T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 06-04-2011, n. 3054 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza 7.12.2005, prot. n. 70577, è stata ingiunta la demolizione di due fabbricati, l’uno avente la superficie di 27,5 mq, con struttura verticale in gran parte in pietrame, ivi indicata quale indicante presumibilmente la presenza di preesistente consistenza edilizia, l’altro di 8,84 mq, nonché di un porticato di 23 mq circa, collocato tra i suddetti fabbricati, tutti realizzati su area vincolata paesaggisticamente, ubicata in Rieti in via Torretta n. 132, contraddistinta catastalmente dal foglio 33, particella 16, di proprietà dei ricorrenti.

Detto provvedimento è stato impugnato con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:

1) violazione ed errata applicazione ed interpretazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 2 della legge n. 241/1990 – falsità dei presupposti e difetto di istruttoria – sproporzione – violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost..

L’ordinanza impugnata ometterebbe di considerare che il manufatto di 27,5 mq sarebbe preesistente; essa sarebbe abnorme, in considerazione della possibilità di assentire le opere con permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001. In proposito, si rimarca l’avvenuta presentazione della relativa domanda in data 27.2.2005, nonché dell’istanza del nulla osta paesaggistico il 3.1.2006.

Il Comune di Rieti, regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito.

Con ordinanza 20.4.2006, n. 2346, questo Tribunale ha accolto parzialmente la domanda cautelare, proposta in via incidentale.

Con note 25.3.2006, prot. n. 19937, e 4.4.2006, prot. n. 21737, sono stati comunicati, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, i motivi ostativi all’accoglimento sulla domanda di sanatoria.

Dette comunicazioni, nonché il silenzio rigetto che si sarebbe formato su tale domanda, proposta ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, hanno costituito oggetto di motivi aggiunti.

In particolare, sul silenzio rigetto si sono dedotti:

2) violazione ed errata applicazione ed interpretazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 2 della legge n. 241/1990 – difetto assoluto di motivazione: l’Amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi con un provvedimento espresso, dotato di puntuale ed adeguata motivazione.

Sulle comunicazioni ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 si sono denunciati:

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 – violazione dell’art. 42 del Regolamento edilizio comunale – difetto di motivazione – eccesso di potere per travisamento dei fatti – falsità dei presupposti e difetto di istruttoria – violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost..

Si confutano analiticamente le ragioni che condurrebbero al diniego di sanatoria.

Riguardo alla presunta mancata verifica urbanistica, ai sensi della legge regionale n. 38/1999 e delle N.T.A. del P.R.G., se ne rileva "la totale genericità ed astrattezza", non essendo fornito alcun riferimento normativo specifico, dal quale desumersi l’effettivo contrasto tra l’opera realizzata e gli strumenti urbanistici ed edilizi vigenti.

Quanto al mancato rispetto della prescritta distanza minima di 10 m dal confine, si assume che l’opera sarebbe stata realizzata in adiacenza ad un fabbricato preesistente, che già si trovava alla medesima distanza dal confine, ed inoltre, ricadendo l’intervento al di fuori del perimetro del centro abitato, in zona E2 di P.R.G., il confinante non potrebbe essere danneggiato dall’opera realizzata.

In merito alla mancata produzione di idonea documentazione da cui si desumano precedenti del fabbricato preesistente, questi sarebbero ricavabili dal titolo di proprietà, a corredo della domanda di sanatoria, nonché dalle cartografie ufficiali allegate, quali parti integranti del progetto a sanatoria; inoltre, la preesistenza si evincerebbe dai materiali impiegati per la realizzazione del fabbricato.

Successivamente, in data 18.5.2006, è stato adottato il provvedimento prot. n. 31629 del 22.5.2006, recante diniego definitivo del permesso di costruire, gravato con un secondo ricorso per motivi aggiunti.

Le censure dedotte sono le seguenti:

4) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – eccesso di potere per difetto, contraddittorietà, perplessità ed insufficienza della motivazione – violazione del principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa in relazione ai principi e criteri direttivi di cui agli artt. 3 e 97 Cost.: non sarebbero state esplicitate le ragioni per le quali il Comune non ha ritenuto l’opera realizzata conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, limitandosi ad un generico richiamo alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di sanatoria, nonché al parere del responsabile del procedimento, espressamente trascritto, che a sua volta consisterebbe in un mero richiamo alla legge regionale n. 38/1999 ed alle N.T.A. del P.R.G.; parte ricorrente si riporta, altresì, a quanto dedotto al primo ricorso per motivi aggiunti;

5) violazione ed errata applicazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 – violazione del procedimento, per mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia: il provvedimento sarebbe stato adottato in assenza del parere obbligatorio, sebbene non vincolante, della Commissione edilizia, non essendo lo stesso necessario unicamente quando devono accertarsi solo i requisiti formali e procedurali in merito all’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire o debba decidersi sulla base soltanto di univoche considerazioni giuridiche.

