T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 06-04-2011, n. 166 Legittimazione processuale Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

v. Domenico Mutino, per le Amministrazioni dello Stato resistenti.;
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16 settembre 2010 e depositato il 28 settembre successivo il sig. M.A. ha impugnato il decreto della Prefettura di Potenza- sportello Unico per l’immigrazione – del 18 maggio 2010, con cui è stata rigettata l’istanza volta ad ottenere l’emersione e la regolarizzazione ai sensi dell’art. 1ter, L. 102/2009, del rapporto di lavoro domestico intercorso con il lavoratore extracomunitario S.M., nonché ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.

L’interessato riferisce

– che a seguito dell’entrata in vigore della legge 102/2009 e avendo alle proprie dipendenze un lavoratore domestico di sostegno al bisogno familiare, decideva di partecipare alla procedura di emersione;

– che in data 12 marzo 2010 riceveva la notifica dell’avviso ex art. 10 bis L. 241/90 contenente le ragioni per le quali il SUI di Potenza riteneva di non poter procedere alla regolarizzazione richiesta in quanto " il cittadino straniero datore di lavoro non è titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo né titolare di carta di soggiorno in quanto familiare di cittadino comunitario come richiesto dal primo comma dell’art. 1 ter legge 102/2009";

– che in risposta alle contestazioni contenute nella suddetta nota faceva pervenire una memoria difensiva nella quale rappresentava le ragioni a sostegno della propria richiesta, sostenendo di essere in possesso (pur non essendo formalmente titolare né del permesso di soggiorno CESLP, né della carta di soggiorno prevista dall’art. 10 D Lvo n. 30/2007) dei requisiti in astratto legittimanti la concessione tanto del primo quanto del secondo titolo;

– che si chiedeva, in subordine, di voler attendere la definizione del procedimento amministrativo avviato presso la Questura di Potenza, teso ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno CESLP e di voler concludere favorevolmente il procedimento amministrativo;

– che in risposta alla articolata prospettazione dell’interessato il SUI di Potenza adottava in data 18 maggio 2010 il provvedimento di rigetto dell’istanza di regolarizzazione;

– che successivamente alla notifica del provvedimento di rigetto, in data 07.09.2010 l’interessato entrava in possesso del permesso di soggiorno CESLP rilasciato dalla Questura di Potenza, con decorrenza 17.02.2010 e cioè dalla data della richiesta.

Tanto premesso avverso il rigetto innanzi citato è insorto il sig. M.A. che ha affidato il ricorso ai seguenti motivi.

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 ter, comma 1, L. 102/2009, in combinato disposto con l’art. 9, D.Lvo n. 286/98 e con l’art. 10, D.Lvo 303/2007, nonché con le norme comunitarie di cui costituiscono attuazione; in via subordinata rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Giustizia del Lussemburgo; in via ulteriormente subordinata: falsa applicazione delle norme in tema di procedimento amministrativo e segnatamente degli artt. 3, 6 e 10 bis L. 241/90;

2)illegittimità costituzionale dell’art. 1 ter, comma 1, L. 102/2009, per violazione degli artt. 3, 10, 29 ss, 32, 38, 97 e 117 Costituzione.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha depositato memoria difensiva per contrastare il ricorso, chiedendone il rigetto.

Con ordinanza cautelare n. 294/2010 è stata accolta la domanda di sospensiva.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata introitata per essere decisa.
Motivi della decisione

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sollevata dall’Avvocatura di Stato nella memoria difensiva, per difetto di legittimazione attiva del ricorrente.

Sul punto è utile precisare che secondo costante insegnamento giurisprudenziale la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto, giacchè altrimenti l’impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa.

Ciò posto non pare possa porsi in serio dubbio che la posizione del datore di lavoro, titolare del diritto di presentare la domanda di emersione del lavoro irregolare concernente un cittadino extracomunitario, sia sicuramente direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume violata dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto.

Passando, poi, all’esame del merito il collegio ritiene che il ricorso è fondato in relazione alla censura, dedotta in via subordinata con il primo motivo e con la quale è prospettata la violazione degli artt. 6 e 10 bis e dell’art. 2 della legge 241 del 1990.

