T.A.R. Lazio Roma Sez. III, 07-07-2010, n. 23246 IMPIEGO PUBBLICO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con il proposto gravame e con i successivi motivi aggiunti gli odierni ricorrenti, dipendenti dell’intimata amministrazione, in forza dell’espletamento, dalla data per ciascuno in epigrafe indicata, di mansioni superiori rispetto a quelle proprie della formale qualifica di inquadramento, hanno chiesto il riconoscimento: a) del diritto ad essere inquadrati nel profilo professionale corrispondente alle mansioni effettivamente svolte con effetto retroattivo dalle date di cui in epigrafe; b) del diritto al conseguimento delle dovute differenze stipendiali – retributive e contributive – sempre con decorrenza dalla citate date – oltre interessi legali e rivalutazione monetaria e maggior danno.

A sostegno della dedotta pretesa ricorsuale hanno richiamato l’art. 2103 del cod. civile, il quale stabilisce che il dipendente che per più di tre mesi svolga funzioni superiori ha diritto a conseguire la qualifica corrispondente, nonché l’art. 36 della Costituzione che giustificherebbe la corresponsione delle differenze retributive.

Si è costituita l’intimata amministrazione contestando genericamente la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2010 il ricorso è stato assunto in decisione.

Motivi della decisione

L’oggetto della presente controversia è costituito dalla pretesa ricorsuale finalizzata ad ottenere il riconoscimento del diritto degli attuali istanti all’inquadramento nella qualifica superiore a quella formale di appartenenza nonchè alla corresponsione della differenze retributive a seguito dell’avvenuto espletamento, dalla data per ciascuno indicata in epigrafe, di mansioni superiori a quelle inerenti alla propria formale qualifica.

Relativamente alla pretesa volta ad ottenere il riconoscimento della qualifica superiore, il Collegio la dichiara inammissibile, uniformandosi sul punto al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il ricorso proposto dal pubblico dipendente per l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento in una qualifica superiore deve essere dichiarato inammissibile, atteso che nella materia de qua la sua posizione a fronte di un provvedimento autoritativo di appartenenza è quella del titolare di una posizione di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo (ex plurimis Cs, sez.VI, n.2543/2008; sez.V, n.5517/2007).

Per quanto concerne l’altra pretesa ricorsuale con cui è stato chiesto l’accertamento del diritto ad ottenere la corresponsione delle differenze retributive, comprensive degli accessori di legge, per l’espletamento di mansioni superiori per i periodi decorrenti per ciascuno degli attuali istanti dalla date di cui in epigrafe, in primis deve essere rilevato il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale per le differenze retributive maturate relativamente alleo svolgimento delle prestazioni de quibus dalla data del 1° luglio 1998, atteso che in tema di controversie di pubblico impiego, l’art. 69, comma 7, d.lg. n.165 del 2001 ha stabilito che il trasferimento della giurisdizione dal g.a. al g.o. opera per le questioni attinenti al periodo di rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998, mentre restano devolute alla giurisdizione del g.a. le controversie relative a questioni attinenti al periodo anteriore a tale data.

In ordine alle differenze retributive maturate anteriormente alla suddetta data del 1° luglio 1998 il Collegio, come già deciso con la recente sentenza n.4355/2010, intende uniformarsi a quanto affermato nella vexata materia dal consolidato orientamento giurisprudenziale, venutosi a formare alla luce dell’Adunanza Plenaria n.22/1999.

Al riguardo è stato fatto presente (ex plurimis CS, sez.V, n.7234/2009; sez.VI, n.4346/2008;) che.

I) il diritto alle differenze retributive corrispondenti alle superiori mansioni doveva essere riconosciuto solamente in presenza di una norma speciale, assente nel caso di specie, che consenta tale assegnazione e la maggiorazione retributiva (Cons. Stato, Ad.Plen.n.22/1999).

