Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-03-2011) 11-04-2011, n. 14402

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di S.M., Sc.Ma. e C. A. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – del 25/9/2009 che ha confermato la loro condanna per il delitto di falsa testimonianza.

Si denuncia nel ricorso violazione di legge per erronea applicazione della norma penale, evidenziando che nell’appello era stata contestata l’attendibilità del teste, parte civile, sulle cui dichiarazioni era fondato l’accertamento di falsità delle affermazioni degli odierni ricorrenti, mentre il giudice del gravame aveva del tutto disatteso tale argomentazione.

Si lamenta inoltre che la falsità delle dichiarazioni sia stata tratta dalle difformi affermazioni rese dai testi nelle due occasioni nelle quali erano stati sentiti durante il giudizio possessorio, senza argomentare nulla di specifico riguardo la posizione di Sc. il quale, diversamente dagli altri due, era stato escusso in unica occasione.

In ogni caso si rileva che anche nella prima occasione gli altri due imputati avevano fatto riferimento al permanere delle chiavi della casa rurale nel possesso del venditore come ad un evento temporaneo, legato ad esigenze contingenti, dal che non poteva desumersi la falsità delle dichiarazioni svolte in seguito sulla consegna del bene eseguita all’altra parte in concomitanza con l’atto di vendita, come da tale atto attestato.

Si conclude osservando che l’omessa indagine da parte del giudice adito dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte civile, si esaurisce in un giudizio tautologico, che non può porsi a base della decisione, richiedendo pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

1. Il proposto ricorso non ha fondamento.

2. Quanto al primo motivo esso è fondato su una circostanza di fatto non aderente al reale in quanto, come si ricava agevolmente dal percorso motivazionale della pronuncia, ed indirettamente dalla stessa espressione del secondo rilievo contenuto in ricorso, riscontro fondante delle dichiarazioni della parte civile è stato rinvenuto dal giudice d’appello proprio nelle dichiarazioni rese in precedenza dai ricorrenti S. e C..

Essi, sentiti quali informatori nel corso del giudizio possessorio instaurato in precedenza dall’odierna parte civile, avevano affermato che le chiavi dell’immobile oggetto di contesa erano rimaste nel possesso del venditore, sia pure per far fronte ad esigenze transitorie. Ne segue che quando, nel giudizio possessorio instaurato ad altri fini dal loro datore di lavoro, hanno ricostruito un episodio, a loro dire svoltosi a marzo del 2000, nel corso del quale questi aveva riconsegnato le chiavi dell’immobile al venditore per consentirgli di rimuovere le masserizie, hanno affermato circostanza non veritiera, non essendo stato prospettato neppure dagli imputati che tra i due episodi fosse intervenuta l’effettiva riconsegna delle chiavi, anche perchè l’annosa controversia tra le parti nei giudizi possessori instaurati medio tempore, verteva proprio su tale oggetto.

Se ne deve trarre che la ricostruzione del giudice d’appello non sia fondata solo su quanto riferito dalla parte civile, smentendo quindi la fondatezza del primo motivo di ricorso, non potendosi riscontrare conseguentemente la denunciata violazione di legge.

Per completezza si rileva che il motivo in esame dovrebbe essere valutato inammissibile ex art. 606 c.p.p., comma 3 in quanto in realtà nell’atto di appello quel che si contestava in ordine alla veridicità di quanto ricostruito dalla parte civile D. non era la rispondenza ai fatti, ma il contrasto di tali fatti con il contenuto dell’atto di acquisto, che è deduzione del tutto diversa rispetto a quella su cui si assume mancante la motivazione della Corte, e relativa alla credibilità attribuita la ricostruzione fornita dal teste nel corso del giudizio.

2. In ordine al secondo punto di doglianza, svolto sulla base dell’accertamento di inattendibilità delle seconde dichiarazioni, è del tutto irrilevante la circostanza di fatto che Sc.Ma., figlio dell’acquirente dell’immobile oggetto della contesa, non avesse assunto il ruolo di informatore nel corso del primo giudizio possessorio, poichè la contestazione di falsità oggetto del presente giudizio, attiene la seconda ricostruzione fornita, la cui inattendibilità è stata accertata sulla base di quanto ricostruito, ed alla sua falsa prospettazione ha contribuito anche l’imputato Sc..

3. Da ultimo si rileva che la riduttiva analisi contenuta in ricorso circa l’ambito della deposizione resa, che si vuole circoscritta alla qualificazione come temporaneo del possesso delle chiavi dell’immobile da parte di D., è del tutto eccentrica rispetto alla contestazione, che, come si ricava chiaramente dal capo di imputazione, riguarda la ricostruzione di un episodio del tutto inesistente, nel corso del quale sarebbe stata operata tale consegna temporanea, e che era stata svolta nei termini riferiti proprio per offrire al giudice un contesto di lettura dei rapporti tra le parti apparentemente conforme alle risultanze dell’atto pubblico, ma di fatto, per quanto emerso sulla base delle informazioni rese in precedenza dagli imputati S. e C., inesistente.

4. L’assenza dei vizi lamentati conduce al rigetto del ricorso, ed alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del grado in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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