T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 06-04-2011, n. 160 Edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

parte ricorrente; Avv. Concetta Matera, per il Comune intimato;
Svolgimento del processo

Premette il ricorrente di condurre in locazione un alloggio di proprietà A.T.E.R. (di edilizia residenziale pubblica) assegnatogli a seguito di bando di concorso pubblico. Il 24/11/05 gli sarebbe però stata notificata l’impugnata determinazione n.400/05 con la quale il comune di Potenza, ritenendo venute meno le condizioni legittimanti il ricorrente a detenere l’alloggio stesso, acquisito il parere della commissione provinciale assegnazione alloggi, ha disposto la decadenza dall’assegnazione e la risoluzione di dirittto del contratto di locazione con obbligo di rilascio dell’immobile entro 60 giorni.

Si deducono i seguenti motivi:

1.eccesso di potere per insussistenza dei presupposti- illegittimità derivata degli accertamenti eseguiti- falsa motivazione- abuso ed eccesso di potere per manifesta violazione di legge (art. 7 l.n. 241/90).

Si sostiene che non sarebbe stata effettuata la comunicazione di avvio del procedimento al quale pertanto il ricorrente assume di non aver mai in alcun modo partecipato, né prima che gli accertamenti venissero disposti né in fase di successiva verifica degli esiti delle indagini. In tal modo l’istante non avrebbe potuto dimostrare l’insussistenza di quel "venir meno delle condizioni" dell’assegnazione cui accenna il provvedimento impugnato. A prescindere dalla mancata preventiva contestazione della sublocazione e dalla non comprensione di quali atti siano in possesso della p.a. comprovanti la sostenuta diversa residenza dell’istante in altro luogo del ricorrente e del rispettivo nucleo familiare, sta di fatto che tale condotta avrebbe vanificato la comunicazione del 26/10/04 effettuata al ricorrente appunto a fini partecipativi dato che in sede di decisione finale sarebbero state ignorate (in particolare le condizioni di salute e sue e del coniuge). Ciò varrebbe pure in relazione alle seguenti circostanze: -il ricorrente nel periodo indicato dall’ATER non poteva risultare reperibile nella propria abitazione perché ricoverato in ospedale dal 9/6/04 al 23/6/04; -a sua volta il coniuge era frequentemente assente sia in ragione del predetto ricovero e sia per il calo di udito che le impediva di sentire il citofono; -a causa di tali problemi i coniugi si sarebbero talune volte spostati a casa della figlia. Alla luce di tutto ciò non si comprende pertanto su quali basi documentali si sarebbe basato il parere favorevole della commissione provinciale alloggi. Ancora, ove la sublocazione così come riportata nella nota prot. 1994 del 18/10/99 avesse avuto fondamento, l’ATER avrebbe dovuto invitare fin da allora il comune ad attivarsi per la decadenza. Esclude il ricorrente di aver voluto celare quella mera e temporanea ospitalità concessa a uno studente universitario nel citato alloggio che comunque è ammessa dalle norme per un periodo non superiore a 6 mesi (fermo restando che l’ATER non ha mai accertato tale circostanza né mai ha contestato al ricorrente la mancata richiesta della suddetta autorizzazione). Inoltre la partecipazione sarebbe stata negata pure rispetto alla fase di acquisizione del parere della commissione provinciale alla quale l’istante dice che avrebbe potuto formulare osservazioni documentate.

Si è costituito il Comune di Potenza che resiste e deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

Con ordinanza n.49 del 22/2/06 questo TAR ha rigettato l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato e con ordinanza collegiale n.2289 del 12/5/06 la V sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto nei confronti della sopramenzionata ordinanza.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune sul presupposto che la decadenza dell’assegnazione di alloggio di edilizia economica e popolare, pronunziata per il venir meno dei prescritti requisiti darebbe luogo ad una controversia attinente ad una fase successiva alla concessione, che investe il rapporto di natura privatistica instauratosi fra le parti. Di conseguenza la controversia spetterebbe alla cognizione del G.O. vertendosi in tema di diritti soggettivi dato che la decadenza non soggiacerebbe a valutazioni discrezionali.

L’eccezione va respinta in quanto, come anche di recente ribadito (cfr. TAR Umbria, 1/7/10 n.395; T.A.R. Basilicata 26/6/07 n.478; Cons. St., V, 30/8/06 n.5073; VI, 9/6/05 n.3035), la controversia avente per oggetto la legittimità del provvedimento di decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 5 l.n.1034/71 a mente del quale appartengono in via generale al predetto giudice le controversie relative a provvedimenti incidenti sul rapporto concessorio di alloggi di edilizia residenziale pubblica, anche se involgenti diritti soggettivi, salvo i casi espressamente indicati (indennità, canoni e atti corrispondenti) derivanti da rapporti di concessione di beni.