Va, infatti, in proposito osservato che nel procedimento amministrativo il disposto dell’art. 6 della legge 241/90, che prevede gli obblighi del responsabile del procedimento, costituisce espressione del principio fondamentale dell’adeguatezza e della completezza dell’istruttoria: principio in base al quale l’Amministrazione è obbligata ad accertare d’ufficio per quanto possibile, la realtà dei fatti e degli atti posti alla sua attenzione.

Sicchè ad un adempimento del privato che assolve l’onere documentale o probatorio minimo richiesto nel procedimento, compete all’Amministrazione ogni ulteriore verifica e accertamento ritenuto necessario allo scopo.

Orbene, alla stregua di tali principi, avendo il ricorrente, sia pure nella fase di partecipazione seguita alla comunicazione di avviso di rigetto della richiesta, fatto presente all’Amministrazione di aver già da tempo prodotto istanza per il riconoscimento della condizione di soggiornante di lungo periodo e di essere in attesa della decisione in merito demandata alla stessa Autorità chiamata ad esaminare la richiesta di emersione, non risulta sia seguita una attività rivolta ad effettuare concreti accertamenti sulla fondatezza di quest’ultima domanda.

Risulta, invece, che l’Amministrazione abbia del tutto disattesa anche la richiesta del ricorrente di sospensione della decisione sulla richiesta di emersione, in attesa della definizione della domanda pendente presso la Questura di Potenza di concessione del permesso di lungo soggiorno.

Il responsabile del procedimento presso lo sportello unico per l’immigrazione avrebbe cioè potuto attendere la formale definizione della pratica o comunque potuto informarsi sullo stato della stessa, ovvero coordinare la propria istruttoria con quella della Questura di Potenza, al fine di acquisire tutte le possibili informazioni necessarie a stabilire se il ricorrente, pur in mancanza di uno dei titoli di soggiorno rilevante ai fini della sanatoria, era tuttavia in possesso dei requisiti idonei in astratto al riconoscimento degli status di diritto comunitario che il legislatore ha individuato quali presupposti per la presentazione della domanda di emersione.

E considerato poi che nella specie, sia pure in epoca successiva alla richiesta di emersione, la Questura ha accolto la domanda del ricorrente di riconoscimento del titolo di soggiorno ex art. 9 del D.Lvo 286/98, ritenendone sussistenti le condizioni sin dal momento di proposizione dell’istanza, una indagine adeguata e completa avrebbe potuto potenzialmente riorientare l’Amministrazione ed alla luce di un ulteriore elemento istruttorio condurla ad adottare un diverso provvedimento.

Né ad una diversa conclusione può condurre la considerazione prospettata dalla difesa erariale, secondo cui il provvedimento, in assenza di alcuno dei titoli richiesti, non poteva che essere di rigetto dell’istanza, atteso che una interpretazione della norma applicata, conforme ai dettati costituzionali richiamati in altra parte del ricorso, può agevolmente far ritenere che la sussistenza in concreto dei requisiti sostanziali richiesti per il riconoscimento degli status, avrebbe potuto condurre l’Amministrazione ad adottare, in considerazione della peculiarità del caso, un provvedimento di diverso segno.

A tanto aggiungasi, poi, che la espressione utilizzata nel considerato contenuto nel preambolo del provvedimento impugnato circa la " inadeguatezza" delle " informazioni" fornite dal ricorrente, entro il termine assegnato dalla nota comunicata ex art. 10 bis della legge 241/90, rende ancor più evidente la lamentata carenza istruttoria, atteso che alla postulata inadeguatezza l’Amministrazione poteva porre rimedio richiedendo chiarimenti o integrazioni documentali, ovvero attivando il proprio potere di indagine d’ufficio.

Le argomentazioni fin qui svolte sostengono altresì il vizio di difetto di motivazione ed in uno alla evidenziata carenza di istruttoria conducono all’accoglimento del ricorso, con assorbimento delle censure contenute negli altri motivi dedotti.

La natura della controversia e delle questioni in essa sollevate giustificano tuttavia la decisione di disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento con lo stesso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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