T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 902 Concessione per nuove costruzioni modifiche e ristrutturazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con denuncia di inizio attività (DIA) del 12.6.2006, la società C. Srl evidenziava al Comune di Milano l’esecuzione di opere di recupero del sottotetto ai fini abitativi, con modifiche anche ai piani sottostanti, sull’immobile sito in V.D.T., inserito a sua volta in un condominio denominato "Condominio di V.D.T.".

A questo punto, sia il Condominio sia due condomini in proprio, vale a dire le signore F. e L., dopo avere presentato al Comune un esposto, impugnavano con il ricorso principale la citata DIA del 2006, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

1) violazione dell’art. 9 del DM 2.4.1968 n. 1444, nel quale si lamenta che l’edificio realizzato con il recupero del sottotetto sarebbe collocato a distanza inferiore a 10 metri (misura prevista inderogabilmente dal citato art. 9), dagli immobili delle ricorrenti;

2) difformità dal piano territoriale paesistico regionale, approvato con DCR 6.3.2001 n. 43749;

3) violazione dell’art. 23 comma 1 del DPR 380/2001, dell’art. 41 della LR 12/2005 e difetto di legittimazione della società C. Srl alla presentazione della DIA, ove si sostiene che il tetto del fabbricato, asserito di proprietà esclusiva di C., sarebbe in realtà di proprietà comune;

4) violazione dell’art. 23 del DPR 380/2001, difetto di istruttoria e inosservanza dei presupposti di fatto e di diritto;

5) violazione dell’art. 63 della LR 12/2005 e difetto assoluto di motivazione.

Si costituiva in giudizio dapprima il solo il Comune di Milano, concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 16.12.2010, l’avvocato dei ricorrenti chiedeva rinvio della discussione, al fine della proposizione di motivi aggiunti.

Di conseguenza, con atto di motivi aggiunti depositato il 12.1.2011, erano impugnate due DIA in variante – rispettivamente del 25.9.2008 e del 17.3.2009 – oltre al certificato di agibilità dell’11.6.2009.

Nei motivi aggiunti sono sostanzialmente riproposte, sia come vizi autonomi sia in via di illegittimità derivata, le censure contenute nel gravame principale.

In data 11.3.2011, si costituiva in giudizio la controinteressata C. Srl, eccependo l’inammissibilità oltre che l’infondatezza nel merito del gravame.

Alla successiva pubblica udienza del 24.3.2011, il difensore dei ricorrenti eccepiva a sua volta l’inammissibilità della costituzione in giudizio, oltre che della produzione documentale, effettuate dalla controinteressata C. Srl, in quanto tardive.

Le parti discutevano e la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare, occorre affrontare la questione della tardività della costituzione in giudizio di C. Srl, sollevata dalla difesa dei ricorrenti nel corso dell’udienza pubblica del 24.3.2011.

In effetti, la società si è costituita soltanto in data 11.3.2011, quindi ben oltre il termine di legge di cui all’art. 46 del D.Lgs. 104/2010 (codice del processo amministrativo), vale a dire sessanta giorni dal ricevimento del ricorso introduttivo, avvenuto per C. il 22.3.2007, mentre i motivi aggiunti sono stati dalla stessa società ricevuti il 24.12.2010.

Sul punto, reputa però il Collegio che la costituzione tardiva della parte intimata nel processo amministrativo, al pari di quanto concordemente affermato dalla giurisprudenza in vigenza dell’abrogata legge 1034/1971, non dia luogo ad inammissibilità della costituzione medesima, non essendo perentorio il termine previsto dall’art. 46 citato (così come, giova ribadirlo, non era reputato perentorio il termine di costituzione di cui all’abrogato art. 22 della legge 1034/1971).