Quanto al merito occorre premettere che l’impugnata decadenza si basa sull’art. 33 della legge regionale n.31/99 che, alle lettere b) e c), prevede, quale causa -appunto- di decadenza, l’aver ceduto o sub locato, in tutto o in parte, l’alloggio assegnato o ne abbia mutato destinazione d’uso (lett. b) nonché la non stabile occupazione dell’alloggio ovvero l’abbandono dello stesso per un periodo superiore a tre mesi salvo autorizzazione dell’ente gestore giustificata da gravi motivi (lett. c). Nell’atto impugnato il dirigente comunale fa appunto presente che sono venute meno, in capo al ricorrente, le condizioni per detenere l’alloggio popolare a suo tempo assegnato sito al viale Firenze n.53, interno 6, "in quanto dalla documentazione in possesso di questo Comune risulta che l’immobile di che trattasi, oltre ad essere stato sublocato, dal mese di ottobre 1999 non è più occupato dal predetto assegnatario poiché quest’ultimo, da tale data, abita, con tutto il proprio nucleo familiare, presso la figlia E.B. alla via Tirreno n.66 di questo capoluogo".

Ora, è anzitutto infondata la censura di violazione dell’art. 7 della legge n.241/90. Come rilevato in sede cautelare (ord. n.49/06), è lo stesso ricorrente che, in allegato al ricorso (cfr. sub n.6), ha prodotto la nota prot. n.51166 del 26/10/04 con cui il Comune di Potenza ha: -contestato al ricorrente che dagli accertamenti esperiti dalla P.M. il 18/6/04 risulta che negli ultimi sei anni, oltre a sublocare l’alloggio di e.r.p., non lo ha mai occupato, trasferendosi di conseguenza presso il nucleo familiare della figlia, così perdendo i requisiti per l’assegnazione; -comunicato che, "prima di dare inizio alla procedura di decadenza" gli venivano assegnati 30 giorni per produrre eventuali documenti e deduzioni scritte. A seguito di tale comunicazione il ricorrente ha pure inoltrato all’amministrazione una memoria recante controdeduzioni arricchite da certificazione medica e altra inerente i consumi delle utenze dell’alloggio.

Quanto alla sublocazione, l’amministrazione ha posto a base dell’atto impugnato gli accertamenti effettuati dalla polizia municipale che, già con nota del 18/10/99 prot. n.1994 faceva presente che l’alloggio in parola era stato ceduto dall’istante ad alcuni studenti uno dei quali, presente il giorno 16/10/99 nell’alloggio ed identificato dai vigili, dichiarava che insieme ad altri due studenti vi abitava Ora, sul punto, come già osservato da questo Tribunale, il ricorrente sostiene che quella agli studenti era una mera temporanea ospitalità ma trattasi di circostanza non provata né, nelle controdeduzioni, in sede procedimentale, è stato obiettato alcunché. Inoltre, non risulta comunque essere stata presentata alcuna richiesta di autorizzazione per l’ospitalità temporanea. Il riferimento alla successiva nota n.1206 del 17/6/04 trasmessa dalla p.m. di Potenza all’ATER non aiuta il ricorrente dato che, con la stessa, la sublocazione dell’alloggio veniva confermata; inoltre, dalle informazioni assunte presso alcuni coinquilini, emergeva che l’alloggio era occupato ancora da persone sconosciute frequentanti l’appartamento nelle tarde ore notturne. Infine, giova rilevare che alla nota comunale n.1206/04 risulta allegata pure copia della comunicazione effettuata dal ricorrente il 27/10/99 alla Questura di Potenza per la cessione dell’immobile allo studente predetto.

Per quanto già la circostanza della sublocazione sia da sola sufficiente a dare giuridico sostegno alla decadenza, risulta comunque fondata pure la circostanza della non occupazione dell’alloggio da parte del Bucci così come accertata dalla polizia municipale che, con la nota in parola, fa presente di aver accertato che il nucleo familiare del ricorrente, a distanza di circa sei anni, oltre a sublocarlo, "non ha mai occupato stabilmente l’immobile" in parola, precisando appunto quanto prima riferito circa la presenza di persone diverse solo a tarda ora e facendo presente che durante i numerosi sopralluoghi effettuati quasi giornalmente per un mese, in orario diversi nella fascia oraria 8- 14 e 1521, "mai nessuno è stato trovato all’interno dell’unità immobiliare di cui è discorso". Nell’informativa si aggiunge che, fin dall’ottobre del 1999, il nucleo familiare del Bucci ha abitato presso il nucleo familiare della figlia Elisa, in Potenza, via Tirreno n.66. Osserva il Collegio che anche rispetto a tali contestazioni il ricorrente non ha prodotto persuasivi elementi probatori capaci di smentire gli accertamenti che ne sono alla base. Egli ha esibito un certificato di ricovero che copre il periodo 9/6/04 – 23/6/04 ma, considerato che la richiesta di accertamento è del 18/5/04 e i vigili dichiarano di aver fatto numerosi sopralluoghi e in orari diversi per un mese, almeno una parte dell’accertamento ha sicuramente compreso un periodo non coincidente col ricovero. Inoltre non va trascurato che mai nell’abitazione è stata trovata la coniuge del ricorrente. Trattasi cioè d’una sistematica assenza dall’abitazione dell’intero nucleo familiare che, con tutta evidenza e in carenza di altre idonee prove non possono trovare spiegazione nelle circostanze riferite né in visite effettuate presso l’abitazione della figlia. Alla luce di quanto sopra trova quindi pure giustificazione il parere favorevole della Commissione Provinciale Assegnazione Alloggi rispetto alla quale l’amministrazione non era certo tenuta a reiterare la fase partecipativa dato che l’istruttoria procedimentale poteva già dirsi conclusa.

Ne consegue il rigetto del gravame.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in euro 2.000.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese a carico liquidate come in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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