T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 05-04-2011, n. 2990 Agricoltura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, gli istanti hanno impugnato, per l’annullamento, le comunicazioni inviate da AGEA nel mese di luglio 2004 ai primi acquirenti (M.&.M. srl, L.S. Scarl, G.V. scarl, Coop P.L.D.S. scarl, C.S.R. scarl, C.D.F.) aventi ad oggetto l’intimazione rivolta ai produttori ricorrenti al pagamento del prelievo supplementare per lo sforamento della "quota latte" (QRI) loro assegnata per l’annata lattiera 2003/2004.

Avverso tali atti e quelli ad essi connessi (in particolare, la circolare AGEA n. 5226 del 19 luglio 2004), i ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi:

1) sussistenza della legittimazione attiva e dell’interesse ad agire in capo ai produttori e conseguente violazione di legge ed eccesso di potere per violazione degli artt. 113 e 24 della Cost..

La circolare AGEA n. 5226 del 19 luglio 2004 prevede che le comunicazioni inviate ai primi acquirenti non devono indicare i rimedi giurisdizionali di opposizione, in ragione del fatto che le ditte acquirenti non hanno interesse alla loro proposizione agendo nella veste di sostituti dei produttori.

Tale indicazione è illegittima in quanto non consente il controllo giurisdizionale sui calcoli dei prelievi supplementari effettuati da AGEA e si pone altresì in contrasto con il diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost.;

2) violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 2, comma 3, del D.L. 24 giugno 2004 n. 157.

L’art. 2, comma 3, del D.L. 24 giugno 2004 n. 157 ha introdotto un nuovo criterio di compensazione che privilegia i produttori che risultano in regola con i versamenti.

È risultato, tuttavia, che tale criterio è stato inteso nel senso che la compensazione deve essere effettuata nei confronti di coloro che hanno comunque operato il versamento, senza cioè tenere conto dell’esistenza di provvedimenti giurisdizionali favorevoli ai ricorrenti (che inibivano il pagamento) ovvero di contratti stipulati tra produttori e primi acquirenti (secondo cui i pagamenti delle consegne sarebbero stati effettuati nel mese di novembre, successivo al termine dell’annata lattiera di riferimento) che rendevano "regolare" la posizione del produttore dinanzi all’AGEA;

3) violazione di legge per vizio derivato dall’incompatibilità dell’art. 2, comma 3, del D.L. 24 giugno 2004 n. 157 con l’art. 9 del Reg. CE n. 1392/2001 del 9 luglio 2001.

Il criterio introdotto dall’art. 2, comma 3, del D.L. 24 giugno 2004 n. 157 risulta incompatibile con la normativa comunitaria che, infatti, non prevede tale modalità preferenziale di compensazione;

4) violazione di legge per vizio derivato dall’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, del D.L. n. 157/2004 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 25 della Cost..

La norma è irragionevole in quanto ingenera disparità di trattamento con coloro che sono legittimati a non versare.

La norma è altresì irragionevole nei casi in cui la responsabilità del mancato versamento non è unicamente imputabile all’acquirente che non procede alla trattenuta ovvero al versamento nei confronti di AGEA. In questo caso, si fanno ricadere sui produttori le inadempienze del primo acquirente.

Altresì, la norma fa ricadere sui produttori non in regola con i versamenti l’accantonamento del 5% di quanto dovuto alla Comunità europea. Ciò costituisce un altro elemento di irragionevolezza della norma di che trattasi;

5) violazione dell’art. 2 del Reg. CE n. 3950/1992; violazione del Reg. CE n. 1256/1999.

Per l’annata 2003/2004, AGEA, nell’effettuazione dei conteggi finali, non ha utilizzato l’intero QGG assegnato all’Italia (pari a 10.298.399 ton.). L’utilizzo del dato relativo all’intera quota nazionale, rispetto agli esuberi registrati (10.686.918,52 ton.), avrebbe comportato un importo del prelievo supplementare più basso di quello risultante dai conteggi finali di AGEA;

6) violazione dell’art. 2, comma 3, del D.L. n. 157 del 2004.

Il calcolo dell’accantonamento del 5% non è corretto in quanto avrebbe dovuto essere calcolato sul residuo risultante all’esito delle restituzioni effettuate in favore di coloro che ne avevano diritto;

7) violazione di legge per vizio derivato dalla violazione dell’art. 7 del Reg. CE n. 1392/2001.

