Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14505

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CdA di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva condannato F. M. alla pena di giustizia, avendolo riconosciuto colpevole di furto aggravato in danno di A.S..

Con il ricorso, l’imputato deduce violazione di legge in quanto la sua responsabilità e stata ritenuta sulla base della comparazione di tre frammenti di impronte digitali con le sue impronte esistenti nell’archivio delle FFOO e delle dichiarazioni del teste P. (un poliziotto mai nominato perito) che ha asserito esistere corrispondenza.

Inoltre i giudici del merito non hanno motivato circa le ragioni per le quali la perizia non era necessaria. Ciò è maggiormente significativo in presenza di un preciso orientamento giurisprudenziale che sostiene che gli accertamenti dattiloscopici possono trovare ingresso nel processo solo attraverso perizia o consulenza tecnica.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e merita rigetto.

La comparazione delle impronte prelevate con quelle già in possesso della pg non richiede particolari cognizioni tecnico-scientifiche e si risolve in un mero accertamento di dati obiettivi, ai sensi dell’art. 354 c.p.p., sicchè il suo svolgimento non postula il rispetto delle formalità previste dall’art. 360 c.p.p.. Ne consegue che, qualora colui che abbia svolto attività di comparazione sia sentito in dibattimento e riferisca in ordine alla medesima, il giudice non è tenuto a disporre perizia, potendosi attenere alle emergenze esposte dal dichiarante (ASN 201016959-RV 246872).

L’espletamento della perizia per altro è decisione rimessa unicamente all’apprezzamento del giudice in quanto, per il suo carattere neutro, è sottratta alla disponibilità delle parti.

Essa dunque non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva:

ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionarle ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d).

Naturalmente, secondo la genuina logica del "processo di parti", la difesa dell’imputato ben potrebbe (ben avrebbe potuto, ove lo avesse ritenuto necessario) provvedere a espletare sua consulenza tecnica.

Al rigetto consegue condanna alle spese del grado.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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