Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1 – L.S. ricorre contro sentenza della Corte di Trento che, a seguito di appello proprio e del P.M., in parziale riforma di sentenza del Tribunale che lo aveva assolto dalle imputazioni di cui all’art. 361 c.p., commi 1 e 2 (A) e all’art. 479 c.p. (C) perchè il fatto non costituisce reato e condannato per i delitti di cui all’art. 378 c.p.(B) e all’art. 610 c.p. – all’art. 81 cpv. c.p., – all’art. 61 c.p., nn. 2 e 9 c.p. (D), lo ha assolto bensì dal reato di cui all’art. 378 c.p. (ai sensi dell’art. 384 c.p.), ma condannato per gli altri, con la continuazione alla pena complessiva di m. 9 reclusione con benefici.
La Corte ha ricostruito che L., T. Colonnello, comandante dei Carabinieri della Provincia, aveva ricevuto l'(OMISSIS), dal Lgt.
S.E., un memoriale non firmato che S. ed il T. col.
F. dicevano provenire dal Carabiniere C. della Stazione di Andalo. Esso attribuiva al Comandante della Stazione, Lgt. N., l’indebito utilizzo della vettura di servizio, la mancata ripetuta trasmissione di denunce a carico di ignoti all’A.G., il falso ideologico volto al favoreggiamento di indagabile autore di omicidio colposo, la falsificazione ideologica di ordini di servizio, la sottrazione di denaro rinvenuto da privati e da restituire agli aventi diritto. Di tanto L. non aveva dato notizia all’A. G. competente (A, (OMISSIS)).
Ha ritenuto altresì che lo stesso L., per evitare che la notizia di reato fosse riferita al Generale Fi., Comandante regionale, convocato C. il 23.3.07, negando di aver mai ricevuto il suo memoriale, lo minacciava di non fargli avere la rafferma, se avesse insistito nel suo intento di incontrare il Generale. Minacciava altresì il Carabiniere D.V., che pure gli aveva richiesto di conferire con il Generale, dicendogli che era in corso indagine e che lui stesso poteva essere ritenuto compartecipe delle violazioni di N. ed inoltre che, dipendendo dal Comandante provinciale le proposte di trasferimento, gli era possibile proporne trasferimento, con allontanamento dalla famiglia (D, (OMISSIS)).
Infine ha ritenuto che L. avesse predisposto ed inviato al Generale Fi. annotazione del 16.4.07, ideologicamente falsa nella data, facendo apparire il documento sollecitamente predisposto all’epoca della revoca delle indagini comunicatagli il 4.4.07 e del suo successivo rientro da congedo, anche per celare che taluni accertamenti erano stati compiuti dopo, cioè il 18.4, dal Capitano R.; quindi nell’affermare che l’indagine a carico di N. traeva origine da circostanze confidenzialmente apprese (non dallo scritto di C. a lui pervenuto sin dall’11.12.06) e che si era orientato nel rispetto del divieto procedurale di far uso di segnalazioni anonime, utilizzandole per individuare la notitia criminis (C).
Il ricorso (Avv. F. Casano) deduce:
1 – inosservanza di norme processuali circa l’appello proposto dal P.M., per rigetto dell’eccezione formulata a stregua dell’attestazione "segret. del P.M." della Cancelleria, che non indica la persona della Segretaria del P.M., come ritenuto, bensì persona fisica indeterminata dell’Ufficio di segreteria;
2 – violazione dell’art. 361 c.p., perchè è erroneo l’asserto in sentenza di obbligo incondizionato di immediata trasmissione alla Procura di quanto riferito nel memoriale C., in contrasto con la sentenza di 1 grado, già alla luce della modifica normativa dell’art. 347 c.p.p., che ha sostituito il termine di quarantotto ore entro cui la p.g. deve comunicare al p.m. la notizia di reato con la locuzione "senza ritardo", anche per giurisprudenza che riconosce la "ponderazione" (per l’approfondimento dei c.d. elementi positivi del fatto reato – cfr. Cass., Sez. 6^, 11.04.08, n. 15400: il motivo argomenta lo svolgimento dell’accaduto e la necessità di verifica di attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, v. dichiarazioni del Cap. R. del 3.2.09, alla luce di quanto richiesto dal Generale Fi.);
3 – vizio di motivazione circa la sussistenza dell’elemento psicologico dello stesso reato, posto che il Col. L. ha agito in buona fede;
4 – violazione dell’art. 479 c.p. – vizio di motivazione, perchè, ribadisce il ricorso, il Col. L. definendo "confidenziale" la fonte costituita dal memoriale C., "non dichiarava essere vero un atto falso, ma ribadiva una sua valutazione…" (il ricorso si rifà ancora all’interrogatorio reso dall’imputato il 3.2.09, che ribadisce l’assenza di paternità ufficiale delle acquisizioni e delle sue necessità di verifica, anche a fronte del diniego di disponibilità di C. o di D.V. di recarsi a formalizzare la denuncia, benchè sollecitati dal M.llo M.);
5 – violazione art. 610 c.p. – vizio di motivazione, per assenza degli estremi, in particolare quello oggettivo, nella specie indeterminato e comunque assente l’efficacia della sostenuta minaccia (il ricorso spiega che i Carabinieri C., D.V. e Ma. si erano precedentemente incontrati per cercare colloquio con il Col. L. al fine di verificare l’esito delle indagini, non per incontrare realmente il Gen. Fi.; tanto si evince dalle stesse dichiarazioni in giudizio di C., che decise di revocare la sua richiesta di essere messo a rapporto con il Comandante regionale, dopo aver dato tempo qualche settimana per i risultati, in effetti per vedere cosa sarebbe successo nei due giorni consecutivi nei quali da L. si sarebbero presentati gli altri due; inoltre non risulta che D.V. abbia rinunciato all’incontro con il Generale e con l’appello si era richiesto di acquisire la richiesta di trasferimento dello stesso D.V., presentata nel periodo 10 novembre – 10 dicembre 06, poi accolta nell’ottobre 07).