La normativa introdotta dal D.L. n. 49 del 2003 (che prevede l’obbligo di trattenuta e versamento mensile da parte del primo acquirente) è incompatibile con il Reg. CE n. 1392/2001 che, oltre a non prevedere tale scansione temporale, impone che le operazioni di calcolo vengano effettuate al termine dell’annata lattiera;

8) violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

Gli atti impugnati non recano alcuna motivazione e per ciò sono illegittimi in quanto i ricorrenti non hanno alcuna contezza della regolarità delle operazioni effettuate da AGEA per giungere alla richiesta di prelievo supplementare;

9) violazione di legge per vizio derivato; incompatibilità costituzionale dell’art. 2 del DL n. 49/2003 con gli artt. 117, 118 e 136 della Cost..

L’art. 2 del DL n. 49/2003 si limita a prevedere che il QRI assegnato al produttore deve tenere conto della riduzione già prevista dall’art. 2, comma 1, della legge n. 46/1995, norma che è già stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Cost. con sentenza n. 520/1995 per mancanza del parere delle Regioni interessate.

Poiché, per l’annata di che trattasi, sono stati reiterati i tagli della c.d. quota "B" senza l’apporto delle Regioni, anche tale norma (l’art. 2 del DL n. 49/2003) deve ritenersi incompatibile con gli artt. 117 e 118 della Cost.;

10) incompetenza relativa; violazione dell’art. 10 del D.lgs n. 165/1999; illegittimità derivata.

Gli atti impugnati, oltre a non essere sottoscritti da alcuno, non sono stati adottati dall’organo competente di AGEA.

In prossimità della trattazione del merito, i ricorrenti hanno depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo risulta infondato posto che l’invio delle comunicazioni ai primi acquirenti senza l’indicazione delle modalità per ricorrere in sede giurisdizionale non ha, comunque, impedito ai produttori di venire a conoscenza della richiesta di prelievo impugnata e proporre, di conseguenza, ricorso nelle modalità di rito.

2. Il secondo, terzo, quarto e sesto motivo (riguardante il nuovo criterio di compensazione introdotto dall’art. 2, comma 3, del D.L. 24 giugno 2004 n. 157) possono essere trattati congiuntamente in quanto intimamente connessi.

2.1 Le censure sono tuttavia infondate.

Sulla legittimità del nuovo criterio di compensazione introdotto dalla norma citata, la Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi con argomenti da cui non ha motivi per discostarsi (per tutte, TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 3 febbraio 2010, n. 1439 e 16 marzo 2010, n. 4099 nonché Cons. Stato, sez. Sesta, n. 3100/2009 e n. 1632/2009), precisando che la verifica di compatibilità della previsione va fatta con riferimento al Reg. CE n. 1788/2003, applicabile ratione temporis anche all’annata 2003/2004 (cfr, tra le tante, TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 3 febbraio 2010 n. 1439).

2.2 Ed invero, come si è avuto modo di precisare nelle sentenze citate, la compatibilità di tale criterio con la disciplina comunitaria è da verificare sulla base dell’art. 13 del Reg. CE n. 1788/2003, che disciplina appunto gli importi pagati in eccesso o non pagati.

Il primo comma di tale disposizione stabilisce, invero, che qualora, per le consegne o le vendite dirette, il prelievo sia dovuto e il contributo riscosso dai produttori sia superiore al prelievo, gli Stati membri possono: a) destinare in tutto o in parte l’eccedenza riscossa al finanziamento delle misure di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e/o b) ridistribuirlo in tutto o in parte ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro in base a criteri obiettivi.

Solo in caso di prelievo interamente non dovuto, il successivo comma 2 prevede l’incondizionata restituzione degli anticipi riscossi.

Da ciò emerge che, anche se il prelievo non è stato versato dagli acquirenti (e quindi dai produttori), al momento del conteggio finale, l’eventuale prelievo in eccesso (anche se in concreto non ancora corrisposto) è soggetto alla disciplina degli importi pagati in eccesso, potendo quindi non essere imputato al produttore soltanto se ricorrono i suddetti presupposti per la restituzione.

Una diversa interpretazione condurrebbe a privilegiare, o quanto meno a porre sullo stesso piano, chi non versa (direttamente o per il tramite degli acquirenti) gli importi dovuti (anche se in anticipo) rispetto a chi esegue regolarmente i pagamenti.

