Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14498 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.E. assunse – dal 28.5.1996 – la carica formale di amministratore di GIUBRA MOBILI Srl di poi fallita in data (OMISSIS), succedendo a B.M. (che ha definito la sua posizione a seguito di patteggiamento). Poichè di momento della gestione dell’attuale prevenuto la società risultò insolvente e la curatela fallimentare nulla reperì del patrimonio, della cui esistenza e disponibilità all’ente fallito è prova certa, nè si è rinvenuta traccia della contabilità, il predetto fu evocato in giudizio per bancarotta fraudolenta impropria, patrimoniale e documentale, accusa che portò alla condanna ad opera del tribunale di Urbino in data 16.4.2003, confermata il 2.2.2010 dalla Corte d’appello di Ancona.

Il ricorso interposto dalla difesa del P. allega a sua sostegno:

– la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la decisione dei giudici di seconde cure non considerano il ruolo del B., socio di maggioranza, esperto nel settore commerciale e presente nella gestione anche dopo il recesso dalla carica gestoria, per il quale è stata raggiuntala prova testimoniale di comportamenti sistematicamente distrattivi;

– l’erronea applicazione della legge penale nell’avere omesso di qualificare la condotta come bancarotta preferenziale, poichè la merce sottratta dal P. andava a compensare le sue prestazioni lavorative nella società, per le quali mai aveva ricevuto compenso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato ed al suo rigetto segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

La motivazione impugnata è esente da censure: essa ascrive la responsabilità dell’occorso al P., rammentando l’assunzione della penale responsabilità con l’accettazione della carica formale di amministratore della società, posizione di garanzia che lo obbligava alla conservazione del patrimonio nell’interesse delle aspettative dei creditori.

Ricorda che il ruolo del prevenuto non fu del tutto passivo sicchè la sua presenza percepiva chiaramente la condotta di fraudolenza del coimputato. La compresenza del socio e concorrente nel reato in nulla limita la personale colpevolezza dell’amministratore formale.

Ma i giudici di appello hanno decisivamente sottolineato, infine, la sua diretta partecipazione ai comportamenti predativi avendo prelevato "grandi quantità di merce della cui destinazione non ha voluto fornire alcuna giustificazione".

L’argomentazione motivazionale è esauriente, aderente al dettato normativo e logica.

Manifestamente infondato è il tentativo di ricondurre l’azione di fraudolenza al paradigma della preferenzialità: sia l’assoluta carenza di contabilità sia la mancata dimostrazione dell’imputato al riguardo impediscono di dimostrare l’esistenza e l’ammontare del preteso credito del P. verso la società, sicchè è impossibile riconoscere la compensazione affacciata dalla difesa.

D’altra parte lo steso comatoso dell’organismo al momento dei prelievi (il cui ammontare non è noto) sia la modalità compensativa (in natura e senza traccia documentativi dell’ammontare dei prelievi) escludono recisamente la proponibilità di siffatta lettura difensiva della condotta incriminata.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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