T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 06-04-2011, n. 1967 Decisione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza di questa Sezione n. 10427 del 28 luglio 2005 è stato annullato il silenzio serbato dal Comune di Sant’Antimo sulla diffida con cui gli odierni ricorrenti avevano chiesto di riqualificare sotto il profilo urbanistico i fondi di loro proprietà distinti in catasto al fol. 6, p.lle 830 e 174, ed è stato ordinato al Comune di provvedere in merito, nel termine di giorni sessanta.

Per l’esecuzione di tale sentenza, passata in giudicato a seguito della reiezione dell’appello proposto nei suoi confronti, i ricorrenti hanno agito con ricorso n. 679/07, il quale è stato accolto con sentenza di questa Sezione n. 14962 del 23 novembre 2007, con cui è stato ordinato al Comune di Sant’Antimo di provvedere alla esecuzione nel termine di giorni novanta, con riserva di nomina di commissario ad acta nel caso di persistente inottemperanza.

Decorso inutilmente tale termine, i ricorrenti hanno depositato in data 6 marzo 2008 istanza di nomina di commissario ad acta, nonché hanno proposto un ulteriore ricorso per ottemperanza, iscritto a ruolo col n. 1739/08, con cui hanno parimenti chiesto la nomina di un commissario ad acta per l’esecuzione del predetto giudicato, previa dichiarazione di nullità (ovvero annullamento, con conversione del rito) delle note prot. n. 7182 del 3.3.2008 e n. 6449 del 26.2.2008 dell’amministrazione comunale, asseritamente elusive del giudicato.

Con ordinanza n. 428 dell’8 maggio 2008 i giudizi RG n. 679/07 e RG n. 1739/08 sono stati riuniti ed è stato nominato commissario ad acta, con facoltà di delega ad un funzionario del medesimo ufficio, il dirigente preposto alla Direzione Urbanistica – Pianificazione Comunale della Provincia di Napoli, perché provvedesse in luogo del Comune di Sant’Antimo alla esecuzione della predetta sentenza.

Con ordinanza n. 891 del 18 dicembre 2008, su istanza del funzionario delegato allo svolgimento delle funzioni di commissario ad acta giusta determinazione n. 6067 del 27 maggio 2008 del dirigente della Direzione urbanistica della Provincia di Napoli, sono stati forniti chiarimenti per l’adempimento dell’incarico.

Successivamente i ricorrenti hanno depositato due identici ricorsi, non espressamente intitolati quali motivi aggiunti ma, comunque, rispettivamente intestati RG 679/07 l’uno e RG 1739/08 l’altro, per impugnare, con istanza di sospensione cautelare, la nota prot. 7111 del 13 marzo 2009 del dirigente dell’U.T.C. Edilizia pubblica del Comune di Sant’Antimo avente ad oggetto "Avviso di sopralluogo per l’esecuzione delle operazioni geologiche preparatorie ( D.P.R. 327/2001 modificato ed integrato dal D.Lgs 302/2002 – art. 15 comma 3"), relativo ai fondi riportati in catasto al fg. 7, p.lle 561, 727, 829, 830, 832, 1137.

La domanda cautelare è stata respinta con ordinanza n. 1160 del 14 maggio 2009.

Con deliberazione n. 1 del 21 gennaio 2010, il commissario ad acta ha predisposto una proposta di variante urbanistica, con annessi elaborati e norme tecniche di attuazione, per la riqualificazione dei suoli siti in Sant’Antimo, individuati in catasto al foglio n. 6, p.lla n. 174, e al foglio n. 7, p.lla 830, con la classificazione "aree destinate ad attrezzature collettive di uso pubblico".

Con sentenza n. 2224 del 29 aprile 2010 il Collegio ha dichiarato i ricorsi improcedibili, sulla base della circostanza che all’udienza del 24 marzo 2010 il difensore dei ricorrenti aveva dichiarato essere venuto meno l’interesse alla decisione dei ricorsi.

