Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-04-2011, n. 14401 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Firenze con sentenza del 07/02/2008 ha confermato l’affermazione di responsabilità di P.E. e B.M. per reati attinenti lo spaccio di stupefacenti, ritenendo per il secondo l’applicabilità del comma 5 della norma incriminatrice, con riferimento ai minimi quantitativi trattati;

inoltre, accogliendo il ricorso del P.m. sul punto, ha condannato K.J. per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5. 2. Propone ricorso P.E. ed eccepisce mancanza e manifesta illogicità della motivazione, che si assume fondata esclusivamente sull’interpretazione di conversazioni telefoniche intercettate su utenze di persone diverse dall’imputato, le quali che hanno fornito giustificazioni di tali conversazioni prive di aderenza al reale, e non confortate da captazioni sulla linea dell’interessato.

Si ritiene inoltre che la sentenza sia priva di ogni spiegazione riguardo il rigetto della richiesta di applicazione del comma 5 della norma incriminatrice e del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. nonchè circa l’indefettibilità del provvedimento di espulsione a pena espiata, che risulta disposto in assenza del necessario accertamento di pericolosità. 2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di norma processuale, poichè alle intercettazioni si è proceduto sulla base di fonti confidenziali, violando il principio di inutilizzabilità dell’atto anonimo quale mezzo di ricerca della prova.

3. La difesa di K.J. eccepisce mancanza e manifesta illogicità della motivazione osservando che all’identificazione del prevenuto si è giunti a seguito di controllo telefonico in ordine ad un appuntamento fissato tra il fornitore di stupefacente e tale S., identificabile in una sua precedente fidanzata, con la quale egli dichiarava di non vivere più, ed a cui aveva lasciato in uso la sua utenza telefonica. Riteneva quindi che l’identificazione nella sua persona dell’interlocutore interessato all’acquisto ed indicato nelle telefonate come M. fosse pretestuosa, come avvalorato dalla circostanza che il venditore aveva negato di aver avuto contatti con esso ricorrente e confermato dalle risultanze della consulenza tecnica di parte che aveva concluso, sulla base di un saggio fonico dell’odierno ricorrente, che questi non poteva essere identificato con il M. in quanto si esprimeva in dialetto marocchino e non in quello tunisino, come i due interlocutori delle conversazioni, valorizzando la circostanza che sulla base di tale risultanza egli era stato prosciolto dal Gup. La Corte ha invece pronunciato condanna sulla base della relazione di servizio nella quale gli agenti hanno dichiarato di aveva visto il prevenuto con S. al momento dell’incontro con il venditore, ravvisando in tale argomentazione travisamento del fatto poichè nella richiamata relazione di servizio, si da atto che K. è presente, unitamente a tale M., che si indica come persona non meglio identificata.

Si assume quindi presente un’erronea interpretazione dell’atto, ove si riferisce l’intervenuto riconoscimento del ricorrente, attinente alla sua persona, non alla sua voce. Anche la consulenza era stata valutata, in maniera frettolosa ed irragionevole come inattendibile.

Si rileva inoltre illogicità nella valutazione degli indizi, osservando che, pur ammettendo che K. si identificasse con M., posto che il telefono usato era quello utilizzato da S., il dato non poteva produrre prova di responsabilità, poichè nella circostanza non c’era stato scambio di droga.

Si assume assente la valutazione comparativa delle risultanze, tra le quali le dichiarazioni di estraneità del ricorrente fornite dal coimputato, e le conclusioni peritali, che andavano comparate con gli elementi di carico.

Si chiede conseguentemente l’annullamento della sentenza impugnata.

4. Con il ricorso della difesa di B.M. si lamenta manifesta illogicità della motivazione richiamando in fatto l’assunto secondo cui, quando il ricorrente richiedeva 50 all’interlocutore si riferiva ad Euro 50 di merce e non a grammi della sostanza, contestando le difformi valutazioni della Corte che, facendo leva sul riferimento al prezzo di acquisto operato dal venditore, nonchè sul debito che l’odierno ricorrente aveva maturato nei confronti del suo fornitore, aveva illogicamente escluso la praticabilità della chiave di lettura difensiva.
Motivi della decisione

1. Iniziando l’analisi dal secondo motivo di ricorso proposto dalla difesa di P., che potendo spiegare i suoi effetti sul materiale probatorio sul quale si fonda l’affermazione di responsabilità deve, per motivi logici, essere trattato per primo, si deve concludere per l’infondatezza dell’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, che sarebbero state disposte in base alle segnalazioni anonime. Correttamente il giudice di merito ha respinto analoga eccezione, essendo emerso, diversamente da quanto dedotto, che le intercettazioni sono state disposte a seguito delle indagini, costituite da appostamenti e verifiche realizzate dalla p.g. a seguito delle segnalazioni ricevute in ordine al gruppo di persone che si dedicavano al traffico di stupefacenti, sicchè il controllo telefonico è intervenuto a seguito di tali verifiche ed indagini. Un tal modo di procedere è costantemente valutato dalla giurisprudenza corretto; d’altro canto non risulta neppure dedotto nel ricorso che nei decreti autorizzativi i gravi indizi legittimanti l’audizione siano stati tratti dalle segnalazioni anonime, dovendo necessariamente circoscriversi a tale ipotesi il vizio di inutilizzabilità delle intercettazioni (Sez. 6, Sentenza n. 10051 del 03/12/2007, dep. 05/03/2008, imp. Ortiz, Rv.

