Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14504 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CdA di Genova, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale D.C. è stato condannato alla pena di giustizia, in quanto riconosciuto colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale con riferimento al fallimento della srl 2 EMME FORNITURE, della quale era amministratore unico.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce mancanza, illogicità e manifesta illogicità della motivazione, anche con riferimento ad atti del procedimento (e segnatamente ai verbali di audizioni testimoniali), atteso che la CdA, da un lato, afferma che il D. era una mera testa di legno, dall’altro, che lo stesso era, sia pure in parte, attivamente coinvolto nella amministrazione della società. Orbene, delle due, l’una: o il predetto era un prestanome e la affermazione di colpevolezza viene fatta in pratica, a titolo di responsabilità oggettiva, oppure egli compiva atti di amministrazione, ma allora viene in rilievo lo scollamento tra il reale contenuto delle dichiarazioni testimoniali e la lettura che ne da la Corte, del tutto incurante delle censure formulate con i motivi di appello.

Deduce inoltre carenze dell’apparato motivazionale in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, avendo erroneamente la CdA ritenuto che la vita anteatta dell’imputato fosse di ostacolo al riconoscimento delle predette attenuanti (ha un precedente per reato depenalizzato e un patteggiamento per furto per un fatto di 15 anni anteriore a quelli per i quali è processo) e avendo del tutto trascurato il suo comportamento collaborativo, sia nell’ambito del procedimento, sia quando egli si rese conto che, a sua insaputa, tutta la merce era scomparsa. Invero, è rimasto accertato che lo stesso, su indicazioni dei Carabinieri, si affrettò a restituire le chiavi del capannone al proprietario dell’immobile.
Motivi della decisione

La dedotta contraddizione della motivazione, con riferimento alla prima censura, non sussiste.

La CdA ha sostenuto che il D. fosse una testa di legno, ma non per questo, un soggetto del tutto ignaro delle attività commerciali e amministrative che si svolgevano all’interno della srl.

A tal proposito i giudici del merito ricordano, tra l’altro, come fosse rimasto accertato che lo stesso, sia pur saltuariamente, era presente in azienda e come si recasse in banca per firmare assegni tratti sul c/c della società, secondo indicazioni che altri (evidentemente l’amministratore di fatto) gli forniva.

Ebbene, quanto alla bancarotta documentale, la giurisprudenza è netta nel ritenere la responsabilità (anche) dell’amministratore di diritto (ASN 200428007-RV 228713), atteso il suo obbligo, diretto e personale, di tenere (in ordine) le scritture; quanto alla bancarotta distrattiva, è noto che (es. ASN 199914745-RV 215199), per quel che riguarda l’elemento soggettivo del reato, si richiede nell’amministratore di diritto, la generica consapevolezza del fatto che l’amministratore effettivo distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa i beni sociali, ovvero espone o riconosce passività inesistenti, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi nei quali l’azione dell’amministratore di fatto si è estrinsecata.

E tale consapevolezza la CdA l’ha desunta, certo non illogicamente, anche dal fatto che il D. ebbe a partecipare in prima persona a talune attività aziendali.

La prima censura quindi è infondata e, sul punto, il ricorso va rigettato.

La seconda, viceversa, va accolta, atteso che la Corte di merito ha, per quel che riguarda il trattamento sanzionatorio, esibito una motivazione priva di specificità e che fa riferimento a dati imprecisamente riferiti.

Come osserva il ricorrente, i precedenti penali dell’imputato non sono tali da poter giustificare, di per sè soli, un giudizio negativo sulla sua vita anteatta (una sentenza di patteggiamento per un furto commesso nel 1999 e una contravvenzione stradale giudicata nel 2004).

Orbene, poichè il diniego di attenuanti generiche è motivato essenzialmente in base alla gravità di tali precedenti, è di tutta evidenza la incongruenza di tal parte dell’apparato giustificativo, anche perchè il ricorrente non si è limitato a una generica doglianza, ma ha (aveva) messo in evidenza quelle che, a suo parere, sembravano essere le circostanze in base alle quali il D. avrebbe potuto meritare un più benevolo trattamento sanzionatorio.

Sul punto, dunque, sì impone annullamento con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della medesima Corte.
P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Genova; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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