Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14405

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di A.A. propone ricorso avverso la sentenza del 20/4/2010 con la quale la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sua condanna per il reato di cui all’art. 336 c.p. consumato ai danni della guardia giurata addetta, presso l’ospedale del luogo, al controllo dell’accesso dei visitatori.

2. Con il primo motivo si eccepisce nullità della sentenza impugnata per omessa notifica del decreto di citazione in appello all’imputato, e violazione di legge, in quanto la notifica all’interessato era stata prima tentata al vecchio indirizzo, malgrado risultasse indicato un nuovo recapito già nel corso del giudizio di secondo grado, e successivamente eseguita nelle mani del difensore ex art. 161 c.p.p., comma 4, pur non essendo stata preceduta da un effettivo accertamento dell’ufficiale giudiziario sull’impossibilità di utilizzare il nuovo indirizzo fornito.

3. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 358 c.p. essendosi giunti al riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio alla guardia giurata cui erano demandati compiti di controllo sulle persone che accedevano alla struttura ospedaliera, al di là dell’ambito di tali competenze, come definite dall’atto normativo che a tale attività si riferisce, che sono limitate alla tutela del patrimonio, mobiliare ed immobiliare, dell’ente datore di lavoro. Si richiama la limitazione contenuta nel R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 134, comma 4 (T.U.L.P.S.), che espressamente esclude la possibilità di concessione prefettizia per legittimare operazioni che comportino l’esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale, per giungere a qualificare inapplicabile la disciplina sanzionatoria nel caso, quale quello in esame, in cui la parte lesa aveva precluso l’accesso alla struttura, finalizzato a visitare un paziente ivi ricoverato.

Si ritiene inoltre che la norma incriminatrice preveda quale elemento costitutivo una condotta prevaricatrice volta ad imporre il compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio, mentre nella specie la condotta era volta ad indurre la parte lesa a non adempiere agli obblighi privati assunti con il datore di lavoro.

Si ritiene conseguentemente che i fatti addebitati debbano qualificarsi come minaccia, imponendosi per l’effetto la dichiarazione di improcedibilità dell’azione per mancanza di querela.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato nel merito. Quanto all’eccezione procedurale si rileva che, trattandosi di eccezione riguardante la notifica dell’atto di citazione, l’irregolarità doveva essere rilevata dal difensore alla prima udienza utile, mentre il difensore di fiducia, cui era stato comunicato il decreto, in applicazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4 nulla eccepì a riguardo, realizzando una sanatoria dell’irregolarità; nel caso in esame infatti non vi è stata omessa citazione, fattispecie che ricade nella previsione di nullità assoluta di cui all’art. 179 c.p.p. ma irregolarità della notifica, pacificamente ritenuta sanabile ove non abbia prodotto assoluta impossibilità di conoscenza da parte dell’interessato, come non risulta avvenuto nel caso di specie, ove la comunicazione è giunta al difensore di fiducia, con il quale non è stata neppure dedotta l’assenza di contatti, e l’irregolarità non è stata non eccepita nei termini indicati (sez. U del 24/10/2004, dep. 7 gennaio 2005 n. 119, imp. Palumbo, Rv. 229539 e da ultimo, nello stesso senso, Sez. 3, n. 20349 del 16/03/2010, dep. 28/05/2010, imp. Catania Rv. 247109).

2. Analogamente infondato è il rilievo di violazione di legge riguardante la norma incriminatrice, poichè, sulla base della ricostruzione dei fatti contenuta in sentenza, risulta correttamente inquadrata la fattispecie concreta nella norma contestata. L’odierno ricorrente, si contrappose con minaccia alla guardia giurata parte lesa, che cercava di impedirgli l’accesso in ospedale fuori dall’orario di visita; ciò evidenzia il corretto inquadramento della specifica funzione svolta dalla guardia giurata nell’attività di incaricato di pubblico servizio, essendo il suo intervento finalizzato ad evitare che terzi potessero introdursi in un edificio pubblico, al di fuori dell’orario consentito, potenzialmente sottraendosi al controllo attivato solo in tale fascia oraria. La funzione svolta dall’incaricato era quindi proprio quella tipica della tutela della proprietà mobiliare e immobiliare dell’ente committente, che pacificamente permette di qualificare l’attività in esame quale esercizio di incaricato di pubblico servizio (come affermato, in fattispecie identica da Sez. 6, n. 3224 del 18/02/1992, dep. 21/03/1992, Parisi Rv. 190013), qualificazione che consente di concludere per il corretto inquadramento giuridico della minaccia realizzata, al fine di impedire all’incaricato lo svolgimento della sua attività, nel reato di cui all’art. 336 c.p. (Sez. 1, n. 8532 del 24/06/1996, dep. 19/09/1996, Montescuro, Rv. 205627).

3. Esclusa, per le motivazioni esposte, la possibilità di annullamento della sentenza di condanna per insussistenza del reato, deve però rilevarsi che dalla commissione dei fatti risulta decorso il termine massimo di prescrizione, che, maturato nel gennaio 2010, potrebbe al più collocarsi dieci mesi più tardi per effetto dei rinvii disposti su istanza di parte, e delle conseguenti sospensioni del termine, circostanza che non esclude in ogni caso l’intervento della causa estintiva nel novembre dello stesso anno.

A ciò consegue l’accertamento della prescrizione del reato, e per l’effetto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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