239458).

2. Risulta infondato anche il primo motivo di ricorso, posto che il contenuto delle conversazioni intercettate è congruamente ed analiticamente esaminato dal giudice di merito il quale ha concluso che, se pur le conversazioni sul traffico risultano registrate su utenze di terzi, non è possibile da tale circostanza trarre alcun dubbio in merito alla possibilità di identificare l’odierno ricorrente tra i compartecipi. Infatti emerge che sia stato lo stesso P. ad aver riferito di aver svolto funzioni di corriere, sia pure allegando ignoranza sulla natura e quantità della sostanza, sicchè la circostanza che le conversazioni siano state captate su linee telefoniche di terzi non esclude la riferibilità all’interessato dell’attività illecita di cui in esse vi è traccia.

Analogamente infondato è l’ulteriore motivo di ricorso con il quale si rileva l’omessa motivazione sulla richiesta di applicazione del comma 5 della norma incriminatrice e dell’art. 114 c.p. poichè il giudice ha valutato, quanto alla prima invocata diminuente modalità del fatto e quantitativo della sostanza trattata, e, in ordine alla seconda, la pregnanza del ruolo di corriere assicurato dal P., e conseguentemente la sua essenzialità al fine di realizzare l’azione illecita, elementi di fatto entrambi che costituiscono argomentazione esaustiva sui richiamati motivi d’appello, idonei ad escluderne la fondatezza.

L’ulteriore rilievo sul mancato esame di pericolosità ai fini dell’applicazione della misura dell’espulsione a pena espiata non ha costituito oggetto del gravame in appello, sicchè, in relazione, ad esso deve accertarsi l’inammissibilità della richiesta ex art. 606 c.p.p., comma 3. 3. Il ricorso di K.J. è ugualmente privo di fondamento, poichè nella pronuncia impugnata è dato conto, con motivazione coerente ed immune dai vizi lamentati dall’appellante, della compiuta identificazione del ricorrente quale partecipe del reato in quanto, a superare l’assunto dubbio di attribuzione della voce registrata a lui o ad un terzo, fu proprio lui la persona avvistata dalle forze dell’ordine appostate sotto l’abitazione ove era stato fissato l’appuntamento con il fornitore di droga che sopraggiunse unitamente a tale S., conformemente a quanto rassicurato dall’interlocutore telefonico in contatto con il venditore, appena intercettato.

La circostanza di fatto che il suo legame con la donna fosse stato all’epoca troncato non assume alcun rilievo dirimente al fine dell’individuazione della persona evocata al telefono con il nome di M. ed interessata agli acquisti indicati nel capo di imputazione, come ha esaurientemente e logicamente argomentato la Corte, che ha disatteso le diverse allegazioni del consulente fonico della parte. D’altro canto le risultanze dell’osservazione diretta non sono diversamente superabili, non avendo il ricorrente dimostrato, mediante l’indicazione specifica o attraverso l’esibizione dell’atto richiamato, che nell’occasione sopraggiunse anche la terza persona, ipoteticamente identificabile nel M., non adempiendo così allo specifico onere incombente sulla parte che alleghi travisamento delle risultanze istruttorie (Sez. 1, Sentenza n. 6112 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, imp. Bouyahia, Rv. 243225).

L’esame dello sviluppo dell’azione, come sopra riferita, non si pone in insanabile contrasto con le risultanze della consulenza fonica, tale non essendo nei fatti quella svolta dal consulente di parte, che si è limitato a ravvisare una diversità di linguaggio, non provvedendo per contro a comparare tecnicamente i suoni registrati, e conseguentemente non pervenendo ad un accertamento scientificamente inoppugnabile, idoneo a scalfire l’attendibilità dell’osservazione degli agenti; anche in argomento la Corte di merito risulta aver compiuto completa, approfondita e coerente valutazione.

4. Infondato è inoltre il ricorso proposto da B., che in questa fase si limita a riproporre le contestazioni già esposte in atto di appello ed congruamente contrastate dai giudici di merito, che hanno osservato come solo riferendo il numero richiamato nella conversazione intercorsa con il suo interlocutore al quantitativo e non al denaro, il colloquio assume un significato logico; il ricorrente, lungi dal confrontarsi con tali deduzioni, reitera le considerazioni già superate dal giudice di appello; nè il richiamo all’entità del residuo debito contenuto in una conversazione, che le parti quantificano in Euro 150, è dirimente nel senso voluto dalla difesa, poichè, come già esposto in sentenza, si riferisce a parte di una maggior somma dovuta, ed essendo la conversazione successiva alla fornitura di "50", ciò contrasta proprio con la possibilità che il dato numerico si riferisse al denaro dovuto e non al quantitativo; gli elementi di fatto riferiti, compiutamente valutati dal giudice d’appello, denotano assenza dei vizi motivazionali denunciati.

5. Il rigetto dei ricorsi impone la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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