Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 11-04-2011, n. 14468

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza del Giudice di Pace di Taranto in data 21.5.2008, veniva affermata la responsabilità di C.M. agli effetti civili per il reato di lesioni personali, commesso in (OMISSIS) in danno di D.C.G. colpendolo con schiaffi, condannandosi il C. al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Il ricorrente deduce:

1. inammissibilità dell’appello proposto dalla parte civile avverso la sentenza assolutoria di primo grado;

2. violazione degli artt. 191, 192 e 530 cod. proc. pen. e vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo all’eccepita improponibilità dell’appello presentato dalla parte civile avverso la sentenza assolutoria di primo grado, è inammissibile.

Il ricorrente, richiamati indirizzi giurisprudenziali per i quali la parte civile sarebbe legittimata all’impugnazione della sentenza assolutoria del Giudice di Pace solo laddove abbia proposto ricorso immediato, rileva che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 38 stabilisce che la parte offesa ricorrente possa proporre impugnazione agli effetti penali quando è ammessa l’impugnazione del pubblico ministero, e che nella specie la parte civile chiedeva di dichiarare la responsabilità penale del C., dando in effetti luogo ad una decisione che si risolveva in un giudizio di fatto su tale responsabilità.

L’orientamento giurisprudenziale al quale fa riferimento il ricorrente è tuttavia nel senso, ben diverso da quello enunciato, per il quale il citato art. 38 della legge istitutiva della competenza penale del giudice di pace ha efficacia non limitativa, ma al contrario estensiva, nei confronti della parte offesa, della disciplina generale sul riconoscimento in favore della parte civile della facoltà di proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento (Sez. 5, n. 41148 del 22.4.2005, imp. Capellino, Rv.

232589); disciplina che, come opportunamente osservato nella sentenza impugnata, prevede all’art. 576 cod. proc. pen. detta appellabilità agli effetti della responsabilità civile, e che opera nel processo dinanzi al giudice di pace in forza del richiamo di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2 (Sez. 5, n. 23726 del 31.3.2010, imp. Serpi, Rv.

247509).

Come altresì precisato dal Tribunale, l’atto di appello proposto dalla parte civile era nella specie formulato in termini che comprendevano una richiesta non solo di affermazione della penale responsabilità del C., ma anche di condanna dello stesso al risarcimento dei danni; e per questo ultimo aspetto il gravame era dunque evidentemente proponibile.

Il motivo di ricorso è pertanto manifestamente infondato.

2. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputato.

Con la sentenza impugnata si osservava che le dichiarazioni della parte offesa trovavano riscontro nell’ammissione del C. sulla tensione esistente con il D.C. per motivi attinenti alla comune attività lavorativa presso una cooperativa di parcheggiatoti, nelle dichiarazioni del teste V. sull’essere stato il D. C. allontanato dalla cooperativa per i suoi comportamenti e nel referto che documentava trauma contusivo all’orecchio sinistro e contusione escoriata al gomito sinistro; e che le stesse non ricevevano smentita dalle dichiarazioni del teste D.M. laddove lo stesso riferiva di non aver visto lo schiaffo, avendo lo stesso teste precisato di essersi allontanato durante la discussione fra il C. ed il D.C., dalle dichiarazioni dei testi Sa. e Pa., inattendibili nel non aver riferito della presenza del D.M. sul luogo, dalle contraddizioni fra la querela e la deposizione dibattimentale del D.C. sulla causale della lite, risolte del riscontro della seconda versione in altre testimonianze, e dal fatto che dopo alcuni giorni il padre del D. C. avesse giustificato l’assenza dal figlio dal posto di lavoro con un incidente, non contrastante con il riscontro del referto anche per la possibilità che la parte offesa avesse subito anche un sinistro.

Il ricorrente rileva che la responsabilità dell’imputato veniva affermata sulla base di indizi privi di gravità, precisione e concordanza, che non veniva disposta una consulenza medica sulle lesioni, che le constatazioni di cui al referto non denotano una malattia, mancando apprezzabili alterazione delle funzionalità, e che la deposizione della parte offesa non veniva attentamente valutata nella contraddittorietà sul motivo sulla lite e nel contrasto con le deposizioni testimoniali negative sulle percosse e con il diverso certificato prodotto dal padre della persona offesa.

Il motivo è manifestamente infondato nella critica alla qualificazione come malattia delle contusioni constatate nel referto, le quali viceversa costituiscono, a prescindere dalla loro dimensione quantitativa, alterazioni anatomiche e funzionali comunque apprezzabili (Sez. 5, n. 22781 del 26.4.2010, imp. L, Rv.247518); e per i rimanenti aspetti, come è evidente dall’esposizione che precede, ripropone questioni di merito ampiamente valutate nella sentenza impugnata, alle cui argomentazioni non contrappone alcuna censura specifica.

Alla conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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