2.3 Posto quindi che il caso in esame è disciplinato dall’art. 13, comma 1, del Reg. CE n. 1788/2003, si tratta ora di verificare se la contestata disciplina interna sia compatibile con tale disposizione e con le relative norme comunitarie di attuazione.

Il Collegio ritiene che non vi sia alcun contrasto con la disciplina comunitaria.

Il citato art. 13 lascia, invero, agli Stati membri ampi margini di discrezionalità sia con riferimento alla destinazione del prelievo eccedente, che può essere utilizzato anche per finanziare l’indennità da versare per l’abbandono della produzione lattiera, sia con riguardo ai criteri di restituzione.

È alla luce di tale disposizione che va verificato se il criterio costituito dalla preferenza in sede di restituzione per i "produttori in regola con i pagamenti" sia compatibile con la normativa comunitaria.

Il citato art. 13 del Reg. CEE n. 1788/2003 si limita, invero, a fare riferimento a criteri obiettivi che, a loro volta, sono stati specificati dall’art. 16 del Reg. CE n. 595/2004 del 30 marzo 2004 (entrato in vigore il 3 aprile 2004).

La compatibilità va quindi verificata con riferimento al citato art. 16 secondo cui "gli Stati membri determinano le categorie prioritarie di produttori menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1788/2003, fondandosi su uno o più dei seguenti criteri oggettivi: a) il riconoscimento ufficiale, da parte dell’autorità competente dello Stato membro, che la totalità o una parte del prelievo è stata indebitamente imputata; b) l’ubicazione geografica dell’azienda e in primo luogo le zone di montagna ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio; c) la densità massima degli animali nell’azienda, caratterizzante l’estensivazione della produzione zootecnica; d) il superamento del quantitativo di riferimento individuale è inferiore al 5% o a 15.000 kg, se questo valore è quello più basso; e) il quantitativo di riferimento individuale è inferiore al 50% della media nazionale del quantitativo di riferimento individuale; f) altri criteri oggettivi adottati dallo Stato membro previa consultazione della Commissione".

Ciò conferma che gli Stati membri hanno ampia discrezionalità nell’individuare i criteri per le restituzioni, che sono elencati nel predetto art. 16 senza alcun ordine di priorità.

Del resto, nel considerando n. (5) del regolamento, è esplicitata la volontà di lasciare agli Stati membri ampia "flessibilità per la definizione delle categorie prioritarie".

La lettera f), relativa agli altri criteri obiettivi, non assume, quindi, valore sussidiario in caso di residua disponibilità di somme da restituire a seguito dell’utilizzo dei criteri precedenti, ma costituisce una delle possibilità che lo Stato membro può scegliere.

Legittimamente, quindi, lo Stato italiano ha optato per introdurre quale criterio obiettivo quello della preferenza per i "produttori in regola con i pagamenti".

Tale criterio risulta peraltro comunicato alla Commissione, che ne ha anche condiviso la coerenza con il diritto comunitario (vgs nota della Commissione europea dell’8.3.2006 in cui, benché in risposta ad una singola segnalazione, viene esaminata la disciplina italiana introdotta con la legge n. 119/03, che è stata ritenuta "in tutto e per tutto conforme ai regolamenti comunitari").

Si tratta, peraltro, di un criterio ragionevole posto a vantaggio dei produttori che pagano regolarmente il prelievo, evitando di trattare in modo uguale chi non è in regola con i pagamenti.

2.4 Il Collegio, poi, non può fare a meno di osservare come sia ravvisabile una contraddizione nella prospettazione dei ricorrenti i quali, da un lato, invocando la normativa comunitaria, ritengono che la stessa imponga che il prelievo supplementare debba essere equamente ripartito tra tutti i produttori che hanno contribuito allo sforamento e, dall’altro, deducono l’illegittimità del criterio introdotto dall’art. 2, comma 3, del D.L. n. 157/2004.

