Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 11-04-2011, n. 14259

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, datata 22.01.2011.
Svolgimento del processo

Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, che ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Benevento, il 22.07.2010, a carico di I.M. per il delitto di riciclaggio della somma di Euro 1.999.998,50 provento del delitto di appropriazione indebita commesso ai danni di Ente Ospedaliero Fatebenefratelli di (OMISSIS), ricorre la difesa chiedendo l’annullamento del provvedimento e deducendo:

a) il vizio di motivazione per illogicità, mancanza o insufficienza, in relazione alle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. a) e c) in considerazione del tempo trascorso dal fatto.

Deduce il ricorrente che il delitto di riciclaggio si è consumato nel (OMISSIS), all’atto del versamento delle somme provento di appropriazione indebita, sul conto corrente della madre di I. M., trattandosi di reato istantaneo; nè è possibile ricondurre il caso in esame alla giurisprudenza che ammette, in casi di condotta progressiva, possa atteggiarsi anche come reato permanente, perchè le operazioni finanziarie realizzate dall’indagato nel tempo sono state determinate da motivi occasionali: sicchè il lungo periodo di tempo trascorso dall’illecito escluderebbe la sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati e le esigenze cautelari, giustificate dal Tribunale con la particolare condizione personale dell’ I. che è un avvocato e pertanto provvisto delle capacità tecniche per inquinare le prove acquisite. Secondo il ricorrente, la motivazione sarebbe carente, perchè non tiene conto nè del fatto che I. è estraneo al reato presupposto nè dell’assenza di precedenti penali e si fonda su una mera congettura e non sulla individuazione specifica del concreto pericolo di commissione di ulteriori reati, così contravvenendo al preciso insegnamento della Corte di legittimità sul punto.
Motivi della decisione

2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè il provvedimento impugnato è del tutto esente dai vizi della motivazione prospettati dal ricorrente.

2.1 Tribunale, a sostegno della decisione, in particolare ha rilevato,per quanto attiene all’inquinamento probatorio che le indagini dirette alla ricostruzione dei flussi finanziari attraverso i quali si è realizzata la dispersione della ingente somma, sono ancora in corso e che permane il pericolo che gli indagati, se sottoposti al blando regime degli arresti domiciliari, riallaccino contatti tra coindagati e testi, a fine inquinatorio e, per quanto attiene al rischio di recidiva, che i tre coindagati hanno saputo fare uso spregiudicato della professione forense e delle conoscenze tecniche economiche e/o finanziarie necessarie al reinserimento del denaro sporco nel circuito legale ed il loro permanere nella professione rappresenta un elemento, non solo in astratto, di capacità recidivante.

2.2. La motivazione del Tribunale è perfettamente in linea con le direttive giurisprudenziali postanti e ripetute, che questo collegio condivide, fissate da questa Corte in tema di misure cautelari personali.

2.3 Secondo tali direttive, invero, la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio va effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già individuate, a nulla rilevando il fatto che le indagini siano in stato avanzato ovvero risultino già concluse, atteso che l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari (Rv. 246684) e che la configurabilità dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), il concreto pericolo di reiterazione dell’attività criminosa, può essere desunto anche dalla condotta tenuta in occasione del reato che è un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente" (rv. 231583; rv. 228882, rv. 227039).

2.4 Il parametro della concretezza, cui si richiama l’art. 274 c.p.p., lett. c), infatti, non si identifica con quello di "attualità" del pericolo, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario, il predetto requisito essere riconosciuto alla sola condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi "concreti" (cioè non meramente congettuali) sulla base dei quali possa affermarsi che il soggetto inquisito possa facilmente, verificandosene l’occasione, commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendono lo stesso bene giuridico (rv. 244829, rv. 192651, rv. 227227).

2.5 I giudici del merito hanno, perciò, ritenuto che il presupposto cautelare si desuma dalla gravità non trascurabile delle condotte di riciclaggio addebitate all’indagato, di per sè rivelatrici di una spregiudicatezza e di una specifica inclinazione e attitudine professionale che giustifica, pur a distanza di qualche tempo dai fatti, il riconoscimento di un pericolo concreto e attuale di reiterazione di analoghe condotte criminose, atteso l’inserimento dell’ I. nel contesto professione. Sicchè la considerazione delle condotte mantenute, gravi e reiterate, e dell’attività professionale hanno indotto plausibilmente i giudici del merito, per un verso a valutare come professionalmente incline a tal genere di devianza la personalità dell’indagato, per altro verso a escludere che il tempo decorso dai fatti pregressi incida sulla pericolosità di perpetuazione della devianza nel corso della perdurante attività professionale non interrotta Rv. 233222 rv. 228098. 2.6. Il ricorso deve,per i motivi che precedono, essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti"; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal cit. art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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