ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 63 del 2008 proposto da L’Abetaia di Barbetti Guglielmina in Mora S.a.s., rappresentata e difesa dall’avv. Gianpiero Luongo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Trento, Via Serafini, 9
CONTRO
– il Comune di Monclassico (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Flavio Maria Bonazza ed elettivamente domiciliato lo studio dello stesso in Trento, piazza Mosna, 8;
– il Responsabile dell’Ufficio tecnico – Gestione associata – Bassa Val di Sole, non costituito in giudizio
per l’annullamento
1. del “provvedimento prot. n. 73/08 di data 7.1.2008, conosciuto in data 9.1.2008, di pretesa decadenza della concessione edilizia n. 060/04 di data 29.9.2005”;
2. della “comunicazione prot. n. 4137 di data 30.11.2007 di avvio del procedimento di decadenza della concessione edilizia e di ogni altro atto presupposto, consequenziale ed infraprocedimentale e, in particolare, del verbale di sopralluogo di data 29.11.2007, prot. n. 4130”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 12 marzo 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Gianpiero Luongo per la parte ricorrente e l’avv. Flavio Maria Bonazza per l’Amministrazione comunale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
1. La ricorrente espone in fatto di essere proprietaria della p.f. 350 in località Novaline, C.C. Monclassico, il cui sottosuolo è attraversato dalla condotta idrica del Consorzio Acquedotto di Centonia. L’area è urbanisticamente ricompresa per la sua parte preponderante in zona residenziale di completamento e per la rimanente parte in area per parcheggi pubblici.
Ella assume, poi, che in data 29.9.2005 – prima dell’entrata in vigore della legge provinciale 11.11.2005, n. 16, che per la realizzazione di nuovi alloggi ha introdotto limitazioni in caso di loro destinazione per il tempo libero e vacanze – aveva ottenuto dall’Amministrazione comunale la concessione di edificare n. 060/2004 per eseguire i lavori di costruzione di due palazzine residenziali secondo il progetto allegato, parte integrante dell’atto. Il provvedimento è stato rilasciato con la seguente prescrizione “gli eventuali sottoservizi presenti nel lotto dovranno essere spostati previa autorizzazione dell’ente gestore a cura e a spese del concessionario”.
L’istante ha precisato che i lavori avrebbero avuto inizio il 27.9.2006, come da conforme dichiarazione depositata in Comune nello stesso giorno; che, successivamente, sarebbe stato apprestato il cantiere e che avrebbero avuto luogo i primi lavori di scavo; che avrebbe preso contatto il Presidente del Consorzio acquedotto di Centonia per concordare lo spostamento della diramazione dei sottoservizi.
Con nota datata 30.11.2007 l’Amministrazione ha comunicato l’avvio del procedimento per l’eventuale decadenza della concessione edilizia e in seguito, con il provvedimento del 7 gennaio 2008, ha statuito in tal senso sul presupposto che non vi sarebbe stato un effettivo inizio dei lavori per la realizzazione delle opere assentite nel termine prescritto per darvi inizio.
2. Con ricorso notificato in data 6.3.2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 21, la ricorrente ha impugnato il nominato provvedimento di decadenza, meglio specificato in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:
I – “violazione ed erronea applicazione dell’articolo 87 della legge provinciale 5.9.1991, n. 22 – eccesso di potere per difetto di presupposti, per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti e per manifesta illogicità e grave contraddittorietà – omessa motivazione”. La deducente asserisce che la prescrizione apposta alla concessione costituirebbe una condizione sospensiva dell’efficacia del titolo abilitativo, sicché il termine di un anno prescritto per l’inizio dei lavori si sarebbe dovuto ritenere sospeso fino al conseguimento dell’autorizzazione allo spostamento della condotta interrata;
II – “violazione ed erronea applicazione dell’articolo 87, comma 6, della legge provinciale 5.9.1991, n. 22 – eccesso di potere per difetto di presupposti, per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti e per manifesta illogicità e grave contraddittorietà – omessa motivazione”, in quanto il Comune non avrebbe colto l’opportunità di concludere una convenzione perequativa per la realizzazione di un parcheggio pubblico di superficie sulla parte del fondo vincolata a tale scopo;
III – “violazione ed erronea applicazione dell’articolo 87 della legge provinciale 5.9.1991, n. 22, in relazione agli articoli 10 e 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, e degli articoli 27 e 27 bis della legge provinciale 1992, n. 23, – sviamento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, per manifesta illogicità ed ingiustizia, per aggravamento procedimentale e per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa – omessa motivazione”, posto che l’Amministrazione avrebbe dovuto accertare la sussistenza dei fatti estranei alla volontà della titolare della concessione che fossero sopravventi a ritardare l’inizio dei lavori ed avrebbe dovuto altresì concedere la proroga richiesta per la presentazione delle controdeduzioni.
3. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.
4. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.
5. Alla pubblica udienza del 12 marzo 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
D I R I T T O
1. Con il ricorso in esame la società L’Abetaia di Barbetti Guglielmina ha impugnato il provvedimento del Comune di Monclassico con il quale è stata dichiarata la decadenza della concessione edilizia rilasciatale il 29 settembre 2005 per eseguire i lavori di costruzione di due palazzine residenziali sulla p.f. 350, nella parte che il piano regolatore ha classificato quale zona residenziale di completamento. Il provvedimento dichiarativo dell’intervenuta decadenza, del quale viene chiesto l’annullamento, è fondato sul presupposto che i lavori autorizzati non hanno avuto un effettivo inizio entro il prescritto termine di un anno dal rilascio del titolo concessorio.
2a. Con il primo motivo del ricorso la deducente afferma che il titolo abilitativo sarebbe stato sottoposto alla condizione sospensiva di efficacia dell’assenso da acquisire da parte di un terzo, sicché il termine di un anno per l’inizio dei lavori avrebbe dovuto decorrere soltanto dalla data dell’avvenuto conseguimento della necessaria autorizzazione da parte di quest’ultimo e, cioè, dal Consorzio Acquedotto di Centonia. Sul punto, in fatto, ella specifica che nel fondo di cui alla particella fondiaria interessata dal progettato intervento edilizio sono interrate le tubature della condotta idrica del ridetto Consorzio e che la concessione edilizia, su parere della Commissione edilizia comunale, conteneva la seguente prescrizione: “gli eventuali sottoservizi presenti nel lotto dovranno essere spostati previa autorizzazione dell’ente gestore a cura e spese del concessionario”. Si assume, inoltre, che l’Amministrazione comunale sarebbe stata a conoscenza dei contatti in corso con l’ente gestore dell’acquedotto, poi definitisi con il parere preventivo favorevole espresso dallo studio di ingegneria Betti & Vialli di data 22 novembre 2007 e inviato al Comune il successivo 26 novembre (cfr. documento n. 11 in atti di parte ricorrente).
2b. Il motivo è privo di pregio.
Osserva, in via preliminare, il Collegio che la tesi della ricorrente trova pacifica smentita nel fatto che essa ha dichiarato che i lavori avrebbero avuto inizio il 27.9.2006, come da comunicazione trasmessa all’ufficio tecnico del Comune lo stesso giorno.
Va in ogni caso premesso che il legislatore provinciale, che in materia gode di competenza esclusiva, ha previsto termini congrui per l’inizio e per la fine dei lavori, perseguendo l’evidente ratio di dare certezza ai tempi di svolgimento dell’attività edilizia.
La legge urbanistica provinciale 5.9.1991, n. 22, all’art. 87, ha, infatti, codificato, del tutto coerentemente con la legislazione nazionale, il termine per l’inizio del lavori, il quale deve “comunque avvenire entro un anno dal rilascio della concessione”, mentre il titolo ha durata di “tre anni dall’inizio del lavori”. Entrambi i termini presentano la stessa disciplina: possono essere prorogati, con provvedimento motivato, ma solo per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del concessionario e se, entro la scadenza degli stessi, i lavori non siano stati rispettivamente iniziati o ultimati occorre richiedere una nuova concessione. In tal senso, dunque, l’applicazione della proroga deve ritenersi di stretta interpretazione, derogando essa alla disciplina generale dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori assentiti dettata per assicurare tempi certi per l’attività di trasformazione del territorio.
Ne consegue che la decadenza del titolo è un effetto che discende direttamente dalla legge (ove si enuncia che, se i lavori non sono iniziati entro il termine, “il concessionario deve richiedere una nuova concessione”) e quindi dalla scadenza del relativo termine. In tal senso, questo Tribunale ha già escluso sia che la proroga possa essere richiesta dopo la scadenza del termine (cfr., T.R.G.A. Trento, 31.12.1996, n. 516), sia che sussista l’obbligo del Comune di adottare e comunicare all’interessato un provvedimento dichiarativo dell’avvenuta decadenza (cfr., T.R.G.A. Trento, 10.4.2006, n. 120), avendo quest’ultimo una valenza meramente dichiarativa di un effetto già costituitosi ope legis nell’ordinamento edilizio.
