso incidentale avverso i verbali di gara del 21 gennaio 2010 e del 5 maggio 2010 nella parte in cui hanno ritenuto ammissibile l’offerta della ricorrente principale costituenda A.T.I. con mandataria S.G.M. S.r.l., deducendo le seguenti censure:

3) Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione; violazione dell’art. 38, comma 1, lett. b) e c), del d.lgs n. 163 del 2006; violazione del punto III.2.1), lett. c), del bando di gara; violazione della ratio delle norme richiamate; eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria ed illogicità manifesta; violazione dei principi fissati in tema di par condicio tra i concorrenti ad una procedura pubblica di gara.

Il R.T.I. S.G.M. andava escluso dalla gara in quanto ha omesso di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione ai vice direttori tecnici delle società S.G.M. S.r.l. e S.G.M. E. S.r.l.; risulta infatti dai certificati camerali che vi sono ben due vice direttori tecnici nella S.G.M. S.r.l. (i sigg.ri E.C. e G.P.) ed uno nella S.G.M. E. S.r.l. (il sig. O.R.), con riferimento ai quali avrebbero dovuto essere rese le dichiarazioni prescritte dalla norma suindicata, espressamente richiamata, tra l’altro, al punto III.2.1), lett. c), del bando di gara.

L’obbligo dichiarativo in questione, come affermato anche in sede giurisprudenziale, deve estendersi anche a tutti quei soggetti che rivestono, in relazione ad aspetti gestionali o tecnici, un ruolo vicario all’interno della società, a pena di elusione della norma.

4) Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione; violazione dell’art. 38, comma 1, lett. m ter), del d.lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria ed illogicità manifesta; violazione dei principi fissati in tema di par condicio tra i concorrenti ad una procedura pubblica di gara.

La dichiarazione di cui all’art. 38, lett. m ter), del d.lgs. n. 163 del 2006 è stata rilasciata dall’A.T.I. S.G.M. in modo non conforme alla legge, tanto da risultare tamquam non esset; ed invero tutte le società costituenti il R.T.I. ricorrente principale hanno dichiarato che "non risultano iscritte nell’Osservatorio dei contratti pubblici… segnalazioni a proprio carico di omessa denuncia dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 del c.p., aggravati ai sensi dell’art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, emergenti da indizi a base di richieste di rinvio a giudizio formulate nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando di gara". Tali dichiarazioni non sono conformi al modello legale previsto dall’art. 38, comma 1, lett. m ter), che richiede espressamente ai soggetti tenuti alla predetta dichiarazione di affermare con certezza o di non essere stati vittima dei reati ivi previsti, ovvero di esserne stati vittima ma di avere provveduto a denunciare i fatti all’Autorità giudiziaria.

5) Violazione dell’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria ed illogicità.

Al contempo, le dichiarazioni rese da parte di tutte le società del R.T.I. S.G.M., in relazione ai requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici non risultano idonee ad integrare il requisito prescritto dalla norma. Ed infatti tutti i soggetti tenuti al rilascio delle dichiarazioni di cui alla predetta norma attestavano esclusivamente che nei loro confronti non era stata pronunciata alcuna condanna solo per gravi reati incidenti sulla moralità professionale. In altri termini, le dichiarazioni, lungi dall’indicare l’eventuale presenza di sentenze di condanna a carico dei soggetti di cui alla lett. c) dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, si limitano ad attestare solo l’assenza di sentenze di condanna per gravi reati effettuando una valutazione (sulla gravità del reato) di esclusiva competenza della Stazione appaltante.

All’udienza del 23 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. – Per economia di giudizio appare opportuno muovere dalla disamina del ricorso principale, in conformità dell’indirizzo giurisprudenziale, risalente quanto meno alla decisione del Cons. Stato, Ad. Plen., 10 novembre 2008, n. 11, che consente al giudice amministrativo, nella trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, di esaminare con priorità quello che risulta decisivo per dirmere la lite, salva la vicenda peculiare, nel caso di specie non ricorrente, in cui abbiano partecipato alla gara due soli concorrenti, ciascuno dei quali abbia impugnato l’atto di ammissione alla gara dell’altro (in termini, tra le tante, T.A.R. Umbria, 20 gennaio 2011, n. 17; Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3076).

2. – Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, svolta dall’A.T.I. S. nell’assunto della mancata impugnazione, da parte della ricorrente principale, del diniego di autotutela formatosi sull’istanza (melius: comunicazione) in data 3 agosto 2010 di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (nel testo novellato con il d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53).

Ed invero l’art. 243 bis disciplina la c.d. "informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale", il cui chiaro obiettivo è quello di deflazione del contenzioso mediante l’introduzione di un meccanismo preventivo di risoluzione delle controversie che sollecita l’esercizio del potere di autotutela della Stazione appaltante.

