Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14522 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

inaci Sante che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Il GUP del Tribunale di Massa, all’esito del giudizio abbreviato, con sentenza in data 1.12.2005, condannava G.G. alla pena condizionalmente sospesa di mesi 4 di reclusione, con circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 c.p., n. 6 equivalenti alla contestata aggravante alla recidiva, oltre alla sospensione della patente per eguale periodo, avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 589 c.p., comma 2 perchè, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza ed in particolare, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, percorrendo alla guida del motociclo Honda Varadero tg. (OMISSIS) l’autostrada A/15 della Cisa con direzione di marcia (OMISSIS), giunto al Km. 72+728, a causa della velocità non adeguatamente commisurata all’intensità del traffico nonchè della breve distanza dal veicolo che lo precedeva e senza attivare idonee manovre di emergenza, perdeva il controllo del motociclo, che sbatteva violentemente contro la parte posteriore della vettura Mazda 6 tg. (OMISSIS) che lo precedeva, cagionando in tal modo la morte del proprio passeggero, R.R., che decedeva immediatamente a causa del grave politrauma contusivo e fratturativo derivante dall’impatto del corpo sbalzato contro il suddetto autoveicolo (in data 01-08-2004).

La sentenza affermava che:

– le tracce di scarrocciamento al suolo e danni provocati dall’impatto erano la prova della residua energia cinetica del veicolo, che consentivano di risalire a una velocità ante impatto elevata e comunque non compatibile con il traffico molto intenso in un tratto autostradale con gallerie, viadotti e curve;

– i testi avevano provato che l’ostacolo costituito da veicoli antistanti fermi non era imprevedibile, poichè l’imputato avrebbe dovuto guidare con velocità prudenziale tale da consentirgli di rallentare repentinamente la corsa adeguandola ai veicoli antistanti;

– sussisteva dunque la colpa generica ascritta all’imputato.

La Corte di Appello di Genova, adita su appello dell’imputato, con pronuncia in data 25.5.2010, in parziale riforma della predetta sentenza, escludeva la recidiva, confermandola nel resto.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di G.G. che, ripercorso tutto l’iter processuale della vicenda, deduce i seguenti motivi.

1. La mancanza di motivazione in ordine al mancato accoglimento dell’istanza di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria L. n. 689 del 1981, ex art. 53 e conseguente applicazione dell’indulto.

2. Il vizio motivazionale in relazione alla conferma della pena nella sua entità pur a fronte della esclusione della recidiva.

3. Il vizio motivazionale in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante contestata.

Rileva che sia dalla sentenza di 1^ grado che da quella d’appello si evinceva solo la colpa generica dell’imputato; inoltre la velocità non era stata in alcun modo determinata e che era errata la convinzione della Corte di Appello che il G. viaggiasse sulla sinistra.

Dall’insussistenza dell’aggravante contestata discendeva la necessità di riduzione della pena per effetto delle sole attenuanti l’esclusione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.

4. Il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta colpevolezza dell’imputato, che assume essere mero frutto di mera ipotesi formulata dal Giudice di secondo grado.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto al motivo sub 1, infatti, premesso che l’indulto è correttamente applicabile nell’opportuna sede esecutiva ( art. 672 c.p.p.), si deve osservare che non può certo configurarsi la carenza motivazionale circa la mancata applicazione della pena sostitutiva L. n. 689 del 1981, ex art. 53. Infatti "il giudice di appello al quale sia dalla legge attribuito un potere discrezionale deve fornire adeguata motivazione nella sentenza solo se eserciti tale potere o non lo eserciti nonostante sia stato motivatamente sollecitato a farlo dall’imputato o dal difensore" (Cass. pen. Sez. 6^, n. 12358 del 3.11.1998, Rv. 212325). Nel caso di specie, però, non risulta che la richiesta sia stata formulata adducendo qualche specifica ragione che valesse ad indurre il Giudice a concedere il beneficio richiesto, tanto più che era già stata concessa la sospensione condizionale della pena inflitta.

Peraltro, deve ragionevolmente ritenersi che la Corte territoriale, nel valutare la congruità della pena comminata dal primo giudice con la concessione sia delle attenuanti generiche sia di quella del risarcimento del danno, condividendone espressamente il giudizio, ed esclusa la recidiva avendo il G. riportato due pregresse condanne per reati contravvenzionali (e segnatamente per guida in stato di ebbrezza), abbia, al contempo ed implicitamente, ritenuto, proprio sulla scorta della complessiva personalità del prevenuto desunta dal visionato certificato penale, l’inapplicabilità dell’ulteriore agevolazione della sostituzione della pena detentiva.

Del pari infondata è la censura sub 2.

Invero, non può ritenersi l’illogicità della motivazione addotta al riguardo poichè, essendo stata ritenuta l’equivalenza tra le riconosciute attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 c.p., n. 6 e l’aggravante e la recidiva contestate, la mera esclusione della recidiva non poteva comportare alcuna riduzione della pena, che, per effetto del giudizio di mera equivalenza, era pari al minimo assoluto di legge (con la diminuente del rito) e, quindi immodificabile.

Quanto alle censura sub 3 e 4, se deve rilevare l’aspecificità.

Infatti le suddette censure sono palesemente aspecifiche essendosi limitate a riproporre in questa sede le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione congrua e corretta. Invero, la mancanza di specificità del motivo dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecifidtà (Cass. pen. Sez. 4^, 29.3.2000, n. 5191 Rv.

216473 e successive conformi, quale: Sez. 2^, 15.5.2008 n. 19951, Rv.

240109).

Peraltro, le dette censure sono anche infondate.

Invero, come sostanzialmente riconosce lo stesso ricorrente, "Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589 c.p., comma 2, non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l’inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza. (In motivazione la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi far parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell’art. 140 C.d.S., la cui violazione, dunque, assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica)". (Sez. 4^, n. 35665 del 19/06/2007, Rv. 237453). Peraltro l’aggravante de qua (in relazione all’art. 141 C.d.S., comma) è sufficientemente contestata in fatto nel capo d’imputazione.

Analogamente, il Giudice d’appello, anche sulla scorta di quanto rilevato da quello di primo grado, è pervenuto al verdetto di colpevolezza non a seguito di mera ipotesi, bensì di attenta ed approfondita analisi secondo la più stringente e corretta logica, della dinamica del sinistro, delle peculiarità delle condizioni della strada, della posizione della moto rispetto alla curva, del maggior carico del mezzo e delle omesse cautele del ricorrente – conducente della moto – in prossimità della curva a seguito del cui scarrocciamento perse la vita R.R..

Del resto, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Non può, insomma, censurare la scelta di criteri opinabili e non persuasivi: essa deve annullare solo quando le regole di esperienza poste dal giudice di merito a fondamento della sentenza impugnata risultano universalmente e sicuramente rifiutate o comunque manifestamente inaccettabili e superate dalla cultura media o palesemente contraddette da conoscenze tecniche e scientifiche.

Infine, va rammentato che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito e integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (Cass. pen., Sez. 4^, 17.10.2007, n. 43403 rv. 238321; Sez. 4^, 1.7.2009, n. 37838, rv. 245294).

Il ricorso va pertanto rigettato e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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