T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 05-04-2011, n. 2981 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

muccari, in sostituzione dell’avv. Mazzoncini, per A.;
Svolgimento del processo

Le società ricorrenti hanno partecipato alla procedura aperta (n. 20/2009) indetta da A. s.p.a. da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso avente ad oggetto i lavori di manutenzione straordinaria dei fabbricati e manufatti comunali per il completamento del primo stralcio del cimitero Laurentino.

La gara, bandita nel maggio 2009, è stata aggiudicata in via provvisoria all’ATI costituenda tra le due società ricorrenti, avendo essa presentato l’offerta più conveniente con un ribasso del 56,01% sull’importo posto a base di gara (pari ad euro 4.934.712,20).

La società A., dopo aver richiesto alle ricorrenti in data 1° agosto e 23 ottobre 2009 elementi di giustificazione in ordine alla offerta presentata in sede di gara (fornite dall’ATI costituenda, rispettivamente, in data 6 agosto e 4 novembre 2009), ha poi deciso di revocare l’intera procedura selettiva con determinazione n. 216 del 1° luglio 2010.

Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, hanno proposto impugnativa le società interessate (d’ora in poi, anche ATI C.), chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, e la condanna al risarcimento dei danni per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990 e del principio di partecipazione al procedimento.

Il provvedimento di revoca della gara è illegittimo in quanto è stato adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento, peraltro di natura discrezionale;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; travisamento dei fatti, contraddittorietà e illogicità manifesta; sviamento di potere.

La revoca è stata adottata senza rispettare i presupposti previsti dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, non sussistendo i requisiti ivi previsti ovvero "i sopravvenuti motivi di pubblico interesse", "il mutamento della situazione di fatto" o "la nuova valutazione dell’interesse originario".

Né valgono ragioni di ordine economico posto che le ricorrenti hanno proposto un consistente ribasso sull’importo posto a base d’asta;

3) eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione del principio del legittimo affidamento.

La revoca è stata adottata dopo circa un anno dall’aggiudicazione provvisoria, ledendo altresì l’ingenerato affidamento nella realizzazione delle opere da parte delle ricorrenti;

4) incompetenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 79 del D.lgs n. 163 del 2006; violazione del principio del contrarius actus.

In violazione del principio del contrarius actus, l’atto di revoca non è stato adottato dallo stesso soggetto che ha emanato il bando né sono state rispettate le medesime forme di pubblicità;

5) in subordine, violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, sotto altro profilo.

La società A. non ha neanche previsto l’indennizzo contemplato nell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, a riprova dell’assoluta arbitrarietà della sua azione.

Successivamente, con motivi aggiunti del novembre 2010, l’ATI C. ha impugnato la nota dell’A. del 28 ottobre 2010 (di risposta alla informativa inviata ex art. 243 bis del D.lgs n. 163 del 2006) e la Direttiva n. 11/2009 (recante alcune previsioni di A. in tema di gare pubbliche), chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, e la condanna al risarcimento dei danni per le seguenti ulteriori doglianze:

1) violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990 e del D.lgs n. 163 del 2006; violazione del principio del legittimo affidamento.

La società A. ritiene che, trattandosi di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, non era necessario l’invio di alcuna comunicazione di avvio del procedimento.

Ciò non corrisponde al vero in quanto lo stesso art. 79, comma 5, del D.lgs n. 163 del 2006 prevede che la stazione appaltante debba comunicare la decisione di non aggiudicare un appalto.

Illegittimo è poi il comportamento della società resistente che, oltre a non consentire alle ricorrenti la partecipazione al riesame del procedimento, ha indotto le stesse a fare affidamento sul positivo esito della gara in quanto la procedura si è conclusa nel luglio 2009 mentre la revoca è intervenuta nel luglio 2010;

2) violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta; difetto di motivazione e di istruttoria; violazione del principio di legittimo affidamento e di leale collaborazione; sviamento di potere.

Non sussistono i presupposti per procedere alla revoca della gara. Il primo motivo che emerge dalla determinazione n. 216 del 1° luglio 2010 consiste nel fatto che molte offerte hanno presentato consistenti ribassi rispetto alla base d’asta.

A fronte di ciò, la società resistente ha omesso lo svolgimento di accertamenti di congruità delle offerte né, con riferimento alle ricorrenti, ha svolto la verifica di anomalia, pur avendo richiesto, in due occasioni, elementi di valutazione, puntualmente riscontrati dall’ATI C..

