Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 11-04-2011, n. 14469

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di Pace di Milano in data 28.11.2007, con la quale P.S. V. veniva condannato alla pena Euro 400,00 di multa ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile per il reato di lesioni personali commesso in danno di M.M. percuotendolo e cagionandogli trauma cranico e contusivo.

Il ricorrente deduce:

1. improcedibilità del reato contestato per tardività della querela;

2. nullità della sentenza per omessa indicazione nell’imputazione del luogo e del tempo di commissione del reato;

3. violazione di legge e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sull’affermazione di responsabilità dell’imputato;

4. decadenza della parte civile.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla asserita tardività della querela, è inammissibile per manifesta infondatezza. Lo stesso ricorrente rileva infatti che, risalendo i fatti al (OMISSIS), la querela veniva sporta il 24.3.2005, e quindi evidentemente entro il termine di legge.

2. Inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso, relativo alla asserita nullità della sentenza per omessa indicazione nell’imputazione del luogo e del tempo di commissione del reato, è infondato. Il luogo di commissione del fatto in (OMISSIS) e la relativa data del (OMISSIS) erano invero indicati nella sentenza di primo grado e quindi formavano oggetto della contestazione recepita dall’imputato, a prescindere dalla mancata trascrizione dei dati nella sentenza di appello. L’omessa indicazione nella sentenza dell’imputazione, e quindi a maggior ragione di singole componenti della stessa, non è peraltro compresa fra gli elementi la cui mancanza determina la nullità della sentenza secondo la previsione dell’art. 546 c.p.c., comma 3, considerato che l’oggetto dell’accusa è desumibile dal complesso della decisione (Sez. 5, n. 1137 del 17.12.2008, imp. Vianello, rv. 242548). Il motivo di ricorso è pertanto manifestamente infondato.

3. Il terzo motivo di ricorso, relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è infondato.

Con la sentenza impugnata, premesso che la decisione di primo grado ricostruiva il fatto sulla base del referto e della dichiarazioni del teste Pr.Lo. e che nel corso del giudizio di appello venivano acquisite ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. la deposizione del M. e la scheda di intervento dei Carabinieri con l’identificazione del P., si osservava che le lesioni constatate erano compatibili con la condotta descritta dalla parte offesa, essendo di conseguenza provato il rapporto causale, e che il riferimento dell’appellante all’essersi il M. sottratto al contraddittorio dibattimentale in primo grado non era pertinente, non essendo state utilizzate dichiarazioni predibattimentali della persona offesa.

Il ricorrente rileva che ai sensi dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis, la responsabilità penale dell’imputato non poteva essere affermata sulla base delle dichiarazioni della persona offesa per non essersi la stessa presentata in giudizio in primo grado, che le prove venivano assunte in fase di appello in violazione delle norme sulla rinnovazione dell’istruttoria e che la motivazione della sentenza impugnata è carente sulla responsabilità dell’imputato e sulla sussistenza del rapporto causale fra la condotta e l’evento.

La censura di illegittimità dell’assunzione della deposizione della persona offesa nel corso del giudizio di secondo grado è immotivata, considerato che il giudice di appello ha il potere di disporre d’ufficio ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. l’ammissione delle nuove prove che ritenga necessarie per la decisione (Sez. 6, n. 683 del 2.11.2004, imp. Taurino, Rv.230654). Ciò posto, rimane inconferente il richiamo del ricorrente al principio di cui all’art. 526 c.p.p., comma primo bis, essendo la decisione di decisione di appello fondata su dichiarazioni della parte offesa assunte nel contraddittorio delle parti, dopo che la sentenza di primo grado aveva peraltro posto a sostegno dell’affermazione di responsabilità dell’imputato elementi diversi ed anch’essi acquisiti nel rispetto dei diritti della difesa. Quanto alla motivazione della sentenza impugnata, la stessa argomentava senza manifeste illogicità sull’attendibilità delle dichiarazioni del M., riferendo dei riscontri che essa trovava nella deposizione del teste Pr., nel referto e nella scheda di intervento dei Carabinieri, e sulla sussistenza del nesso eziologico fra la condotta e l’evento, dedotta dalla compatibilità delle lesioni accertate con la dinamica dell’aggressione descritta dalla vittima; detta motivazione è pertanto immune da vizi rilevabili in questa sede.

4. Infondato è altresì il quarto motivo di ricorso, relativo alla asserita decadenza della parte civile.

Con la sentenza impugnata si escludeva la ravvisabilità di una revoca tacita della costituzione di parte civile nella mancata presentazione delle conclusioni da parte della stessa, considerato che il difensore della parte chiedeva comunque la liquidazione del danno in via equitativa e depositava la nota spese.

Il ricorrente rileva che il deposito della nota spese non è atto equiparabile alla presentazione delle conclusioni, la cui mancanza nella specie, considerata unitamente alla mancata comparizione della persona offesa nel giudizio di primo grado, evidenziava l’assenza della volontà di perseguire l’imputato.

Il principio di immanenza della parte civile esclude tuttavia che la mancata presentazione delle conclusioni all’esito del giudizio di appello implichi revoca tacita o decadenza della parte civile, la cui presenza nel processo viene meno soltanto nei casi di revoca espressa o in quelli di revoca implicita previsti dall’art. 82 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 24360 del 28.5.2008, imp. Rago, Rv.240942), e rimanendo peraltro valide, in forza del rammentato principio, le conclusioni presentate in primo grado (Sez. 5, n. 12959 dell’8.2.2006, imp. Lio, Rv. 234536). Conclusione, questa, a maggior ragione valida nel caso in esame, ove veniva presentata una nota spese comunque rappresentativa della volontà di far valere pretese proprie della parte civile; e non pregiudicata dalla mancata presenza nel giudizio di primo grado della persona offesa, afferente alla diversa posizione processuale di quest’ultima quale testimone.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese della parte civile, che avuto riguardo all’impegno processuale si liquidano in Euro 1.400,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.400,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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