Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 11-04-2011, n. 14257 Appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi dell’art. 310 c.p.p. che ha respinto il ricorso teso ad ottenere l’ammissione al beneficio del lavoro all’esterno ricorre la difesa di P.A., chiedendo l’annullamento del provvedimento e deducendo a motivo:

a) l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge ed erronea interpretazione della stessa in relazione all’art. 27 Cost., comma 3, artt. 15, 21 e 54 Ord. Pen. perchè il beneficio è stato negato sul presupposto che al P. vada applicato il solo art. 284 c.p.p. mentre l’imputato è nella condizione di condannato anche se con sentenza non definitiva e la non ammissione al lavoro contrasta con i principi della Costituzione e dell’ordinamento penitenziario.
Motivi della decisione

2. Sembra di poter intendere che il ricorrente lamenti che il Tribunale del riesame non avrebbe tenuto in considerazione la circostanza che l’imputato è già stato condannato in primo e secondo grado, anche se con sentenze non definitive, e che, pertanto, i giudici del riesame dovevano valutare l’istanza di ammissione al lavoro secondo i parametri dell’ordinamento penitenziario.

2.1 Se tale è la doglianza, essa è del tutto pretestuosa perchè avulsa dalla situazione processuale in esame che riguarda un imputato agli arresti domiciliari, senza contare che, il provvedimento con il quale, previa autorizzazione della autorità giudiziaria, il detenuto è ammesso al lavoro esterno, riguarda coloro che sono internati in istituto, ha natura amministrativa e non è impugnabile. Infatti la legge non prevede, in merito, impugnazione alcuna e non è ipotizzabile un ricorso in cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto la materia in esame è oggetto della competenza della autorità carceraria e non può farsi rientrare in quella relativa alla libertà personale. Rv. 181458 Rv. 202083 Rv-194006. 2.2 Nel caso in esame,invece, il ricorrente, che si trova agli arresti domiciliari, aveva chiesto di potersi allontanare dal domicilio per espletare attività lavorativa, ai sensi dell’art. 284 c.p.p., n. 3, e con motivazione scevra da vizi il Tribunale ha confermato il provvedimento di rigetto della Corte d’appello.

2.3 Il ricorso è pertanto, inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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