In particolare, per quanto rileva in questa sede, il quarto comma della disposizione in esame stabilisce che "la stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione… -(dell’intenzione di proporre ricorso giurisdizionale), comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall’interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L’inerzia equivale a diniego di autotutela".

Nella vicenda in esame, sull’informativa di ricorso dell’A.T.I. S.G.M. si è formato il silenzio diniego, non avendo l’A. comunicato le proprie determinazioni in ordine all’esercizio del potere di riesame.

L’assunto della controinteressata è che il diniego tacito di autotutela doveva essere impugnato, non potendosi intendere come fictio iuris di atto meramente confermativo dell’aggiudicazione definitiva.

Tale tesi, pur evidenziando qualche aspetto problematico, non sembra al Collegio condivisibile.

Occorre infatti rilevare che il sesto ed ultimo comma dell’art. 243 bis (modificato dall’art. 3, comma 12, lett. b, dell’allegato n. 4 al codice del processo amministrativo) detta apertis verbis la regola della non autonoma impugnabilità del diniego di autotutela, disponendo che "il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti".

Ciò non significa peraltro che il diniego tacito di autotutela debba essere impugnato a pena di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione, o comunque in materia di contratti pubblici, essendo il silenzio privo di un contenuto decisorio innovativo. L’inerzia, pur riguardando, in senso stretto, l’esercizio del potere di autotutela, nulla aggiunge all’assetto di interessi previsto nel provvedimento principale, e dunque, dal punto di vista sostanziale, ha un contenuto meramente confermativo; in quanto tale, non esplicando autonomo effetto lesivo, non occorre la sua impugnazione.

In altri termini, il diniego tacito di autotutela non rinnova alcuna volontà dell’Amministrazione, ma si limita a manifestare l’intendimento di non ritornare su di una valutazione effettuata, nulla aggiungendo alla situazione di diritto già definita dall’atto precedente; conseguentemente non esplica alcun autonomo effetto lesivo e non richiede di essere impugnato.

Diverso sarebbe il caso in cui la decisione di non provvedere sia motivata ed espressione di una nuova ponderazione; in tale evenienza, infatti, si dovrebbe configurare una conferma propria, con conseguente onere di impugnativa.

3. – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce che due imprese della costituenda A.T.I. risultata aggiudicataria (ed in particolare la mandataria S. S.r.l. e la mandante S.S. Ingegneria S.r.l.) hanno violato l’art. 38, comma 1, lett. l), del d.lgs. n. 163 del 2006, ed al contempo l’art. 17 della legge n. 68 del 1999, nonché il punto III.2.1, lett. c) del bando di gara, e dovevano pertanto essere escluse dalla gara, avendo falsamente dichiarato di non essere assoggettabili alle norme che disciplinano il lavoro dei disabili, in quanto società estere, così sottraendosi all’obbligo di attestare la loro reale posizione.

La censura non appare, nei termini che seguono, meritevole di positiva valutazione.

L’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, espressamente richiamato dall’art. 38, comma 1, lett. l), del codice dei contratti pubblici, dispone che "le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, pena l’esclusione"; analoga prescrizione è contenuta nel bando di gara al punto III.2.1, lett. c), che richiede di dichiarare, a pena di esclusione, "di non rientrare in nessuna delle condizioni previste dall’art. 38, comma 1, da lettere da a) ad m) del d.lgs. n. 163/06".

Le dichiarazioni delle predette imprese, nell’affermare di non essere assoggettabili alle norme della legge n. 68 del 1999, in quanto "società estere", sebbene esistenti, in quanto rese, hanno un contenuto effettivamente non veritiero, essendo incontestato (o, per meglio dire, desumibile dai certificati camerali dalle stesse versate agli atti di gara) che si tratti di società italiane.

Da tale considerazione non possono però trarsi le conseguenze che parte ricorrente invoca, e cioè l’esclusione dalla gara dell’A.T.I. aggiudicataria, atteso che si tratta, utilizzando una categoria penalistica, di un "falso innocuo".

Va precisato che tanto la S. S.r.l., quanto la S.S. S.r.l. avevano, al momento della gara, meno di quindici dipendenti, e dunque, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 68 del 1999, non è loro applicabile la disciplina sulle assunzioni obbligatorie.

Come già supra precisato, non occorre indugiare a verificare se incombesse sulle due società, cui non è applicabile la disciplina sulle assunzioni obbligatorie avendo meno di quindici dipendenti, l’obbligo di dichiarazione, costituente un requisito di partecipazione alla gara (in senso contrario Cons. Stato, Sez. V, 15 settembre 2009, n. 5505; in senso favorevoleT.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 8 marzo 2010, n. 311); tale obbligo dichiarativo è stato infatti assolto dalle società.