2c. Nel caso in esame, la concessione di edificare n. 060/2004 non era peraltro gravata da alcuna condizione sospensiva, essendo essa stata associata, in sede di rilascio, come da parere espresso dalla Commissione edilizia comunale, esclusivamente ad alcune prescrizioni di carattere sia esecutivo (la n. 1, riferita al manto di copertura e alla tinteggiatura) sia ricognitivo, usualmente impartite dall’Amministrazione nell’interesse del concessionario, quali precetti da osservare nell’espletamento dell’attività edificatoria. Fra queste ultime vi era quella che ricordava che la parte di area vincolata a parcheggio avrebbe dovuto mantenere le caratteristiche dimensionali previste nella cartografia del piano regolatore, ma anche quella che prescriveva che i sottoservizi dell’acquedotto consortile presenti sul lotto si sarebbero dovuti spostare prima di dar inizio alle opere edilizie, previa autorizzazione dell’ente gestore.
Proprio la natura di un tal genere di prescrizioni, volte alla puntualizzazione di alcune modalità con le quali l’attività edilizia si sarebbe dovuta svolgere, non può dunque incidere sulla decorrenza dei termini posti direttamente dalla legge per la durata dell’efficacia del titolo. Termini, peraltro, che sono stati anche declinati al punto 5 del provvedimento de quo, ove era testualmente prescritto che i lavori sarebbero dovuti iniziare entro il termine massimo di un anno dalla data del rilascio, ossia entro il 29.9.2006, e che si sarebbero dovuti concludere entro tre anni dall’inizio degli stessi. Il provvedimento puntualizzava poi, coerentemente con queste prescrizioni, che l’inosservanza dei termini avrebbe comportato la decadenza del titolo.
Il successivo comportamento inerte dei titolari della concessione ha pertanto determinato, ex lege, la decadenza della ridetta concessione.
Da un lato, infatti, risulta che l’attività posta in essere sul fondo non si sia concretizzata in un effettivo inizio dei lavori atto a precludere il costituirsi dell’effetto decadenziale. In tal senso, il comma 4 del già menzionato articolo 87 precisa che “per inizio dei lavori si intende la realizzazione di consistenti opere che non si riducano all’impianto del cantiere, all’esecuzione di scavi o di sistemazione del terreno o di singole opere di fondazione”; nel caso in questione emerge, infatti, con chiarezza dal sopralluogo effettuato da un tecnico dell’Amministrazione comunale in data 29 novembre 2007 (quindi dopo 2 anni e 2 mesi dal rilascio del titolo e dopo 1 anno e 2 mesi dalla comunicazione di inizio dei lavori), nonché dalla documentazione fotografica allegata, che il fondo di cui alla p.f. 350 era parzialmente recintato, che era stata ivi apposta la prescritta tabella di cantiere e che sul prato era in sosta un piccolo escavatore. Non era stato effettuato alcuno scavo né erano presenti in deposito materiali edili ed attrezzature di cantiere. Da ciò la conclusione che non c’era stato un effettivo intendimento della titolare della concessione volto a dare inizio con la suddetta attività alla costruzione assentita.
Da altro lato, è mancata una specifica istanza di proroga del termine di inizio lavori che la deducente avrebbe dovuto eventualmente presentare all’Amministrazione entro il 29 settembre 2006, allegando il verificarsi di fatti sopravvenuti estranei alla sua volontà che avrebbero ritardato l’inizio dell’attività edilizia. Infatti, in caso di presentazione di una domanda di proroga l’Amministrazione è tenuta a verificare e valutare l’esistenza di cause legittime di impedimento dedotte dall’interessato, restando comunque irrilevanti gli eventuali fattori soggettivi adotti a giustificazione del ritardo.
La completa inerzia mantenuta della titolare della concessione nell’anno successivo al suo rilascio è dunque conclamata, fatta salva, due giorni prima della scadenza di detto termine annuale, la presentazione della comunicazione di inizio lavori, peraltro dimostratasi non veritiera secondo le risultanze del sopralluogo avvenuto un anno e due mesi dopo. Anche per l’anno susseguente, tuttavia, detta carente volontà è dimostrata dalla circostanza che il progetto concernente un’ipotesi di spostamento delle tubature redatto dal tecnico di fiducia è stato inviato al Presidente dell’Acquedotto di Centonia solo in data 12.11.2007, ossia dopo più di 13 mesi dalla comunicazione di inizio dei lavori; e ciò senza che possa addebitasi alcun ritardo all’Amministrazione interpellata, la quale ha prontamente risposto il successivo giorno 22 novembre.
In definitiva, il motivo in esame deve essere respinto.