La contraddizione consiste nel fatto che, proprio attraverso il rispetto delle regole connesse al pagamento del prelievo previste dall’art. 5 del D.L. n. 49/2003 (anche nella forma transitoria di cui all’art. 10, commi 2729), i produttori avrebbero potuto raggiungere l’effetto che hanno sempre auspicato (ovvero che il prelievo supplementare sia equamente ripartito tra tutti i produttori che hanno contribuito allo sforamento) in quanto, versando regolarmente il prelievo, avrebbero tutti potuto usufruire della modalità principale di restituzione introdotta dall’art. 2, comma 3, D.L. n. 157 del 2004.

Ed invero, posto che il prelievo imputato in eccesso deve essere ripartito, in via prioritaria, tra tutti i produttori in regola con i versamenti, è chiaro che usufruirà di tale ripartizione anzitutto colui che si trovi in tale condizione (ovvero in regola con i pagamenti) e soltanto dopo i produttori non in regola con i pagamenti che si trovino nelle condizioni di cui all’art. 9, commi 3 e 4, del D.L. n. 49/2003 (ad esempio, a causa dell’ubicazione dell’azienda in zona di montagna).

2.5 I ricorrenti, altresì, contestano il loro inserimento tra coloro che non sarebbero in regola con i versamenti (così da non fruire del prioritario criterio di compensazione di cui all’art. 2, comma 3, D.L. n. 157 del 2004), pur essendo destinatari di provvedimenti giurisdizionali del giudice ordinario che, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., hanno inibito, in via cautelare, il pagamento del prelievo supplementare relativo all’annata di che trattasi (2003/2004).

Sul punto, va rilevato che i ricorrenti non hanno apportato alcun elemento di conoscenza in ordine ad eventuali decisioni di merito assunte da allora (2004) dal giudice ordinario in quanto, come è chiaro, in caso di pronuncia sfavorevole per gli interessati, la questione sollevata in questa sede perderebbe di rilievo e gli stessi non potrebbero invocare la errata interpretazione dell’art. 2, comma 3, del D.L. n. 157 del 2004.

In caso contrario, invece (ovvero con una pronuncia di merito favorevole per gli interessati), il problema sarebbe risolto in quanto gli interessati, secondo la richiesta avanzata negli atti processuali allegati al ricorso in esame, non sarebbero tenuti a pagare il prelievo supplementare per l’annata lattiera di che trattasi.

In assenza di tali elementi, la censura, per l’assenza di elementi di aggiornamento, va respinta anche perché il sistema introdotto dalla legge n. 119 del 2003 (art. 9) ha previsto un accantonamento del 5% del prelievo nazionale (da svolgere con le modalità previste nella norma da ultimo citata) da destinare ad eventuali restituzioni derivanti dalla soluzione di controversie giurisdizionali.

Né possono essere invocati i contratti stipulati tra produttori e primi acquirenti che procrastinano il regime delle trattenute previste dalla legge n. 119 del 2003 in quanto eventuali accordi tra privati, oltre a non derogare gli obblighi imposti dalla normativa vigente (trattandosi di norme indisponibili), non sono comunque opponibili ad AGEA.

2.6 Sulla ulteriore censura secondo cui sarebbe errato il calcolo dell’accantonamento del 5%, va osservato che AGEA ha fatto corretta applicazione di quanto previsto nel citato art. 2, comma 3, del D.L. n. 157 del 2004 per cui, qualora al termine dell’operazione di restituzione nei confronti di coloro che risultavano in regola con i versamenti, "il restante totale delle imputazioni di prelievo da eseguire risulti superiore al prelievo dovuto all’Unione europea aumentato del 5 per cento, l’AGEA non procede alla richiesta di prelievo imputato in eccesso ai produttori che non hanno ancora eseguito i versamenti mensili, applicando i criteri di priorità previsti dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 9…" (del D.L. n. 49/2003).

La norma applicata da AGEA non risulta pertanto irragionevole né incompatibile con la normativa comunitaria.

3. Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono che AGEA, per l’annata 2003/2004, nell’effettuazione dei conteggi finali, non avrebbe utilizzato l’intero QGG assegnato all’Italia (pari a 10.298.399 ton.), così da provocare un aumento dell’importo di prelievo supplementare richiesto ai produttori.

La censura va dichiarata inammissibile per genericità in quanto i ricorrenti si limitano ad operare un calcolo matematico (tra la QGG nazionale ed il latte prodotto dalle aziende sottoposto al regime delle quote latte) senza chiarire se il quantitativo prodotto si riferisca alle consegne effettive ovvero a quelle "rettificate" (art. 10 del Reg. CE n. 1788/2003 secondo cui vale il dato maggiore tra i due) e se, nel corso dell’annata, siano state registrate mobilità tra la quota "consegne" e le "vendite dirette".

