T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 05-04-2011, n. 102 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la società G. ha impugnato il provvedimento del Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Monclassico n. 23/09 di data 24.6.2009, con cui è stata ingiunta la rimessa in pristino di un’opera abusiva realizzata sulla p.ed. 54 C.C. Presson.

La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1) omessa, incongrua ovvero insufficiente motivazione;

2) eccesso di potere per difetto dei presupposti ed irragionevolezza manifesta del provvedimento impugnato.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone la reiezione.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione
Motivi della decisione

1. In data 24.6.2009, l’Amministrazione ha ingiunto alla ditta G. S.r.l., originaria proprietaria del manufatto insistente sulla p.ed. 54 C.C. Presson, la demolizione di un’opera muraria di contenimento in pietra e calcestruzzo di altezza variabile, non precedentemente assentita e che, ad avviso del Comune, non sarebbe stata comunque autorizzabile, in quanto insistente sulla p.f. 790/2 C.C. Presson e, cioè, su un asse viario comunale, costituente parte integrante del relativo demanio stradale.

2. Con il primo motivo l’istante deduce che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, essendo decorsi più di dodici anni dalla sua realizzazione, il che avrebbe determinato il consolidamento della posizione soggettiva della ricorrente, che aveva medio tempore confidato nella sua incondizionata legittimità; che, infine, il provvedimento sarebbe viziato da carenza di motivazione.

Al riguardo, osserva il Collegio che, dalla documentazione in atti emerge che, per un verso, la concessione n. 13/1997 e la successiva variante n. 31/1997, rilasciati a G. S.r.l. per la ristrutturazione del compendio insistente sulla p.ed. 54 C.C. Presson, non hanno sotto alcun aspetto contemplato la struttura muraria realizzata contestualmente ai lavori sull’esistente edificio; che per altro verso, la stessa, alla luce dei rilievi tecnici e planimetrici effettuati, incontestatamente invade il sedime della fronteggiante strada.

L’assenza di ogni previsione del visto manufatto nella ridetta concessione edilizia e nella sua successiva variante autorizza dunque rettamente a concludere che essa integri ad ogni effetto un’opera abusiva.

Vale comunque soggiungere che il regime sanzionatorio previsto per le opere eseguite sul patrimonio degli enti pubblici è unitariamente disciplinato dall’art. 122, comma 9, della L.p. 5.9.1991, n. 22; detta norma prescrive, infatti, che, in tali ipotesi, debba essere sempre e comunque ordinata la demolizione dell’opera abusiva a spese del responsabile dell’abuso.

Sotto altro profilo la deducente si duole della carenza di motivazione che affliggerebbe il provvedimento per l’omessa individuazione dell’interesse pubblico attuale all’erogazione della misura sanzionatoria reale di tipo demolitorio per un manufatto realizzato dodici anni prima.

Al visto rilievo è agevole replicare che la demolizione è "atto dovuto sul fondamento dell’accertata natura abusiva del ridetto muro, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione anche se risalente nel tempo – senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati."(T.A.R. Emilia Romagna – Parma, 21.5.2008, n. 260).

Per quanto concerne il dedotto ritardo dell’intervento repressivo e l’ulteriore affermazione che esso avrebbe ingenerato un affidamento circa la sua tolleranza da parte del Comune prevalgono in ogni caso la necessità del rispetto delle norme in materia edilizia ed urbanistica e l’esigenza del ripristino dello stato dei luoghi di un’area destinata a sede stradale.

Infatti, è stato già osservato dalla giurisprudenza che, di fronte ad "una situazione di illiceità permanente, il mero decorso del tempo non basta a far insorgere nel privato l’affidamento sul consolidarsi dell’interesse alla conservazione del bene, né, di conseguenza, è sufficiente ad imporre una specifica motivazione sull’esistenza di un interesse pubblico attuale prevalente"(T.A.R. Toscana, 13.5.2008, n. 1457).

In proposito, se è pur vero che il Comune non ha brillato per diligenza e tempestività nel reprimere il visto illecito, non può neppure dirsi che sia nella specie decorso quel lasso temporale abnorme che, in ossequio ad un indirizzo più benevolo del Giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4.3.2008, n. 883), induca l’obbligo di una specifica illustrazione dell’interesse pubblico alla repressione.

La censura, pertanto, non ha pregio e va disattesa.

3. Anche il secondo motivo, con il quale si lamenta l’irragionevolezza manifesta del provvedimento impugnato, non può essere condiviso.

A tale riguardo è sufficiente rilevare che il verbale di sopralluogo richiamato dall’ingiunzione emessa ha dato puntualmente atto che la persistenza di quel muro pregiudica non soltanto l’astratto interesse al rispetto della disciplina edilizia, ma anche quello concreto alla tutela del demanio stradale, oltre che l’interesse viabilistico; la presenza dello spigolo vivo del muro abusivo rende, infatti, obiettivamente disagevole il traffico veicolare lungo il vicolo in questione, compromettente, altresì, la sicurezza in ragione del significativo dislivello tra il sedime della strada comunale ed il sottostante piano di spiccato, a lato del muro di contenimento stesso.

D’altra parte, l’inesistenza del vantato consolidamento dell’interesse privato pretesamente indotto dal decorso del tempo più sopra già dimostrata esclude, invero, che la pur prolungata inerzia da parte dell’Amministrazione, seppure significativa di carente vigilanza, precluda il ripristino dello stato dei luoghi, in difetto peraltro di ogni principio di prova in ordine a un sotteso, tacito accordo volto a favorire il transito in ingresso e in uscita dal fabbricato, nonché all’assunta inagibilità del garage.

4. Per le suesposte ragioni, il provvedimento impugnato resiste alle dedotte censure ed il ricorso va conseguentemente respinto.

Le spese di lite, ivi compresi diritti ed onorari, seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 193/2009, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, ivi compresi diritti ed onorari, che liquida complessivamente in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre I.V.A., C.N.P.A. ed al 12,5% sull’importo dei diritti e degli onorari a titolo di spese generali, a favore dell’Amministrazione comunale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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