Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14403

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di F.R. propone ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano il 19/12/2008 ha confermato la sua condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

2. Con il primo motivo lamenta violazione delle legge penale e processuale, nonchè mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nella parte in cui la pronuncia ha respinto l’eccezione relativa a difetto di procedibilità per mancanza di querela. La Corte ha esaminato un motivo di appello in argomento, contrastando l’assunto secondo cui essendo l’atto qualificato esposto, questo potesse essere valutato come querela, omettendo qualsiasi argomentazione in ordine agli ulteriori rilievi, costituiti dall’assenza nell’atto di una richiesta di punizione, nonchè dalla mancanza delle ulteriori riserve solitamente esplicative della volontà di punizione, quale la richiesta di essere avvisata in caso di archiviazione, il proposito di opporsi all’emissione del decreto penale di condanna, o la riserva di costituirsi parte civile.

3. Con il secondo motivo si reitera il richiamo al vizio di ultrapetizione sulla domanda civile, respinto dalla Corte valorizzando le conclusioni della parte civile, non le richieste contenute nell’atto introduttivo, che facevano esclusivo riferimento alla volontà di ottenere il pagamento delle somme spettanti al minore per il suo mantenimento, ritenendo per questo integrata la violazione di legge di cui all’art. 522 c.p.p. e art. 112 c.p.c. e realizzata nell’ampliamento della richiesta formulata solo in sede di proposizione delle conclusioni una mutatio libelli non consentita.

4. Con il terzo motivo si eccepisce violazione di legge, nonchè omessa o contraddittoria motivazione, non essendo stato accertato lo stato di bisogno del beneficiario dell’assegno, presupposto del reato contestato, facendo, da un canto, riferimento la situazione di fatto vissuta dalla moglie, convivente di persona benestante, dall’altro alla sua impossidenza, collegata oltre che alla mancanza di lavoro, al carico di un nuovo nucleo familiare.

5. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e omessa motivazione riguardo il motivo d’appello attinente la determinazione della pena, lamentando che entrambe le pronunce di merito non avessero speso alcun argomento per giustificare una determinazione della sanzione prossima al massimo edittale, senza tenere conto degli elementi di fatto, che si valorizzavano, che giustificavano il contenimento della sanzione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato solo limitatamente al motivo riguardante la pena. In relazione al primo motivo si rileva che, a parte ogni considerazione sulla procedibilità di ufficio del reato riguardo all’azione commessa in danno del minore, in ogni caso è pacifico che la proposizione della querela non richieda l’uso di formule specifiche ed indefettibili, essendo sufficiente a tal fine che possa dal comportamento della parte ricavarsi la volontà di chiedere la punizione del responsabile (Sez. 5, n. 10543 del 24/01/2001, dep. dep. 15/03/2001, imp. Altomare, Rv. 218329).

Nello specifico deve rilevarsi che l’individuazione dell’autorità ove l’esposto fu presentato denota volontà di agire penalmente, essendo ben difficile ipotizzare che l’agente, rivolgendosi alla Procura della Repubblica avesse di mira finalità diverse dalla sollecitazione all’esercizio dell’azione penale, poichè solo tale funzione è demandata agli uffici indicati.

A conferma di tale chiave di lettura deve richiamarsi il testo dell’esposto ove si chiede all’autorità in indirizzo, che "ravvisati nel comportamento del F….estremi di reato, ed effettuati opportuni accertamenti" disponesse in merito, adottando i provvedimenti opportuni, che non possono che identificarsi con l’esercizio dell’azione penale. Le riferite considerazioni, già fatte proprie dai giudici di merito, forniscono dimostrazione dell’infondatezza del ricorso sul punto, che non può essere superata, nel senso voluto dal ricorrente, dalla richiamata mancanza nell’atto della richiesta di avviso in caso di archiviazione, e delle altre istanze indicate in ricorso, non foss’altro che per la natura eventuale di tali previsioni, che non consente di attribuire a tali richieste possano assumere funzione di necessario indicatore della volontà di punizione.

2. Anche il secondo motivo, attinente il capo civile della pronuncia, è infondato, poichè nella costituzione di parte civile L. G. si qualificò parte offesa in proprio e, pur facendo riferimento alle somme relative al mantenimento del minore, indicò lo scopo della costituzione di parte civile nella necessità di ottenere "l’integrale risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti dalla persona offesa, nella misura che sarà indicata in giudizio," con dizione talmente ampia ed omnicomprensiva da consentire la precisazione delle richieste quantitative nei termini operati in sede di presentazione delle conclusioni ed accolti dal giudice, senza incorrere nel lamentato vizio di ultrapetizione.

3. Quanto all’ampiezza della norma incriminatrice, la cui sussistenza nella specie è contestata con il terzo motivo essa è volta a sanzionare gli obblighi giuridici derivanti al vincolo parentale previsti dalla legge civile, e prescinde del tutto dalla permanenza dello stato di bisogno del creditore, quando il superamento di tale stato sia realizzato a causa di intervento occasionale di terzi, o, con riferimento al minore, all’intervento del singolo genitore (Sez. 6, n. 14906 del 03/02/2010, dep. 19/04/2010, Rv. 247022). La sanzionabilità dell’inadempimento è posta a garanzia della tutela del soddisfacimento dei bisogni del creditore e nella specie, quanto al figlio minore, deve presumersi, mentre quanto alla moglie, adeguatamente motivata con richiamo alla certificata assenza di una attività di lavoro proprio, che l’ha indotta in un primo periodo a far ricorso all’aiuto economico dei genitori, e solo successivamente a superare tale bisogno con l’assistenza di un convivente.

Costituisce dato del tutto acquisito in giurisprudenza (Sez. 6, n. 10085 del 15/02/2005, dep. 15/03/2005, imp. Pegno Rv. 231453) che l’obbligato possa andare esente dalle conseguenze penali solo ove dimostri l’assoluta impossibilità di adempiere non riconducibile a sua colpa, poichè ai fini della scriminante dello stato di bisogno incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi indicativi della impossibilità di adempiere, situazione di fatto non verificatasi nella specie, ove sono stati allegati brevi periodi di disoccupazione, oltre che la costituzione di un nuovo nucleo familiare, circostanza quest’ultima che, se riduceva la capacità di contribuzione, risulta per contro antitetica rispetto alla pretesa assoluta impossibilità di adempiere, come già rilevato dai giudici di merito, con motivazione esaustiva, completa e non contraddittoria.

4. Fondato risulta invece il motivo riguardante la pena, poichè, a fronte di specifiche doglianze contenute in argomento nell’atto d’appello il giudice di merito ha omesso di valutare gli elementi di fatto che, sulla base della prospettazione contenuta, avrebbero dovuto legittimare la richiesta di contenere la sanzione nel minimo di legge.

Su tale capo della pronuncia deve quindi disporsi l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione del medesimo ufficio, per nuova determinazione sul punto, disponendosi il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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