La conseguenza della costituzione tardiva è semmai l’impossibilità di produrre memorie e documenti, essendo i poteri della parte tardivamente costituita limitati alla sola difesa orale nel corso dell’udienza di discussione (cfr., con riguardo alla pregressa disciplina, TAR Calabria, Catanzaro, 3.4.1998, n. 252 e TAR L.a, Milano, sez. IV, 20.9.2005, n. 3675, con la giurisprudenza ivi richiamata).

Secondo lo scrivente Tribunale, dunque, le conclusioni alle quali era giunta la giurisprudenza formatasi sulla legge 1034/1971 conservano validità anche in presenza del D.Lgs. 104/2010, sia perché la formulazione dell’art. 46 ricalca sostanzialmente quella dell’abrogato art. 22 della legge 1034/1971 sia perché, anche alla luce della nuova disciplina codicistica, non pare mutata la "ratio" ispiratrice dell’orientamento giurisprudenziale sopra indicato.

In conclusione, non può reputarsi inammissibile la costituzione di C. Srl, mentre appaiono sicuramente tardive – sicché non possono essere prese in esame dal Collegio ai fini della decisione – le argomentazioni difensive svolte dalla società nella memoria dell’11.3.2011, oltre al documento depositato unitamente a quest’ultima.

Il deposito è infatti avvenuto in palese violazione dei termini di cui all’art. 73 del D.Lgs. 104/2010, addirittura dopo la scadenza del termine di venti giorni per il deposito delle memorie di replica.

Con riguardo poi alla questione, sollevata nel corso della discussione orale all’udienza, della presunta invalidità della delibera assembleare condominiale del 13.2.2007 e della connessa inefficacia della procura alle liti sottoscritta dall’Amministratore del Condominio, rileva il Collegio come tale questione risulti irrilevante ai fini della decisione del merito del gravame, visto che il ricorso è stato proposto non solo dal Condominio, ma anche da due condomini in proprio, per i quali non si pone certamente alcun problema né di legittimazione o interesse ad agire né di invalidità del mandato difensivo.

Le problematiche inerenti la posizione del Condominio rilevano, semmai, ai fini della decisione sulle spese di causa.

E’ quindi possibile procedere all’esame del merito della controversia.

2. Nel primo mezzo di gravame, è denunciata la violazione dell’art. 9 del DM 1444/1968, che prescrive, per i nuovi edifici ricadenti in zone diverse da quella A (centro storico), una distanza minima assoluta di dieci metri fra le pareti finestrate e quelle di edifici antistanti.

Il motivo n. 1 può essere trattato congiuntamente a quello n. 4, nel quale è evidenziato il difetto di istruttoria dell’Amministrazione comunale, i cui uffici tecnici non avrebbero rilevato la citata violazione della normativa inderogabile sulle distanze.

Le censure meritano accoglimento, per le ragioni che seguono.

In primo luogo, appare provata per tabulas (oltre a non essere neppure smentita dalla difesa del Comune), la circostanza che il locale derivante dal recupero del sottotetto si trova ad una distanza inferiore a 10 metri sia rispetto all’edificio di proprietà della signora L. (contraddistinto catastalmente al mappale 185, cfr. doc. 2 dei ricorrenti), sia con riguardo a quello di proprietà F. (contraddistinto al mappale 322, cfr. doc. 3 dei ricorrenti).

La misura delle distanze, inferiore a 10 metri, risulta in primo luogo dalla relazione tecnica di parte ricorrente, redatta dall’arch. Vaticano (cfr. doc. 15 dei ricorrenti, dal quale si desume come il nuovo locale realizzato da C. ha cagionato alle esponenti un notevole occultamento della visuale) ed anche dalla documentazione fotografica versata in atti dagli esponenti il 3.11.2010.

Gli stessi uffici comunali, nel corso dell’istruttoria tecnica condotta dopo la presentazione della DIA principale e di quelle in variante, non hanno dapprima neppure proceduto alla valutazione della distanza fra le pareti finestrate (cfr. docc. 6, 8 e 10 del resistente, punto 3.5 della scheda) e solo successivamente, visto l’esposto presentato dalla signora F. (cfr. doc. 11 del resistente), hanno individuato una distanza ben inferiore a 10 metri (cfr. doc. 12 del resistente, ove si accerta una distanza inferiore addirittura a tre metri).