2 – Il primo motivo di ricorso, di carattere procedurale, è infondato.
In materia, certa la sottoscrizione dell’atto d’impugnazione da parte del soggetto legittimato, non è prescritta alcuna particolare formalità per il conferimento dell’incarico a terzi per la sua presentazione. L’identificazione della persona del mandatario, nel caso del privato, serve a dar conto del suo rapporto con il mandante in caso di contestazione. Nel caso del pubblico ministero, fermo il rapporto, può essere operata da qualsiasi ausiliario del suo ufficio (cfr., per tutte, Cass., Sez. 5^, n. 8096/ 06 e Sez. 6^ n. 21866/07).
Il principio è in effetti incontrovertito dal ricorso, che perciò travisa che se il cancelliere attesta di aver identificato la persona che presenta l’atto d’impugnazione firmato dal p.m., quale appartenente al suo ufficio di segreteria, non è possibile revocare in dubbio la provenienza dell’atto dal titolare del diritto d’impugnazione, quale che sia la sua qualificazione, cioè di ausiliario o esecutore, salvo contestazione di falsità dell’accertamento attestato.
I motivi di censura della sentenza risultano anch’essi del tutto infondati.
Lo è anzitutto il motivo 2 che, ponendo questione di "ponderazione", giunge a travisare l’acquisizione della notizia da riferire all’A.G. per la sua valutazione.
La novella dell’art. 347 c.p.p. ( D.L. n. 306 del 1992, art. 4, comma 1, lett. a) ha sostituito il termine perentorio di quarantotto ore, in origine prescritto per l’adempimento dell’obbligo di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, con la locuzione "senza ritardo", per consentire alla polizia giudiziaria di averne compiuta acquisizione. L’abolizione del termine perentorio non autorizza difatti il pubblico ufficiale, che ha avuto la notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, ad una propria valutazione di fondatezza, che resta riservata al pubblico ministero, viepiù che la norma non prescrive alcuna forma vincolata per la comunicazione tempestiva della notizia all’organo di iniziativa penale. Il reato di cui all’art. 361 c.p. pertanto sussiste dal momento in cui, fondata o non che appaia, il ritardo della comunicazione non consente al pubblico ministero qualsiasi iniziativa a lui spettante. Pertanto può essere escluso in caso d’incerta provenienza della notizia, solo se tale incertezza renda impossibile determinare l’oggetto della stessa notizia per sè rapportabile a norma incriminatrice.
Nella specie la sentenza risulta aver rispettato il principio. Ed ha minutamente analizzato il fatto (oggetto dell’esposto, provenienza, attribuzione a soggetto determinato, etc.), operando un sillogismo incensurabile. Ciò posto, qualsiasi mozione soggettiva del pubblico ufficiale nella specie condannato, men che la sua incertezza offerta a sostegno di buona fede nel ricorso, non serve in sede di legittimità a giustificarne il ritardo obiettivamente ritenuto (anzi a quanto s’intende l’omissione) o ad escluderne il dolo generico (motivo 3).
Sotto questo profilo il ricorso chiede verifica alternativa di merito, con riferimento a talune acquisizioni, prospettate in termini giustificativi dei rapporti dell’imputato con il Generale Fi.
(investiti anche dagli altri fatti costitutivi di reato), del tutto irrilevanti per quanto interessa la motivazione di prova offerta dal Giudice circa il reato in discorso.
Il due ultimi motivi sono solo di fatto, come tali del tutto non consentiti.
Il 4 difatti rioffre giustificazioni, qui inapprezzabili, quand’anche rilevanti per gli aspetti interni all’Arma, sol che si osservi che quanto attestato è dimostrato non rispondente al vero in sentenza.
Analogamente, non serve a ritenere erronea la condanna ripetuta il 5^ motivo, viepiù che le mozioni dei subordinati non avrebbero qui rilevanza, a fronte dell’obiettiva sussistenza di ciascuna coartazione, con minacce incontroverse.
E’ questo che dicono entrambe le sentenze. E quella d’appello risulta incensurabile.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
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