Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 11-04-2011, n. 14229 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza di condanna dei due imputati, del Tribunale di Ravenna del 27.02.2009, per i reati di rapina pluriaggravata, violenza sessuale e lesioni aggravate, condannandoli, ciascuno, alla pena di tre anni di reclusione ed Euro 600,00 di multa, ricorrono, in proprio, i due imputati, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo, a motivo, il vizio di motivazione per illogicità manifesta risultante da specifici atti del processo e dal testo della sentenza. In particolare i ricorrenti articolano una approfondita e complessa critica sulla ricostruzione degli avvenimenti fatta dalla Corte di merito e sul valore dalla stessa dato agli elementi probatori raccolti giungendo ad affermare che il ragionamento fatto dai giudici del merito per ritenere le dichiarazioni di B. e C. prive di attendibilità muove da premesse di fatto erronee; che quanto affermato in sentenza è del tutto incoerente con le risultanze probatorie; che è contraria alla realtà dei fatti che solo gli imputati avevano modo e motivo per disfarsi della borsetta, the le affermazioni contenute in sentenza muovono da presupposti sbagliati e che vi è anche l’applicazione errata della regola di diritto secondo la quale ove vi sia ragionevole dubbio sulla validità della tesi accusatoria deve essere pronunciata assoluzione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

I motivi, infatti, attengono soltanto a profili di merito e si sostanziano in una alternativa ricostruzione dei fatti e dei giudizi che ragionevolmente possono essere concepiti sulla base degli elementi di fatto accertati.

E’ però cosa risaputa che questa Suprema Corte, con giurisprudenza costante e ripetuta, ha già detto che le doglianze formulate dai ricorrenti, attinenti alla tenuta argomentativa della sentenza, vanno esaminate nei rigorosi limiti del controllo di legittimità sulla sentenza di merito. Invero, ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Con l’ulteriore precisazione, quanto alla l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, che deve essere evidente ("manifesta illogicità"), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento (Cass., Sez. 1, 26 settembre 2003, Castellana ed altri). In altri termini, l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., Sez. 4, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri). Va anche precisato, che il vizio della "manifesta illogicità" della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica "rispetto a sè stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica (Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2004, Grado ed altri). Ne consegue che, vertendo il ricorso dei due imputati esclusivamente su aspetti del fatto e sulle possibili alternative spiegazioni degli stessi, logiche al pari di quelle ritenute dalla Corte di merito, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al pagamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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