Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-02-2011) 11-04-2011, n. 14456

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 23 ottobre 2009, ha confermato la sentenza del GIP presso il Tribunale di Biella del 24 febbraio 2009 che aveva condannato N.A., per i delitti di lesioni personali aggravate, danneggiamento e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice e S.S. soltanto per tale ultimo delitto in danno di No.Gi. e L.C..

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati personalmente lamentandone, quale unico sostanziale motivo, la manifesta illogicità, quanto alla ritenuta attendibilità delle parti offese nonchè, di converso, quanto alla ritenuta inattendibilità delle deposizioni testimoniali a discarico.

3. E’ stata, inoltre, depositata memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. da parte del difensore degli imputati.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, inammissibile.

2. Giova premettere in diritto, come ribadito costantemente da questa Corte, pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verifica re che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Il Giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti "atti del processo".

Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi "atti del processo" e di una correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale "esistenza" della motivazione e sulla permanenza della "resistenza" logica del ragionamento del Giudice.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

3. In fatto, questa volta, si osserva come il motivo di ricorso risulti simile se non identico a quelli presentati in sede di appello e disattesi dalla Corte territoriale e già questo porterebbe alla declaratoria d’inammissibilità per genericità, alla stregua della pacifica giurisprudenza di questa Corte sul punto.

E ciò sia perchè il carattere autonomo di ogni impugnazione postula che essa rechi in sè tutti i requisiti voluti dalla legge per provocare e consentire il controllo devoluto al Giudice superiore, sia perchè in tal caso i motivi non assolvono la loro funzione tipica di critica, ma si risolvono in una mera apparenza (v. Cass. Sez. 5^ 27 gennaio 2005 n. 11933).

A ciò si aggiunga come la Corte di Appello, con motivazione congrua e pienamente logica, abbia in primis (v. pagine 1 – 2 della motivazione) esposto la versione dei fatti secondo le dichiarazioni delle parti lese e l’abbia, in seguito, sottoposta al vaglio delle osservazioni critiche di cui ai motivi dell’impugnazione (v pagine 3- 5 della motivazione con riferimento al delitto di lesioni personali e pagina 5 per l’ulteriore imputazione ascritta ad entrambi i ricorrenti) giungendo in maniera chiara alla conferma dell’impugnata decisione.

La memoria difensiva ulteriormente depositata nell’interesse dei ricorrenti approfondisce vieppiù l’esame del fatto sottoposto ai Giudici del merito ed aggiunge pertanto un’ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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