Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14531 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Dott. FODARONI M. Giuseppina, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza emessa in data 15.1.2010 la Corte di Appello di Firenze rigettava la richiesta di riparazione dell’ingiusta detenzione subita da K.A. a seguito dell’arresto in flagranza e successiva ordinanza di custodia cautelare per il reato di concorso con B.Y. in detenzione di sostanze stupefacenti del tipo hashish, dal quale era stato poi assolto in primo grado per non aver commesso il fatto.

La Corte riteneva che il K. fosse stato connivente degli autori del reato di detenzione dello stupefacente occultato in diversi luoghi immediatamente prossimi alla baracca in cui egli dimorava, all’interno di recinzione che delimitava il giardino circostante a un esercizio pubblico sul Lungarno Colombo di Firenze, avendone avuto piena conoscenza in considerazione del luogo di sua dimora.

Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di K.A. deducendo la violazione dell’art. 314 c.p.p. e la manifesta illogicità della motivazione, poichè era stato ritenuta l’esistenza di un accordo tra il K. e i soggetti responsabili del reato ed apoditticamente escluso che il medesimo non fosse all’oscuro dell’altrui attività illecita.

Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato.

Nei casi in cui l’elemento soggettivo doloso del concorrente meramente passivo nel reato non sia provato per assenza di dimostrazione della coscienza e volontà di rafforzare il proposito criminoso dell’agente, ben può essere astrattamente configurata gravemente colposa, perchè caratterizzata da grave negligenza, la condotta passiva del connivente per non aver valutato gli effetti della sua condotta sul comportamento dell’agente: infatti la volontà criminosa di quest’ultimo può essere oggettivamente rafforzata anche se il connivente non intenda perseguire questo effetto e sia comunque idonea a creare un’apparenza di partecipazione alle attività criminose di altri.

Ma a tal fine è necessario che sia provata la conoscenza delle attività criminose compiute (o almeno che con grave negligenza il connivente non se ne sia reso conto) (ex plurimis: Cass. pen. Sez. 4^, n. 42039 dell’8.11.2006, Rv. 235397).

Nel nostro caso, invece, questa conoscenza appare affermata assiomaticamente con la mera indicazione, a supporto di siffatto convincimento, solo del luogo di occultamento dello stupefacente situato in immediata prossimità della dimora, in via esclusiva, del richiedente (ma frequentata anche da altri durante il giorno), circostanza, questa, certamente oggettiva ma non implicante una condotta gravemente colposa del richiedente: infatti, non vengono segnalati elementi ulteriori che avrebbero indurre l’istante a rendersi conto dei traffici illeciti altrui che si andavano svolgendo (e a tollerarli) e tanto meno di un accordo con gli autori del reato.

Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze per l’ulteriore corso.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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