II) in sede di privatizzazione, il legislatore, dopo avere introdotto all’art. 57 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 una disciplina generale del conferimento di mansioni superiori, valida per tutte le pubbliche amministrazioni e derogatoria rispetto all’art. 2103 c.c., ne ha rinviato subito l’applicazione; la norma, la cui applicazione era subordinata all’emanazione in ogni amministrazione dei provvedimenti di ridefinizione delle strutture organizzative, è stata abrogata dall’art. 43 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, senza avere mai avuto applicazione, poiché la sua operatività è stata più volte differita ope legis, da ultimo al 31 dicembre 1998 con l’art. 39, comma 17, l. 27 dicembre 1997 n. 449 (cfr., Cons. Stato, VI, n. 2705/06).

III) la materia è stata poi disciplinata dall’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 (nel testo sostituito dall’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998) che ha regolamentato, in maniera innovativa, l’istituto dell’attribuzione temporanea di funzioni superiori nell’ambito del pubblico impiego, in cui è stata affermata – per la prima volta in un testo normativo di portata generale per il pubblico impiego – che al lavoratore spetta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore anche nel caso di assegnazione nulla per violazione delle condizioni ivi previste. Ma anche questa volta l’operatività della norma è stata rinviata fino all’attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. Fino a tale data, in nessuno caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza poteva comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

IV) in seguito, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 ha soppresso le parole "a differenze retributive o". In tal modo il legislatore ha manifestato la volontà di rendere anticipatamente operativa la disciplina di cui all’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, a conseguire il trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore (attualmente la disciplina è contenuta nell’art.52 del D.lgvo n.165/2001.

V) in tale contesto il Consiglio di Stato, discostandosi dall’orientamento della Cassazione favorevole a riconoscere natura retroattiva alla modifica di cui al d.lgs. n. 387/1998, ha ritenuto che il diritto del dipendente pubblico alle differenze retributive spettanti per lo svolgimento di mansioni superiori può essere riconosciuto in via generale solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 (22 novembre 1998), in quanto il riconoscimento legislativo di siffatto diritto possiede evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse (v., da ultimo, Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2006 n. 3).

Applicando tali principi alla controversia in esame la pretesa ricorsuale limitatamente alle richiesta differenze retributive per il periodo antecedente il 1° luglio 1998 deve essere rigettata.

Ciò premesso, il proposto gravame:

a) deve essere dichiarato inammissibile per quanto concerne il riconoscimento del diritto degli odierni istanti all’inquadramento nella qualifica superiore;

b) deve essere rigettato per quanto concerne la pretesa ad ottenere il riconoscimento del diritto al pagamento delle differenze retributive in relazione all’espletamento di mansioni superiori per il periodo fino al 30.6.1998;

c) deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale relativamente alla domanda tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto al pagamento delle differenze retributive in relazione all’espletamento di mansioni superiori per il periodo successivo al 30/6/1998 e, conseguentemente, a tale dichiarazione di difetto di giurisdizione ne deriva – alla luce degli arresti della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2007) e della Corte di Cassazione (Sezioni Unite n. 4109/2007) in tema di traslatio iudicii – il rinvio della causa al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione (sent. Corte Cost. n.77/2007).

Vanno pertanto dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e si fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

Per quanto concerne, infine, le spese per la consulenza tecnica, disposta con ordinanza n.1267 del 30.12.2008 e quantificate dal consulente rag, M.M. in Euro 8.500,00=, il Collegio ne dispone la riduzione di un terzo ai sensi dell’art.52, comma 2, del DPR n.115/2002, per essere stata depositata la relazione conclusiva oltre il termine originariamente assegnato, e pone a carico l’importo totale così riconosciuto (Euro 5666,67) in parti uguali alla parte ricorrente ed alla resistente amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.4599 del 2003, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo rigetta e per la pretesa ricorsuale dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione dichiara competente il giudice ordinario, fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, come in motivazione indicato.

Spese compensate.

Liquida il compenso per il CTU in Euro 5666,67 e pone lo stesso a carico, in parti uguali, della ricorrente e dell’Amministrazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Domenico Lundini, Presidente FF

Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore

Cecilia Altavista, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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