Del resto, le giustificazioni delle ricorrenti sono ampiamente congrue e supportate da idonea documentazione.

Né convincente risulta l’ulteriore riferimento alla Direttiva A. n. 11/2009 (successiva all’indizione della gara in argomento) secondo cui le gare di importo superiore ad euro 100.000,00 avrebbero dovuto essere aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

In disparte il fatto che la Direttiva è stata adottata dopo la pubblicazione del bando di gara n. 20/2009, ciò che rileva è che l’oggetto dei lavori consente l’utilizzo dell’altro criterio (prezzo più basso) in quanto non particolarmente complesso.

In ogni caso, non sussistono i presupposti previsti dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 per l’applicazione dell’istituto della revoca ("i sopravvenuti motivi di pubblico interesse", "il mutamento della situazione di fatto" ovvero "la nuova valutazione dell’interesse originario").

Si è costituita in giudizio la società A. chiedendo il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti perché infondati nel merito.

Con ordinanza n. 5240/2010, è stata respinta la domanda di sospensiva (confermata in appello dal Cons. St., sez. V, ord. n. 991/2011).

Con motivi aggiunti del 5 gennaio 2011, le ricorrenti, in replica alle difese avversarie, hanno ribadito che le ragioni per le quali è stata revocata la gara n. 20/2009 non rispettano i requisiti per l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie (anche di replica), insistendo nelle loro rispettive posizioni.

In particolare, la società A. ha rappresentato di aver indetto, al riguardo, una nuova procedura di gara (pubblicata sulla GURI del 18 febbraio 2011).

Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011, la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. È, anzitutto, necessario precisare quanto segue:

– la gara n. 20/09 avente ad oggetto l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria dei fabbricati e manufatti comunali per il completamento del primo stralcio del cimitero Laurentino (con sistemazione di loculi e tombe private) è stata indetta nel mese di maggio 2009. L’importo a base di gara è stato fissato in euro 4.934.712,20 ed il criterio di aggiudicazione è stato individuato nel prezzo più basso;

– come precisato dalla stessa società A., alla gara hanno partecipato n. 50 imprese: l’ATI C. (aggiudicataria provvisoria nella seduta del 14 luglio 2009) ha offerto un ribasso del 56,01% sull’importo a base d’asta, 18 ditte hanno presentato offerte sospettate di anomalia ed oltre 30 hanno offerto un ribasso superiore al 30%;

– l’ATI ricorrente è stata sottoposta alla procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta, ai sensi degli artt. 87 e 88 del D.lgs n. 163 del 2006, tanto che la società A. ha chiesto, con note del 1° agosto e del 23 ottobre 2009, la presentazione di giustificazioni al ribasso offerto in sede di gara, che l’ATI C. ha fornito con note – rispettivamente – del 6 agosto e del 4 novembre 2009;

– nel frattempo, la società resistente, con Direttiva n. 11 del 18 dicembre 2009, ha disposto che le gare indette da A. di importo superiore a euro 100.000,00 (centomila/00) avrebbero dovuto essere aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;

– con determinazione n. 216 del 1° luglio 2010, la società A. ha revocato l’intera gara n. 20/2009 bandita il 13 maggio 2009 e, di conseguenza, l’aggiudicazione provvisoria in favore dell’ATI C. disposta nella seduta del 14 luglio 2009;

– la predetta revoca del luglio 2010 è stata adottata per due ragioni: la prima individuata negli eccessivi ribassi offerti dai partecipanti alla gara che avrebbero imposto "alla stazione appaltante un prolungato e dettagliato esame…almeno delle prime cinque offerte presentate…" (si ricorda che l’aggiudicataria provvisoria aveva offerto un ribasso del 56,01% sull’importo a base d’asta, 18 ditte avevano presentato offerte sospettate di anomalia ed oltre 30 avevano offerto un ribasso superiore al 30%), mentre la seconda ragione è stata ravvisata nella volontà di indire una nuova procedura di gara coerente con le indicazioni contenute nella predetta Direttiva n. 11 del 18 dicembre 2009 (ovvero l’utilizzo, nelle gare pubbliche, del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non del prezzo più basso);

– in data 18 febbraio 2011, la società resistente ha bandito la nuova gara con oggetto analogo a quella indetta nel maggio 2009 (prezzo a base d’asta di euro 4.794.712,28 ovvero circa 140mila euro in meno della precedente selezione), prevedendo, come criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (70 punti all’offerta tecnica e 30 a quella economica).