3. Con il secondo mezzo si afferma che l’Amministrazione comunale avrebbe manifestato l’intenzione di definire il contenuto di una convenzione perequativa avente ad oggetto la realizzazione di un parcheggio pubblico di superficie sulla restante parte della p.f. 350 vincolata a tale scopo: la Società ricorrente si sarebbe allora dichiarata disponibile a realizzare l’infrastruttura mantenendo però la proprietà del sottosuolo. Si denuncia, di conseguenza, che con l’avvio del procedimento di decadenza l’Amministrazione non avrebbe congruamente valutato l’elemento della necessità / opportunità di conseguire vantaggiosamente la nominata opera pubblica.
La doglianza è inammissibile e comunque infondata.
Invero, la difesa dell’Amministrazione comunale smentisce sia l’esistenza di un qualsiasi accordo in fieri strumentale al perfezionamento di una convenzione perequativa, così come di aver adottato provvedimenti che possano aver compresso le facoltà edificatorie assegnate alla ricorrente. E l’istante non ha fornito alcun riscontro probatorio a supporto sia delle argomentazioni svolte (tale infatti non può essere considerata la generica lettera pervenuta al Sindaco in data 2 ottobre 2007 nella quale il progettista ipotizzava la possibilità di realizzare un parcheggio interrato sottostante il parcheggio a raso), sia dell’esistenza di una necessaria interrelazione tra la messa in opera dell’autorizzato intervento edilizio sulla p.f. 350 e la realizzazione di un parcheggio pubblico sull’altra parte del terreno gravata dal relativo vincolo. Se la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ribadito che il processo è informato dal principio acquisitivo, tale regola non trova applicazione nella presente sede di giurisdizione esclusiva, ove si controverte tra l’altro sulla persistente esistenza o meno dello ius aedificandi in capo alla deducente: dal che compete esclusivamente a quest’ultima provare i fatti o gli atti giuridici sui quali ella fonda la propria pretesa.
In ogni caso, vale sottolineare che, come puntualmente replica la difesa del resistente Comune, l’edificazione delle due palazzine residenziali in attuazione di una concessione edilizia regolarmente rilasciata non avrebbe potuto produrre alcun vincolo quanto alle future modalità di utilizzazione della parte di area vincolata a parcheggio pubblico.
4. Infine, con l’ultimo mezzo si deduce che il Comune avrebbe attivato il procedimento a seguito di una denuncia anonima e che il provvedimento conclusivo sarebbe fondato sulla situazione oggettiva esistente “al momento dell’attivazione” del procedimento medesimo, mentre non si sarebbero tenuti in considerazione gli elementi sopravvenuti idonei ad inibire l’effetto decadenziale. Inoltre, l’Amministrazione non avrebbe concesso la richiesta proroga al termine di trenta giorni assegnatole per la presentazione delle controdeduzioni.
Anche tale motivo non presenta alcun giuridico pregio.
Richiamate le argomentazioni sopra svolte che hanno portato a concludere come nella vicenda in esame non vi sia stato alcun elemento sopravvenuto idoneo ad incidere sull’obbligo legale di iniziare i lavori entro un anno dalla rilascio della concessione, il Collegio osserva che il provvedimento impugnato, preso atto del sopralluogo eseguito il 29 novembre 2007 che aveva riscontrato il dato obiettivo del mancato inizio dei lavori, si presenta come un atto dovuto, con effetti ex tunc, avente natura meramente ricognitiva di una realtà giuridica che era maturata ope legis per effetto del consumarsi dell’annualità dal rilascio della concessione edilizia senza un effettivo avvio delle opere.
Ciò è sufficiente a dimostrare l’infondatezza delle ulteriori censure, compresa quella riguardante la mancata concessione di una proroga al termine che il Comune aveva ritenuto di assegnare per la presentazione di eventuali controdeduzioni, la quale, in assenza di ogni allegazione in merito al diverso esito sul piano prognostico del rivendicato contraddittorio, presenta fondati profili di inammissibilità.
5. In conclusione, per le argomentazioni sopra esposte, il ricorso non è fondato e deve essere di conseguenza respinto.
Le spese del giudizio, in applicazione del principio della soccombenza, sono poste a carico della parte ricorrente e sono quantificate in dispositivo.
P. Q. M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 63 del 2008, lo respinge.
Condanna la società L’Abetaia di Barbetti Guglielmina in Mora al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi € 4.800,00 (quattromilaottocento) (di cui € 4.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 12 marzo 2009, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo – Presidente
dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere
dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 19 marzo 2009
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel
N. 84/2009 Reg. Sent.
N. 63/2008 Reg. Ric.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it