La parte ricorrente ha prodotto una memoria conclusiva, in vista della pubblica udienza del 17.2.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.

Nel corso della pubblica udienza il difensore della parte ricorrente è stato avvisato, ai sensi dell’art. 73, comma 3, del D.Lgs. n. 104/2010, e di ciò è stato dato atto a verbale, che nella decisione del presente ricorso potesse essere rilevata una questione d’ufficio.
Motivi della decisione

1 – Il ricorso in esame consta del gravame introduttivo, con cui si impugna l’ordinanza demolitoria riferita a due fabbricati ed a un porticato collocato tra i due, e di due ricorsi per motivi aggiunti, aventi ad oggetto, rispettivamente, le comunicazioni, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di sanatoria proposta ex post, nonché il silenzio rigetto che su tale istanza si sarebbe formato, ed il provvedimento di diniego espresso del permesso di costruire in sanatoria.

1.1 – Occorre disaminare distintamente i tre ricorsi su richiamati.

2 – Il ricorso introduttivo è infondato per quanto di seguito indicato.

2.1 – Nello stesso si assume che il provvedimento sanzionatorio impugnato sarebbe inficiato da travisamento dei fatti, in quanto si riferirebbe a due fabbricati realizzati ex novo, mentre uno di essi sarebbe preesistente, come si desumerebbe dallo stesso materiale con cui è stato realizzato, e l’altro ne costituirebbe un ampliamento.

In proposito, si rileva che nessuna prova viene fornita di tale preesistenza e soprattutto della legittimità di detto fabbricato, tenuto conto che, anche ove fosse stato costruito in tempo non recente, esso richiederebbe comunque il titolo abilitativo, rappresentato dal permesso di costruire (già concessione edilizia), di cui non viene fornita alcuna prova. Né, d’altra parte, si dimostra l’anteriorità della sua costruzione all’entrata in vigore della legge n. 765/1967, prima della quale nelle aree poste al di fuori dei centri abitati non era prescritto detto titolo.

È evidente, perciò, che nessun travisamento dei fatti può ravvisarsi, dovendo considerarsi entrambi i fabbricati, nonché il pergolato posto tra i due come opere abusive integranti interventi di nuova costruzione, che necessitano del titolo edilizio, mancante.

2.2 – Il provvedimento demolitorio non è neppure abnorme ed anzi, a fronte di tale abuso edilizio, l’Amministrazione comunale ha correttamente agito, nell’esercizio di attività vincolata, essendo tenuta a perseguirlo, imponendo il ripristino dello status quo ante.

2.3 – La mera possibilità di chiedere il titolo edilizio a sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, non può certo far venir meno, in capo al Comune, l’obbligo di esercitare il potere sanzionatorio. D’altra parte, nella specie l’istanza de qua è stata presentata solo ex post, dopo l’adozione del provvedimento sanzionatorio, ed ha introdotto un procedimento autonomo e del tutto distinto dallo stesso.

3 – Passando al primo ricorso per motivi aggiunti, esso è in parte inammissibile ed in parte improcedibile.

3.1 – Esso è inammissibile, con riguardo alle comunicazioni (l’una integrativa dell’altra) dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di sanatoria, semplicemente perché tali atti non hanno natura provvedi mentale e, perciò, non sono idonei a ledere posizioni giuridiche soggettive; essi sono, infatti, atti endoprocedimentali, in questo caso collocati all’interno del procedimento introdotto dalla domanda tesa al conseguimento del permesso di costruire in sanatoria, con la finalità deflativa del contenzioso, consentendo un’ulteriore partecipazione degli interessati per poter eventualmente controdedurre ai motivi ostativi all’accoglimento di detta istanza, che con gli stessi sono stati enunciati.

3.2 – Il ricorso per motivi aggiunti in esame è improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, con riferimento al silenzio rigetto che si sarebbe formato in relazione alla domanda ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

Posto che già dalle comunicazioni appena viste si desumeva la volontà del Comune intimato di pronunciarsi in modo espresso, deve evidenziarsi che effettivamente, con provvedimento 18.5.2006, prot. n. 31629 del 22.5.2006, detto Ente ha manifestato il diniego definitivo del permesso di costruire.