2. Ciò premesso, il Collegio, ad un esame più approfondito di quanto consentito in sede cautelare, ritiene che le doglianze rivolte dalle ricorrente nei confronti del provvedimento di revoca della gara n. 20/09 siano fondate.

2.1 Al riguardo, le censure contenute nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti (riguardanti l’assenza, nel caso di specie, dei presupposti previsti dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990) possono essere trattate congiuntamente in quanto connesse e, in ragione della loro fondatezza, hanno carattere assorbente rispetto alle altre doglianze dedotte.

2.2 Sempre, in via preliminare, è poi opportuno chiarire che i motivi aggiunti del gennaio 2011 costituiscono una specificazione delle censure dedotte con le precedenti impugnative (in particolare, con riferimento all’assenza dei presupposti per disporre la revoca della gara n. 20/2009). Pur tuttavia, sebbene nell’epigrafe le ricorrenti dichiarino di impugnare "l’eventuale atto di indizione di una nuova gara", nessuna specifica censura risulta proposta avverso tale provvedimento posto, peraltro, che il relativo bando è stato pubblicato il successivo 18 febbraio 2011.

3. Ciò posto e passando all’esame del merito della controversia, il Collegio è consapevole che la giurisprudenza ha più volte affermato che l’aggiudicazione provvisoria è un atto ad effetti instabili, del tutto interinali, a fronte del quale non possono configurarsi situazioni di vantaggio stabili in capo al beneficiario e che, in attesa dell’aggiudicazione definitiva, non vi è alcuna posizione consolidata dell’impresa concorrente, tanto che l’Amministrazione ha il potere di ritirare l’aggiudicazione provvisoria senza obbligo di particolare motivazione (cfr TAR Lazio, sez. II Ter, n. 10991/2009 e TAR Campania, sez. VIII, n. 10735/2008).

Pur tuttavia, il Collegio, continuando a condividere la predetta posizione della giurisprudenza, è dell’avviso che i predetti principi non siano utili alla soluzione del caso in esame.

Al riguardo, va osservato che, nella fattispecie in esame, la stazione appaltante non ha proceduto alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria bensì ha ritirato, in via di autotutela (invocando cioè l’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990), gli atti di indizione e di svolgimento dell’intera procedura selettiva con conseguente (automatica) caducazione della predetta aggiudicazione in favore dell’ATI C..

Ciò significa che i motivi di interesse pubblico (ovvero la verifica della sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990) per i quali è stato adottato il provvedimento di revoca vanno valutati con riferimento all’assetto di interessi derivanti non dall’aggiudicazione provvisoria bensì dall’intera procedura selettiva, che presuppone quindi un giudizio di non rispondenza dell’oggetto della gara ai bisogni pregressi ovvero (anche) futuri della stazione appaltante.

Ciò posto, la società A., per giustificare la decisione di revocare l’intera gara, si è affidata a due motivi ovvero alle difficoltà ed alle lungaggini causate dal dover sottoporre a verifica di anomalia alcune offerte presentate in sede di gara ed alla necessità di dover seguire la Direttiva n. 11 del dicembre 2009 che impone, ormai, l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle gare di importo superiore a euro 100.000,00.

Con riferimento al primo motivo, non è revocabile in dubbio che lo stesso costituisca una giustificazione riferibile, in particolare, alla fase finale della selezione e non all’intera procedura.

Ciò che si vuole dire è che la stazione appaltante, invocando le difficoltà e le lungaggini causate dal dover sottoporre a verifica di anomalia alcune offerte presentate in sede di gara, ha revocato il bando di gara dando implicitamente per scontato che la procedura di selezione non avesse raggiunto lo scopo (di convenienza e di efficienza, quale sintesi tra le esigenze di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa) per la quale era stata indetta.

Ora, posto che la ragione esplicitata nel primo motivo (ovvero evitare lungaggini nella verifica di anomalia delle offerte) non può essere condivisa in quanto, in questo modo, si ammetterebbe la possibilità di abdicare all’esercizio di funzioni riconosciute dalla normativa ai gestori pubblici per supposte ragioni di carattere temporale, ciò che non può essere altresì ammesso è che tale giudizio è stato dato sulla base di presupposti impliciti e mai verificati nel senso che, nei confronti delle offerte sospettate di anomalia, non è stata svolta alcuna verifica che ne rivelasse, in concreto, la loro insostenibilità e/o inaffidabilità dal punto di vista economico.

