Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-02-2011) 11-04-2011, n. 14461 Attenuanti comuni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

andro.
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 29 giugno 2010, ha riformato la sentenza del Tribunale di Cagliari, Sezione Distaccata di Carbonia del 20 gennaio 2007 ed ha condannato, per quanto d’interesse del presente giudizio, A.S., B.E., G.M.M.S. e Ga.Ma. alla pena di anni due di reclusione per il delitto di sequestro di persona aggravato in concorso.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, lamentando:

a) l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento alla mancata dichiarazione di prescrizione del delitto loro ascritto, per l’erronea applicazione retroattiva dell’art. 159 c.p., comma 3 nonchè per l’erroneo inquadramento dei periodi di rinvio ai fini della sospensione del corso della prescrizione stessa;

b) la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’affermazione della penale responsabilità dei ricorrenti, con particolare riferimento al mancato esame della loro tesi alternativa;

c) l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento al mancato effetto estensivo dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.
Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Il reato di sequestro di persone in questione non può, infatti, considerarsi estinto per prescrizione.

Invero, essendosi la condotta esaurita il 28 aprile 1997, il termine massimo di prescrizione, pari a dodici anni e mezzo, alla stregua dell’art. 157 c.p., comma 1, e dell’art. 161 c.p., comma 2, nel testo come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, applicabile ratione temporis in relazione alla data di emanazione della sentenza di primo grado (20 gennaio 2007), ai sensi della L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3, come emendato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 23 novembre 2006 n. 393, sarebbe in astratto decorso il 28 ottobre 2009.

Bisogna, però, al riguardo tener conto dei periodi di sospensione della prescrizione, determinati dai rinvii di udienza idonei a determinarli.

Nel corso del giudizio di primo grado vi furono i rinvii indicati nello specchietto presente alla pagina 8 del presente ricorso (sub punto 1.5) per complessivi mesi 16 e giorni tredici.

Si tratta complessivamente di anni uno mesi 4 e giorni 13, che vanno considerati per intero, nonostante la disposizione di cui all’art. 159 c.p., comma 1, n. 3, nel testo come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251.

La detta disposizione, infatti secondo la recentissima decisione delle Sezioni Unite 30 settembre 2010 n. 43428, non può applicarsi ai rinvii disposti, come nella specie (dal 4 marzo 2002 al 10 novembre 2005) anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005.

Tale conclusione è imposta dalla sua natura di norma rivolta al Giudice, cui è inibito di differire l’udienza, per impedimento delle parti o dei difensori, "oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento", limite al cui rispetto non poteva evidentemente essere chiamato nè tenuto prima che la disposizione esistesse.

Ancora, il novellato disposto dell’art. 159 c.p., comma 1, n. 3 non può applicarsi al di fuori delle ipotesi ivi espressamente previste ("impedimento delle parti o dei difensori") e, quindi, in particolare ai rinvii disposti per adesione dei difensori all’astensione indetta dalle Camere penali o per concomitante impegno professionale del difensore.

In tal senso si è già coerentemente pronunciata questa Corte con specifico riferimento sia alla prima (v. Sez. 5^ n. 18071 del 08/02/2010) che alla seconda ipotesi (v. Sez. 1^ n. 44609 del 14/10/2008).

Sostengono, poi, i ricorrenti come i rinvii disposti sull’accordo delle parti non integrino una causa di sospensione del corso della prescrizione sulla base di un precedente di questa stessa Corte (v.

Cass. Sez. 1^ 22 dicembre 2007 n. 7337 ma anche questa Sezione 5^ 7 dicembre 2007 n. 13296).

Tale eccezione va subito rilevato che riposa, quantomeno, sull’erronea lettura della citata decisione che, al contrario, afferma come l’effetto sospensivo della prescrizione sussista in tutti i casi in cui il rinvio sia disposto su richiesta dell’imputato o del suo difensore, salvo quando sia disposto per acquisizione della prova o in seguito al riconoscimento di termini a difesa, essendo collegato, in funzione garantistica, al criterio della imputabilità del rinvio; con la conseguenza che anche nel caso del rinvio disposto sull’accordo delle parti si tratterebbe pur sempre di un rinvio non collegato ad esigenze probatorie e difensive e quindi imputabile agli imputati ed alle loro difese che avevano interesse ad un ulteriore termine di sospensione, cui hanno dato causa, per perfezionare la transazione cui non erano ancora addivenuti ad anni di distanza dal fatto.

In conclusione, il reato di sequestro di persona andrà a prescriversi soltanto il 3 marzo 2011, aggiungendo al normale termine prescrizionale dianzi indicato i giorni, evidenziati dagli stessi ricorrenti, che hanno sospeso il termine stesso.

3. Il secondo e terzo motivo di ricorso sono al limite dell’inammissibilità. Quanto al preteso mancato esame della "tesi alternativa" all’effettivo svolgimento dei fatti, sottoposta dagli odierni ricorrenti alla Corte territoriale per sostenere il loro mancato coinvolgimento nei fatti ascritti basta semplicemente osservare come l’impugnata sentenza, da un lato (v. pagina 12), con motivazione pienamente logica ispirata da "un verbale di dibattimento lunghissimo, arricchito anche dalla attività di accertamento tecnico svolte dalla difesa sullo stato dei luoghi in cui sarebbero avvenuti i fatti.." abbia ricostruito i fatti stessi e ne abbia susseguentemente dato un’interpretazione informata ai principi di diritto applicabili in concreto (v. pagine 19 – 36).

A ciò si aggiunga, con assorbente considerazione, come dalla pagina 37 la stessa decisione oggi impugnata abbia espressamente affermato:

"contemporaneamente si deve verificare la ipotesi alternativa dedotta dalla difesa.." giungendo, dopo averne affermato la carenza assoluta di riscontri, al suo respingimento sulla base di un’articolatissima motivazione, puntigliosa nel tener conto di tutte le emergenze processuali (fino alla pagina 55, con un approfondimento pari al numero delle pagine utilizzate).

4. Del pari infondato è il motivo di ricorso basato sul mancato riconoscimento, in capo agli imputati, dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 a cagione dell’avvenuto risarcimento del danno ad opera del Ministero della Difesa.

In diritto si osserva come questa Corte, anche di recente (v. Cass. Sez. 2^ 13 gennaio 2010 n. 3998), abbia affermato che tale attenuante non sia configurabile allorchè il risarcimento sia l’effetto in tutto o in parte non della libera determinazione volitiva dell’imputato, bensì dell’opera di terzi.

Nella fattispecie la Corte territoriale, con asserzione neppure smentita dai ricorrenti, ha chiarito come la mancata concessione della suddetta attenuante sia stata l’effetto del comportamento degli imputati che "non hanno in alcun modo cercato di attenuare le conseguenze dei reati", di talchè non sembra neppure applicabile la giurisprudenza citata dai ricorrenti, che presuppone, in ogni caso, la concreta ed effettiva volontà di riparazione del danno in capo agli imputati ovvero la dimostrazione da parte di questi ultimi di voler far proprio il risarcimento posto in essere da terzi.

5. In definitiva il ricorso deve essere rigettato e i ricorrenti condannati, ciascuno di essi, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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