La difesa del Comune di Milano, dal canto suo, nella propria memoria del 15.11.2010, non contesta il dato numerico sulle distanze, limitandosi a sostenere che l’art. 9 citato non sarebbe applicabile nel caso di specie, in quanto i fabbricati delle due ricorrenti e della controinteressata sarebbero inseriti in un solo condominio di edifici.

La tesi difensiva dell’Amministrazione non può trovare accoglimento.

Infatti, le porzioni di edificio risultanti dal recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti devono considerarsi, ai fini del rispetto del citato art. 9, quali nuove costruzioni, con la conseguenza che dovranno necessariamente essere collocate ad almeno 10 metri dalla parete dell’edificio antistante.

Questa conclusione si fonda sull’indirizzo giurisprudenziale pacifico, costantemente seguito da questa Sezione e confermato costantemente dal Consiglio di Stato (cfr. TAR L.a, Milano, sez. II, 26.4.2007, n. 1991; 26.7.2010, n. 3262; 10.12.2010, n. 7511; 28.1.2011, n. 264; Consiglio di Stato, sez. V, 2.11.2010, n. 7731; TAR Liguria, sez. I, 3.11.2010, n. 10243 e TAR L.a, Brescia, sez. I, 27.8.2010, n. 3240), secondo cui l’art. 9 menzionato è norma di ordine pubblico, insuscettibile di deroga negli strumenti urbanistici e nei regolamenti locali (salvo peculiari eccezioni, non riscontrabili però nel caso di specie), volta ad impedire la realizzazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico, sicché deve essere rispettata anche in caso di sopraelevazioni o di recupero di sottotetti (si veda anche, con specifico riguardo alla Regione L.a, l’art. 103 comma 1bis della legge regionale 12/2005, per il quale: "Ai fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (…), fatto salvo, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri, derogabile all’interno di piani attuativi").

La circostanza che gli edifici delle ricorrenti e quello oggetto dell’intervento di recupero siano tutte inserite nel medesimo condominio appare assolutamente irrilevante, tenuto conto della finalità della citata norma del DM 1444/1968, finalità di stampo pubblicistico che non può certo essere derogata per il solo fatto che esistono porzioni immobiliari comuni ai tre edifici, tali da realizzare un condominio.

Ciò premesso, sono evidenti sia l’inosservanza dell’art. 9 sopra richiamato, sia il difetto di istruttoria in cui è incorsa l’Amministrazione resistente.

L’accoglimento dei motivi sopra indicati relativi alla violazione dell’art. 9 del DM 1444/1968 ha carattere assorbente rispetto alle altre censure, in particolare rispetto a quelle relative all’inosservanza dell’art. 63 della LR 12/2005 ed alla presunta proprietà comune – e non individuale – del tetto dell’immobile oggetto dell’intervento di recupero.

Non appare, infatti, possibile procedere in ogni caso al recupero del sottotetto, ostandovi la previsione inderogabile del citato art. 9 sulla distanza minima fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

3. Il ricorso per motivi aggiunti deve trovare anch’esso accoglimento, in relazione alla censura di illegittimità derivata da quella dell’atto gravato con il ricorso principale.

La declaratoria di illegittimità della DIA del 2006 implica – infatti – la conseguente illegittimità delle due successive DIA in variante e del certificato di agibilità dell’immobile.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a favore delle signore F. e L., mentre sussistono giuste ragioni per compensarle nei confronti del Condominio, come già sopra evidenziato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la L.a (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Milano e C. Srl al pagamento delle spese di causa a favore delle signore F. e L., che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA) a carico del Comune ed euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA), a carico di C. Srl.

Compensa le spese nei confronti del Condominio di Via della Torre 34.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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