Risulta, invero, che la stazione appaltante ha avviato il procedimento di verifica di anomalia nei confronti della prima classificata (l’ATI ricorrente) ma, a fronte di due richieste di chiarimenti puntualmente riscontrate dall’ATI C., non lo ha concluso né ha, quindi, formalmente ritenuto che l’offerta presentata in sede di gara (contenente il ribasso del 56,01%) fosse inaffidabile e quindi incongrua.

Anche la scansione temporale degli eventi non convince della bontà della ragione in esame, manifestata nel provvedimento di revoca della gara n. 20/2009.

Come precisato nel precedente punto 1., la stazione appaltante ha chiesto all’ATI C. le giustificazioni sull’anomalia dell’offerta in data 1° agosto e 23 ottobre 2009, riscontrate dalla parte ricorrente il 6 agosto ed il 4 novembre 2009 (ovvero a distanza di pochi giorni dalle richieste).

A fronte degli elementi forniti dall’ATI C., la società A., con atto interno del 5 marzo 2010, ha avviato la procedura di revoca della gara, poi sancita con determinazione del 1° luglio 2010, ovvero circa 7 mesi dopo l’invio delle ultime giustificazioni da parte dell’ATI C..

In questo arco temporale piuttosto esteso, non risulta che la stazione appaltante abbia preso in considerazione le predette giustificazioni al fine di verificarne l’attendibilità ovvero per ritenerle, ancora una volta, incomplete, assumendo le determinazioni di conseguenza.

Nulla di tutto ciò emerge dagli atti di gara né tantomeno risulta che la procedura di verifica dell’anomalia sia stata avviata nei confronti di altre imprese partecipanti alla selezione.

Da ciò non è dato comprendere come la stazione appaltante abbia tratto la conclusione, seppure in via implicita (nel senso che non è chiaramente esplicitata nel provvedimento di revoca), che la gara non abbia raggiunto il fine per il quale era stata a suo tempo bandita ovvero che le offerte presentate non fossero in grado di garantire serietà ed affidabilità nell’esecuzione dei lavori.

A ciò deve aggiungersi che, sebbene trattasi di una procedura di gara non ancora conclusa (essendo stata adottata la sola aggiudicazione provvisoria), non può non assumere importanza, nella valutazione della legittimità dell’atto di autotutela, il dato temporale nell’adozione delle scelte della stazione appaltante in modo da verificare se ciò abbia inciso sul legittimo affidamento della parte interessata.

Ora, sebbene – come detto – l’aggiudicazione provvisoria sia un atto ad effetti instabili a fronte del quale non possono configurarsi situazioni di vantaggio stabili in capo al beneficiario (cit. TAR Lazio, sez. II Ter, n. 10991/2009), con riferimento al caso di specie, non può non avere rilievo il fatto che il provvedimento di revoca della gara sia intervenuto dopo circa un anno dalla seduta in cui l’ATI C. è stata individuata dalla Commissione come prima classificata della procedura di che trattasi e dopo circa 7 (sette) dall’invio delle ulteriori giustificazioni rese nel subprocedimento (non concluso) di verifica di anomalia avviato il 1° agosto dalla società A..

È chiaro che l’assenza di notizie al riguardo da parte della stazione appaltante, a fronte delle giustificazione rese dall’ATI ricorrente e mai confutate, possa aver ingenerato un affidamento nella positiva conclusione della procedura di verifica della congruità dell’offerta e, quindi, nell’approvazione dell’atto di aggiudicazione definitiva in suo favore.

Concludendo sulla prima ragione che ha portato all’adozione dell’atto di revoca della gara n. 20/2009 (ovvero evitare "un prolungato e dettagliato esame…almeno delle prime cinque offerte presentate…"), riesce difficile ritenere aderente all’interesse pubblico (nel senso richiesto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990) la predetta esigenza rappresentata nel provvedimento di revoca del luglio 2010 anche perché non può non avere rilievo il fatto che l’esigenza di evitare lungaggini nell’espletamento del procedimento di verifica dell’anomalia (oltre a non poter essere escluso a priori che si renda necessario l’avvio anche con riferimento agli esiti della nuova gara bandita nel febbraio 2011) non è stata soddisfatta.

Ed invero, a fronte della gara originaria indetta nel maggio 2009, la situazione che ora si registra è un ritorno al punto di partenza con l’indizione nel febbraio 2011 di una nuova procedura selettiva avente ad oggetto lavori del tutto analoghi (se non identici), prova peraltro del persistente interesse di A. alla realizzazione delle opere di che trattasi.