Ciò che rileva è invece meglio descrivere la portata e le conseguenze delle dichiarazioni non veritiere; il falso, peraltro fin da subito evincibile dalla certificazione camerale contestualmente prodotta, elemento utile ad escludere intenti fraudolenti, dalle stesse società, riguarda la qualità di società estera, e non il fatto di non essere soggetti non tenuti al rispetto delle norme; non concerne, in definitiva, il possesso dei requisiti richiesti.

Si tratta dunque di un falso inidoneo, anche solo potenzialmente, sulla base di una valutazione "exante" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 1 marzo 2011, n. 599), ad incidere sull’esito della procedura di evidenza pubblica, e per ciò stesso qualificabile come "falso innocuo".

Secondo un recente (seppure non univoco) orientamento giurisprudenziale, cui il Collegio ritiene, in questa fattispecie, di poter aderire, ai fini dell’esclusione dalla gara di appalto per omissione di una delle dichiarazioni previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, occorre effettuare una valutazione sostanzialistica della sussistenza delle cause ostative, atteso che il primo comma dell’art. 38 ricollega l’esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, mentre il secondo comma non prevede analoga sanzione per l’ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione; da ciò consegue che solo l’insussistenza, in concreto, delle cause di esclusione previste dalla norma da ultimo indicata comporta l’effetto espulsivo (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1795; Cons. Stato, Sez. V, 9 novembre 2010, n. 7967; T.A.R. Lazio, Sez. III, 31 dicembre 2010, n. 39288).

In senso conforme a tale soluzione ermeneutica milita anche l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE che ricollega l’esclusione alle sole ipotesi di grave colpevolezza di false dichiarazioni nel fornire informazioni, non rinvenibile nel caso in cui il concorrente non consegua alcun vantaggio in termini competitivi, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti (Cons. Stato, Sez. VI, 22 febbraio 2010, n. 1017).

4. – Con il secondo mezzo di gravame si lamenta poi che le imprese raggruppande all’A.T.I. aggiudicataria avrebbero omesso di rendere la dichiarazione, anch’essa prescritta a pena di esclusione dalla lettera di invito, di assunzione di responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, dei subappaltatori e dei fornitori.

Anche tale censura deve essere disattesa.

Ed infatti le imprese mandanti hanno utilizzato il modulo dichiarazioni allegato 2d alla lettera di invito, sì che, eventualmente, non ponendosi comunque un problema di rispetto della par condicio tra i concorrenti, poteva ravvisarsi uno spazio per chiedere chiarimenti od integrazioni documentali, attivando, con modalità obiettivamente estensiva, ma giustificata dall’incompleta formulazione degli atti di gara, quel potere di soccorso previsto in via generale dall’art. 46 del codice dei contratti pubblici, e richiamato dalla lettera di invito alla fine della pag. 8 (nel senso di ammettere il potere di integrazione anche nell’ipotesi in cui l’omissione riguardi dichiarazioni inequivocabilmente richieste dal bando a pena di esclusione allorché l’errore, a prescindere dalla sua riconoscibilità, sia stato in qualche modo ingenerato dalla Stazione appaltante, in particolare con la predisposizione di una modulistica incompleta, cfr. T.A.R. Molise, 14 maggio 2010, n. 213, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 18 novembre 2009, ord. n. 5692).

Va altresì sottolineato che tutte le imprese hanno sottoscritto la garanzia fideiussoria per la cauzione provvisoria, da cui è evincibile l’impegno di responsabilità solidale delle medesime.

Ma soprattutto occorre considerare, con riguardo alla questione in esame, che la lettera di invito disponeva che "in detta dichiarazione i soggetti facenti parte del Raggruppamento o del Consorzio dovranno assumere la responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, nonché nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori"; si tratta evidentemente di una prescrizione che concerne principalmente l’offerta, e che si produce ope legis, come risulta dall’art. 37, comma 5, del codice dei contratti pubblici. In tale prospettiva, perde di rilievo la circostanza che, al momento, si trattava di raggruppamento costituendo, essendo questo destinato a formarsi a seguito dell’aggiudicazione.

5. – In conclusione, le considerazioni che precedono impongono la reiezione del ricorso principale e della annessa domanda risarcitoria.

Ciò comporta che il ricorso incidentale può essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, stante la sua accessorietà rispetto al ricorso principale.

Sussistono giusti motivi, in ragione della peculiarità della vicenda, per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso principale e dichiara improcedibile quello incidentale.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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