Ed invero, in punto di fatto, il verbale di udienza del 24 marzo 2010 testualmente recita: "l’avv. Lemmo dichiara a verbale la sopravvenuta carenza di interesse, poiché il commissario ad acta ha emanato un provvedimento satisfattivo degli interessi del ricorrente".

Con ricorso notificato il 21/26 maggio 2010 i ricorrenti chiedono la revocazione della suddetta decisione.

Con memoria depositata il 19 marzo 2011 chiedono altresì l’esatta esecuzione dei giudicati formatisi sulla vicenda in atto mediante l’adozione dei provvedimenti ritenuti più idonei allo scopo, mentre sull’istanza di accesso del 15 marzo 2011 dichiarano la cessazione della materia del contendere.
Motivi della decisione

Va innanzitutto esaminata la richiesta di revocazione tendente ad eliminare la pronuncia che aveva definito i ricorsi in esame ed a riaprire quindi la controversia con la richiesta di esatta esecuzione dei giudicati formatisi sulla complessiva vicenda sottoposta all’esame del Collegio

Al riguardo, occorre preliminarmente vagliare l’eccezione sollevata dal Comune resistente relativa all’inammissibilità del ricorso per revocazione poiché il medesimo è stato proposto in pendenza del termine per appellare.

L’eccezione è fondata.

In relazione all’art. 28 della legge n. 1034/71, applicabile ratione temporis alla controversia in esame, sono state date divergenti interpretazioni sull’impugnabilità per revocazione delle sentenze di primo grado ancora assoggettabili ad appello.

Sebbene, infatti, l’art.395 c.p.c., cui la norma rinvia, restringa l’ambito della revocazione ordinaria alle sole sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, si è, tuttavia, talora inferito dal comma 2 dello stesso art. 28 cit. (secondo cui avverso le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali è "altresì" ammesso ricorso al Consiglio di Stato) l’alternatività dei rimedi della revocazione e dell’appello.

Vale precisare che la sentenza di cui si chiede la revocazione, seppur emessa in fase di ottemperanza, ha ad oggetto questioni esecutive e cognitorie, onde non può dubitarsi in ordine all’appellabilità della stessa.

Ritiene il Collegio che dei contrapposti orientamenti vada senz’altro preferito quello più rigoroso, che in ossequio ad una corretta quanto necessaria interpretazione coordinata delle disposizioni che regolavano la materia (art. 28 l. 1034/71; art. 395 c.p.c.), sulla scorta del senso letterale e sistematico delle disposizioni ed in particolare per il rinvio operato al primo comma dell’art. 395 c.p.c., ritiene che la possibilità di esperire il rimedio giurisdizionale della revocazione è configurabile per le sole sentenze pronunciate in appello o in unico grado, cioè quelle non (più) appellabili, rimanendo la revocazione, per le sentenze ancora soggette a gravame, assorbita dall’appello (in tal senso, C.d.S., sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1843).

Tale soluzione, può incidentalmente notarsi, è ora definitivamente riconosciuta nell’art. 106 del nuovo codice del processo amministrativo.

Nel caso in esame, pertanto, il ricorso per revocazione, notificato il 21/26 maggio 2010, in un arco di tempo inferiore a trenta giorni dal deposito della sentenza (avvenuto il 29 aprile 2010), è stato, per l’appunto, inammissibilmente proposto in pendenza del termine per l’appello.

In definitiva, per i rilievi svolti, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile.

Tutte le altre domande processuali, ivi compresa l’istanza di accesso endoprocedimentale, devono ritenersi inammissibili perché precluse della emanazione della sentenza definitiva di questa Sezione n. 2224 del 2010, la quale evidentemente esaurisce i poteri cognitori e decisori del Giudice di primo grado riguardo i presenti giudizi riuniti.

Le spese di lite devono essere compensate, in considerazione della peculiarità della questione trattata.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, dichiara l’istanza di revocazione inammissibile. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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