In assenza di un principio di prova da parte dei ricorrenti che avrebbe consentito l’attivazione del potere acquisitivo, il Collegio non può che dichiarare inammissibile la doglianza.

4. Con il settimo motivo, i ricorrenti lamentano che la normativa introdotta dal D.L. n. 49 del 2003 (che prevede l’obbligo di trattenuta e versamento mensile da parte del primo acquirente) sia incompatibile con il Reg. CE n. 1392/2001.

Al riguardo, va anzitutto ribadito, come si è già avuto modo di affermare in precedenza (cfr precedente punto 2.1), che la verifica di compatibilità delle previsioni contenute nel D.L. n. 49 del 2003 va fatta con riferimento al Reg. CE n. 1788/2003, applicabile ratione temporis anche all’annata 2003/2004 (cit. TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 3 febbraio 2010 n. 1439).

Ciò posto, sul punto della compatibilità del nuovo sistema di trattenuta e versamento del prelievo supplementare introdotto dal D.L. n. 49 del 2003, la Sezione ha già avuto modo di esprimersi in senso positivo, con argomenti che ritiene di dover ribadire in questa sede (cfr, TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 10 maggio 2010, n. 10588).

In quella sede, è stato affermato che, (solo) con il Reg. CE n. 1788/2003 e con la legge n. 119/2003, è risultato chiaro l’intento della normativa comunitaria di prevedere la possibilità di effettuare la restituzione di somme riscosse in eccesso in favore di categorie privilegiate.

Al riguardo, si è aggiunto che tale nuova modalità di compensazione e restituzione è stata resa possibile attraverso il nuovo sistema introdotto dal legislatore nazionale che, nel prevedere un sistema di versamento (quasi) immediato del prelievo trattenuto dagli acquirenti alla AGEA, si è conformato a quanto previsto dalla normativa comunitaria che ha voluto rendere effettivo il pagamento del prelievo da parte dei produttori.

8. Con l’ottavo ed il decimo motivo (riguardanti vizi formali della procedura), i ricorrenti lamentano la mancanza di motivazione degli atti impugnati, la mancanza di sottoscrizione e l’incompetenza del soggetto emanante.

Sul punto della mancanza di motivazione, in disparte il dubbio circa l’applicabilità alla fattispecie in esame delle previsioni contenute nella legge n. 241 del 1990, va osservato che il contenuto delle note impugnate costituisce la sintesi (informatizzata) di calcoli matematici, effettuati in applicazione della normativa vigente.

Il richiamo e l’applicazione della normativa vigente, trattandosi di attività vincolata, non necessita della motivazione tipica degli atti discrezionali.

Anche il rilievo secondo cui, nelle note impugnate, mancherebbe l’individuazione del soggetto responsabile ovvero di colui che ha sottoscritto l’atto è privo di fondamento in quanto dall’intestazione degli atti e dall’intera documentazione inviata ai primi acquirenti è facilmente rilevabile l’ente da cui proviene l’atto, il che è sufficiente per escludere la sussistenza dell’omissione rilevata dal ricorrente (per tutte, Cons. St., sez. V, n. 3804/2005).

Ciò è altresì sufficiente per respingere anche la censura di incompetenza dedotta dai ricorrenti.

9. Con il nono motivo, i ricorrenti lamentano che, anche per l’annata di che trattasi, sarebbero stati reiterati i tagli della c.d. quota "B", senza l’apporto delle Regioni (come previsto, a suo tempo, dalla Corte Cost. con sentenza n. 520/1995).

Sul punto, è sufficiente osservare che l’art. 2, comma 2 bis, della legge n. 119 del 2003 prevede che "prima dell’inizio di ogni periodo di commercializzazione le regioni e le province autonome aggiornano e determinano il quantitativo individuale di riferimento di ciascun produttore, iscrivendolo nel registro delle quote…, e ne danno comunicazione all’interessato…", che costituisce attuazione concreta dell’obbligo di coinvolgimento diretto delle Regioni nella fase di assegnazione delle QRI.

10. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

11. Le spese del presente giudizio possono essere compensate tra le parti, attesa la complessità delle questioni affrontate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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