Se a ciò si aggiunge che, di recente, il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza n. 351/2011 (di rimessione all’Adunanza Plenaria), pur con riferimento al rapporto tra ricorso principale ed incidentale nel rito dei contratti pubblici, ha svolto una approfondita riflessione sul reale interesse (pubblico) sotteso allo svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica che, per la stazione appaltante, coincide con l’esecuzione dell’opera, tanto da ritenerlo prevalente a quello strumentale di rinnovazione totale della gara (nel caso di gare con due concorrenti che hanno proposto, l’uno, ricorso principale avverso l’aggiudicazione e l’altro, incidentale di natura paralizzante), può affermarsi – se tale posizione si consoliderà – che, nel caso di specie, la scelta della società A. si pone in contrasto con l’esigenza (ribadita con l’indizione della nuova gara) di perseguire l’interesse pubblico alla realizzazione dei lavori oggetto della selezione n. 20/09 (ora revocata).

Anche la seconda giustificazione (l’utilizzo, cioè, del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle gare con importo superiore ad euro 100.000,00) non risulta rispettare i requisiti previsti dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

Ora, in disparte il fatto che la Direttiva n. 11 del dicembre 2009 alla quale A. intende conformarsi è stata adottata quando il bando n. 20/09 era già stato pubblicato (maggio 2009) e la gara era già stata aggiudicata in via provvisoria (luglio 2009), ciò che conta è che, anche alla luce di quanto affermato in precedenza, la scelta del criterio di aggiudicazione negli appalti pubblici è ormai rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante (cfr art. 81 del D.lgs n. 163 del 2006).

Lo stesso art. 81, comma 2, del decreto citato prevede, altresì, che le stazioni appaltanti scelgono, tra i due criteri, quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto nel senso che la discrezionalità, sebbene ampia, non è libera ma deve essere esercitata nei limiti della continenza ovvero con riferimento all’oggetto posto in gara.

Nel caso di specie, pur non entrando nella valutazione dell’oggetto del contratto (ovvero la complessità dei lavori e la completezza delle prestazioni richieste nel capitolato speciale), va osservato, con riferimento alla verifica del rispetto dei presupposti previsti per l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, che la stazione appaltante non ha spiegato le ragioni per cui, con riferimento all’oggetto del contratto ed al contenuto della documentazione di gara (in particolare, capitolato speciale ed obblighi contrattuali), il nuovo criterio di aggiudicazione avrebbe garantito un miglior perseguimento degli obiettivi che si era prefissata e, comunque, i motivi per i quali il criterio del prezzo più basso non consente l’efficace (o efficiente) raggiungimento degli scopi predetti.

L’unica ragione che è stata esplicitata è quella di volersi conformare alla nuova Direttiva n. 11 del dicembre 2009, ma null’altro di concreto (ovvero riferito all’oggetto specifico della gara n. 20/2009) viene fornito dalla stazione appaltante che sia compatibile con i requisiti previsti dalla legge per l’applicazione, nel caso di specie, dell’istituto della revoca in autotutela.

4. In conclusione, previo assorbimento delle ulteriori censure dedotte dalle ricorrenti (avente ad oggetto, in particolare, la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca della gara di che trattasi), il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti vanno accolti con conseguente annullamento degli atti impugnati e, specificatamente, individuati nei predetti atti (nel senso chiarito al precedente punto 2.).

La richiesta risarcitoria, pure avanzata dall’ATI C., va invece dichiarata inammissibile in quanto le ricorrenti non hanno dato prova del danno subito (cfr, per tutte, Cons. St., sez. VI, n. 7124/2010).

Va d’altra parte rilevato, in considerazione delle esposte peculiarità del caso concreto, che residuano in capo alla stazione appaltante spazi di discrezionalità che non escludono che, una volta riesercitato il proprio potere in aderenza all’effetto conformativo della presente pronuncia, possa essere riconosciuto alle ricorrenti il bene della vita tanto da ristorare, in forma specifica (come richiesto in via principale dall’ATI C.), il danno lamentato con l’impugnativa in esame (ovvero la mancata aggiudicazione della gara, il cui danno per equivalente è stato genericamente stimato nel 10% del prezzo offerto).

5. Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti, in ragione della complessità delle questione affrontate e dell’esito della fase cautelare, tranne per il contributo unificato che va invece posto a carico della parte soccombente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria proposta dalle ricorrenti.

Spese compensate.

Contributo unificato carico della società A., ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis, del DPR n. 115 del 2002.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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