Ne deriva che l’interesse ad impugnare il silenzio rigetto è venuto meno, per effetto dell’adozione del provvedimento richiamato in ultimo.

4 – Infine il secondo ricorso per motivi aggiunti è privo di fondamento.

4.1 – In proposito, non si ravvisa il dedotto difetto di motivazione, atteso che, al contrario, il provvedimento che ne costituisce l’oggetto riporta il parere del responsabile del procedimento, il quale indica chiaramente le ragioni per le quali la domanda di sanatoria non poteva essere accolta.

4.2 – Va precisato che, in base al principio dell’economia dei mezzi giuridici, è sufficiente che sia legittima una causa ostativa a detto accoglimento perché il provvedimento non sia rimosso dal mondo giuridico.

4.2.1 – Nel caso di specie, deve richiamarsi, in particolare, la rilevata circostanza che non sarebbe stata rispettata la prescritta distanza minima dal confine, pari a 10 m, essendo la stessa di soli 0,60 m.

Nessuna contestazione in fatto viene fatta; in altre parole, non si contesta che l’effettiva distanza dal confine sia pari a 0,60 m ed anzi essa risulta dalla stessa planimetria allegata all’istanza di sanatoria.

L’unica contestazione mossa dai ricorrenti riguarda la rilevanza di detta distanza inferiore a detto minimo sull’esito della domanda in parola.

Parte ricorrente sostiene, infatti, che, trattandosi di ampliamento di un fabbricato preesistente, già ubicato a tale ridotta distanza, non dovrebbe essere rispettata quella di 10 metri.

Non può essere condiviso l’esposto ordine di idee per due ordini di ragioni.

In primo luogo l’ampliamento integra in ogni caso un intervento di nuova costruzione ed, in quanto tale, deve rispettare le prescrizioni relative a tali interventi, ivi compresa quella riguardante le distanze.

Va poi considerato che, come la stessa Amministrazione ha eccepito nel provvedimento in questione, non è stata fornita alcuna prova della preesistenza del fabbricato avente la maggiore superficie; si è già rilevato che in ogni caso non è stata provata l’anteriorità al 1967, quando è stato imposto il titolo edilizio, per cui entrambi i manufatti vanno considerati abusivi.

I ricorrenti asseriscono, altresì, che la distanza minima di cui trattasi non danneggerebbe alcun soggetto vicino e, pertanto, non dovrebbe attribuirsene rilevanza.

Anche quest’affermazione non può essere condivisa, tenuto conto che le norme urbanistiche in materia di distanza non possono essere derogate, essendo state disposte nell’interesse generale.

4.3 – Quanto, infine, al rilievo secondo cui il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto emanato in assenza dell’acquisizione del parere della Commissione edilizia, si osserva quanto segue.

In via preliminare, in base all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, i Comuni che intendano istituire la Commissione edilizia devono individuare gli interventi per i quali deve essere acquisito il parere di detto organo consultivo.

Il regolamento edilizio del Comune di Rieti risale al 1979, perciò, prima dell’entrata in vigore del citato decreto, che ha previsto il carattere facoltativo della Commissione edilizia (in un’ottica di snellimento procedimentale e di semplificazione), e ne richiede l’intervento in relazione a qualsiasi trasformazione del territorio.

In via generale, poi la legge n. 241/1990 e s.m.i. stabilisce il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo ed, all’art. 16, recante "attività consultiva", prevede che, quando debbano essere acquisiti pareri, l’Amministrazione attiva possa prescinderne se questi non siano resi entro il termine di 20 giorni dalla richiesta, salvo che debbano essere espressi "da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini".

Interpretando nel modo più aderente ai principi sopra richiamati, deve concludersi nel senso che, quando non siano necessarie valutazioni di ordine prettamente tecnico, che involgano profili di tutela territoriale e paesaggistica, ma emergano quelle di ordine più squisitamente giuridico, l’Amministrazione possa provvedere pure in assenza del parere, il che è quanto è accaduto nella specie, stante in ogni caso il contrasto con la prescrizione in materia di distanza dai confini.

Pertanto il secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto.

5 – In conclusione il ricorso introduttivo ed il secondo ricorso per motivi aggiunti sono infondati e devono essere rigettati, mentre il primo ricorso per motivi aggiunti è in parte inammissibile, per carenza di interesse, ed in parte improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse.

6 – Per quanto concerne le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa, stante la soccombenza dei ricorrenti, nulla deve disporsi, in assenza di costituzione del Comune intimato.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso introduttivo in epigrafe, dichiara in parte inammissibile, per carenza di interesse, ed in parte improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il primo ricorso per motivi aggiunti e rigetta il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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