Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 11-04-2011, n. 14462

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – G.R. propone ricorso contro sentenza della Corte di Caltanissetta, che ne ha confermato la condanna del GUP per concorso con S.S. in tentata estorsione aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7 commessa in (OMISSIS) (capo B). La Corte ha escluso la recidiva ritenuta dallo stesso GUP, che per parte sua aveva già escluso l’aggravante di mafia circa l’altro delitto (capo C), di estorsione consumata in concorso con il fratello G. nel luglio 2005. E, con generiche prevalenti, gli ha ridotto la pena relativa ad a. 3 e m. 8, determinato quella complessiva in a. 5 e m. 8 di reclusione.

Quanto al capo B, ha ritenuto decisive le dichiarazioni rese alla P.G. dall’offeso D.T., titolare di un ditta di lavori di movimento terra, che si sposa con il senso complessivo di conversazioni intercettate e con parziali ammissioni dei responsabili. D.T. era stato prelevato con forza e condotto in autovettura in zona remota e minacciato con metodo di mafia, per essere costretto a versare il pizzo per lavori già acquisiti e dar prevalenza ad interessi di imprese diverse. La teste M. aveva assistito al suo prelievo forzoso, riferendone subito al padre di lui, che chiamava un amico per rintracciare il figlio.

Quanto al reato sub C, ha respinto la richiesta di assumere l’offeso A., che aveva attribuito al ricorrente la minaccia di bruciare lui ed il suo distributore di carburanti, sostanzialmente confermata dal teste Me.. E, pur escludendo aggravante e recidiva, ha disatteso la tesi difensiva che lo stesso A. fosse debitore dei G. ed in effetti suggestionato dalla Polizia giudiziaria, cui avrebbe offerto indicazioni non rispondenti al vero circa le reali ragioni per cui aveva corrisposto mille/00 Euro ai richiedenti.

Il ricorso (Avv. F. Bellino) deduce: 1 – violazione art. 629 c.p. circa il capo B, perchè l’intimazione rivolta a D.T., di astenersi dall’accaparramento di lavori, cioè da determinati comportamenti, deve rapportarsi al paradigma dell’art. 610 c.p., dal momento che non avrebbe influito nella sfera di interesse economico di G., procurandogli profitto ingiusto, nè danno ingiusto all’offeso che, a differenza del profitto, dev’essere patrimoniale;

2 – idem in relazione all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 attribuita ad un solo episodio avvenuto tra conoscenti, perchè il riferimento di G. (a vicende di Cosa Nostra) non si rapportava a specifici assetti organizzativi, ma era un connotato di ambiente locale;

3 – violazione dell’art. 603 c.p.p. circa il capo C, per mancata assunzione della testimonianza decisiva del presunto offeso A. E., dovendosi considerare l’appello che argomentava sia circa il rapporto di dare ed avere tra persone dello stesso ambiente, sia per avere A. fornito solo dopo due anni dai fatti alla P.G. dichiarazioni non rilasciate al momento di prestiti, di cui si attendeva la restituzione e dunque non si tratta di un "pizzo".

Difatti ha affermato che G., prima dell’arresto, doveva ancora saldare l’ultimo debito di Euro 500,00 e nella prassi criminale l’estorto non richiede all’estorsore la restituzione delle somme versate;

4 – vizio di motivazione circa lo stesso reato, perchè Me. riscontra l’offeso solo per quanto concerne la richiesta di G. di "cambiare un assegno" che serviva a ripagare un suo precedente debito, non operazioni proprie di estorsione, che implica movimento unilaterale di somme;

5 -violazione dell’art. 81 c.p. – vizio di motivazione perchè, ferma l’omogeneità dei reati e l’unicità del disegni criminoso, si è adottato il solo criterio temporale per escludere la continuazione, benchè la norma riporti l’inciso "anche in tempi diversi". 2 – Il ricorso è inammissibile.

A fronte di due sentenze sostanzialmente conformi, salvo le puntualizzazioni di quella d’appello a favore dell’imputato, il ricorso ripete le tesi di merito, con argomenti in diritto e fatto manifestamente infondati.

Quanto al reato sub B, travisa del tutto che l’iniziativa privata serve a conseguire profitto lecito e che inibire la libertà di impresa ( art. 41 Costituzione) integra estremo di estorsione, perchè cagiona danno economico all’offeso e profitto per qualsiasi potenziale concorrente che si avvalga del venir meno della sua offerta, sia o non l’autore dell’estorsione.

Inoltre, già è significativo per intendere il perchè della manifesta infondatezza anche dell’altro motivo, prestare attenzione alla lettera dell’art. 416 bis c.p., ancorchè l’aggravante sia stata ritenuta in particolare per l’uso del metodo di mafia, volesse l’imputato o non agevolare una specifica consorteria. Sotto questo profilo è del tutto di merito oltre che incongrua la ripetuta tesi che, nella specie, le modalità del comportamento intimidatori si confinerebbero in un connotato ambientale, per escludere valenza significativa ai riferimenti di G. nel senso inteso dai giudici dello stesso merito. Ma soprattutto l’argomento paradossalmente conferma la bontà del loro convincimento, perchè anche e proprio la connotazione culturale del fatto rafforza l’aspetto circostanziale delle modalità.

Quanto al delitto sub C, prescindendo dal rilievo che si è svolto giudizio abbreviato, il ricorso, posto che non smentisce la condotta criminosa e l’evento, non dimostra minimamente l’assoluta necessità del giudice d’appello di assumere quale teste la persona offesa.

Mira a ripetere la giustificazione offerta all’operato di G., travisando che l’imputato non ha offerto alcun elemento a sostegno della tesi che vantasse lui diritto nei confronti di A., invece creditore, onde la minaccia è risultata ai giudici obiettivamente volta a conseguire profitto illecito. Dunque, ancora merito manifesta infondatezza.

L’ultimo motivo è anch’esso affetto da entrambi i vizi nel ripetere la tesi difensiva ripetutamente respinta, dal momento che è bensì vero che la continuazione può concernere fatti delittuosi commessi in tempi diversi, ma solo se vi è unità temporale del disegno che concerne tutti. Pertanto se, tra più delitti anche omologhi è trascorso molto tempo e i fatti abbiano mozioni e modalità diverse, il beneficio risulta obiettivamente irriconoscibile.

E nella specie la mozione relativa all’estorsione ai danni di A., viepiù che la corte di merito ha escluso l’aggravante speciale di mafia, non ha nulla a che fare con quella volta ad impedire la libertà d’impresa a D.T..
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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