Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-02-2011) 11-04-2011, n. 14515

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 22 luglio 2010, il GIP del Tribunale di Napoli applicava la custodia cautelare in carcere nei confronti di L.A., indagato per il reato di tentata estorsione aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta dall’indagato, il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza indicata in epigrafe, confermava il titolo custodiale, con consequenziali statuizioni.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di seguito indicate.

2. – Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente deduce violazione di legge e palese abnormità dell’ordinanza del GIP di Napoli.

Deduce l’istante che il L. era stato sottoposto a fermo di p.g. da parte dei Carabinieri di Torre del Greco il 13.5.2010 per la sussistenza a suo carico di gravi indizi del reato di concorso in tentata estorsione aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7 per finalità agevolative del clan camorristico Falanga operante in Torre del Greco in danno del cantiere della ditta IME Group occupato nei lavori di manutenzione di un fabbricato.

Il PM territoriale, nonostante la competenza funzionale della DDA napoletana, chiedeva la convalida del fermo e l’emissione di misura custodiale in carcere al locale GIP, anzichè a quello funzionalmente competente, per non meglio precisate ragioni d’urgenza.

Il Gip del Tribunale di Torre Annunziata non convalidava il fermo in quanto disposto fuori dell’ipotesi di legge e, quanto alla richiesta di applicazione della misura cautelare, ravvisava l’esistenza di indizi di colpevolezza del reato di tentata estorsione, ma escludeva la sussistenza dell’aggravante speciale di cui all’art. 7.

Il PM procedente decideva, solo a quel punto, di trasmettere gli atti alla Procura Distrettuale di Napoli, che, però, anzichè impugnare il provvedimento del GIP di Torre Annunziata, reiterava la richiesta di misura cautelare, aggiungendovi stavolta, oltre alla finalità agevolativa del clan Falanga, anche il riferimento alle modalità camorristiche connesse alla richiesta di danaro in favore dei carcerati.

A dire del difensore, la mancata impugnativa dell’ordinanza del GIP di Torre Annunziata aveva determinato la formazione di un giudicato cautelare; quel GIP, del resto, si era già pronunciato sulla propria competenza, senza che potesse ritenersi che quella statuizione fosse stata emessa provvisoriamente da Gip incompetente.

Il secondo motivo denuncia mancanza di idonea motivazione sulla sussistenza dell’aggravante.

3. – La prima ragione di censura è destituita di fondamento.

Ed invero, non merita critiche di sorta il percorso giustificativo del giudice a quo, che – facendo richiamo a pacifico insegnamento di questa Corte regolatrice (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6 n. 24639 del 28.4.2006, rv. 235187), in ordine alla reiterabilità della richiesta cautelare del PM, in caso di rigetto di precedente richiesta da parte del GIP, competente per la convalida del fermo eseguito fuori dal circondario, non dando luogo la pronuncia di quel giudice ad alcun giudicato cautelare – ha negato che la precedente decisione del GIP, stante il suo carattere di provvisorietà, potesse avere efficacia preclusiva, ancorchè non impugnata dallo stesso PM. L’anzidetto principio enunciato dal Supremo Collegio in diversa fattispecie vale certamente anche nel caso in esame (rigetto di misura cautelare da parte di GIP diverso da quello distrettuale, per ritenuta insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 e delle esigenze di cautela). La ragione va ravvisata, soprattutto, nel carattere funzionale della competenza del giudice distrettuale nelle ipotesi di reato in questione.

La seconda censura è manifestamente infondata, non essendo affatto condivisibile la dedotta carenza motivazionale in merito alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7, ravvisando elementi tali, in rapporto alla peculiarità della fattispecie, che l’indagato abbia posto in essere condotta caratterizzata da metodo mafioso, avuto riguardo alla modalità di richiesta di danaro, alla spendita del nome del mandante, personaggio di indiscussa caratura mafiosa;

alla forma della richiesta (prospettata in ragione di regalo ai carcerati) ed al relativo quantum (percentuale sul valore dei lavori appaltati).

5. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria di provvedere alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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