Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-06-2011, n. 14407 Collegi e ordini professionali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.R. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ha rigettato il gravame proposto contro la sentenza del Tribunale, che aveva respinto il reclamo proposto, ai sensi della L. n. 69 del 1963, art. 63 avverso la decisione del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, con la quale, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello e in riforma della pronuncia di primo grado del Consiglio Regionale, gli era stata inflitta a sanzione della radiazione dall’Ordine per avere collaborato con il SISMI, ricevendone compensi.

Resistono con separati controricorsi sia il Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, sia il Consiglio Nazionale, che hanno pure depositato memorie.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo il F. lamenta la violazione della L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 48 unitamente al vizio di motivazione, assumendo che il Consiglio Nazionale non avrebbe potuto esercitare il potere disciplinare nei suoi confronti, avendo egli precedentemente rassegnato le dimissioni dall’Ordine e non essendo quindi più iscritto all’Albo dal 20 marzo 2007, a seguito di presa d’atto del Consiglio Regionale.

1.1.- La censura riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5 è inammissibile, in difetto della chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume viziata.

1.2.- La censura di violazione di legge, trasfusa in un idoneo quesito di diritto, è invece sostanzialmente fondata.

Secondo la L. 3 febbraio 1963, n. 69, cit. art. 48 il potere disciplinare è esercitato dal Consiglio regionale o interregionale nei confronti degli "iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro".

E’ pacifico in punto di fatto che, nelle more del procedimento, il F. ha fatto venir meno la sua iscrizione nell’albo dei giornalisti, a seguito di dimissioni rassegnate il 1 marzo 2007, di cui il Consiglio Regionale ha preso atto il 20 marzo successivo.

Assume la Corte di appello di Milano che tale norma impedirebbe l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di chi non era iscritto 11851/09 all’albo ai momento dell’inizio del procedimento, ma non anche nei confronti di chi, originariamente iscritto all’albo, abbia successivamente fatto venir meno, a seguito di cancellazione volontaria, tale requisito.

Detta tesi non può essere condivisa, non essendo dubbio che la cancellazione dall’Albo comporti il radicale venir meno del potere disciplinare da parte dell’organo.

Nè d’altro canto potrebbe ritenersi che sia illegittima, e quindi da disapplicare, la presa d’atto delle dimissioni, effettuata dal Consiglio Regionale della Lombardia, in mancanza di una norma la quale espressamente preveda – come nel caso della R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 37 riguardo agli avvocati – l’impossibilità di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare.

Questa Corte è consapevole dei fatto che ben diverse sono le conseguenze della radiazione e della cancellazione volontaria e di come quindi l’iscritto sia sostanzialmente reso arbitro della prosecuzione del procedimento disciplinare e della irrogazione stessa della sanzione.

Tale evidente vuoto normativo non può peraltro condurre ad una diversa interpretazione della normativa, tenuto conto delle caratteristiche de potere disciplinare che, seppure ispirato a prevalenti interessi pubblicistici, è comunque, per sua natura, esercitabile solo sul presupposto della perdurante iscrizione all’Ordine al momento della irrogazione della sanzione disciplinare.

D’altro canto il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 37 conferma tale assunto, in quanto esso – pur dettando una regola più rigorosa in ragione delle specificità della professione forense – non consente l’irrogazione della sanzione disciplinare nei confronti dell’avvocato che non sia più iscritto all’albo bensì – con una disciplina che evidentemente non può estendersi alle altre categorie professionali – fa espresso divieto di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare, a riprova del fatto che la perdurante iscrizione all’albo è condizione per l’irrogazione della sanzione.

2.- Restano assorbite le altre due censure, con cui il F. si duole della mancata sospensione del procedimento e dell’irrogazione della sanzione massima.

3.- La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e – decidendo questa Corte nei merito – va annullata la sanzione perchè il procedimento disciplinare doveva essere dichiarato estinto.

4.- La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la sanzione in quanto essa non poteva essere irrogata per estinzione del procedimento disciplinare; spese compensate.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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