T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 06-04-2011, n. 3043 Sospensione cautelare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione della Giustizia in data 22 giugno 2010 e depositato il successivo 7 luglio 2010 il ricorrente, assistente capo di Polizia Penitenziaria presso la Casa di Reclusione di Porto Azzurro, espone che durante una perquisizione presso la sua abitazione in data 20 aprile 2010 veniva rinvenuto un "porta tabacco contenente pezzetti di sostanza stupefacente tipo hashish per un peso complessivo pari a 0,3 grammi…n. 45 semi di sostanza stupefacente tipo marjjuana…", sicchè veniva trattenuto agli arresti domiciliari. In data 22 aprile 2010 il PM ritenendo l’esiguità del quantitativo di stupefacente rinvenuto disponeva la liberazione del ricorrente. Se non che gli veniva notificato il decreto impugnato con il quale il Dipartimento disponeva la sospensione obbligatoria per tre giorni dal 20 al 22 aprile 2010 e quella cautelare a decorrere dal successivo 23 aprile.

Avverso tale atto deduce:

– violazione dell’art. 7, commi 2 e 3 ed 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241; violazione dell’art. 3 della medesima norma.

– Carenza di potere – Eccesso di potere per travisamento dei fatti – Violazione di legge in particolare dell’art. 7, comma 2 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.

Chiede pertanto l’accoglimento dell’istanza cautelare anche con provvedimento presidenziale inaudita altera parte e del ricorso.

Con decreto n. 3143 del 9 luglio 2010 è stata concessa la misura cautelare, confermata alla successiva Camera di Consiglio del 13 luglio 2010.

In assenza di compiuta memoria da parte dell’Amministrazione costituita il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 17 febbraio 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Con esso il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il sostituto del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha disposto la sospensione dal servizio per i giorni dal 20 al 22 aprile 2010, venendo egli trattenuto agli arresti domiciliari per essere stato trovato in possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente presso l’abitazione ed ha altresì ingiunto la prosecuzione della sospensione cautelare a partire dal 23 aprile 2010.

2. Premesso in fatto che lo stato di arresto è venuto a cessare con provvedimento del GIP del 22 aprile 2010 motivato nella "considerazione della quantità di stupefacente rinvenuta" l’interessato, col primo motivo di ricorso, lamenta che non gli è stata data la comunicazione di avvio del procedimento di sospensione cautelare che oltre tutto è stata disposta quando il Pubblico Ministero aveva invece deciso di revocare la misura degli arresti domiciliari. Il decreto è anche sprovvisto dell’autorità e dei termini entro i quali ricorrere.

Con la seconda doglianza l’interessato oppone, inoltre, che dal provvedimento non è possibile evincere il soggetto dal quale sia stato emesso ed anzi sembrerebbe che non sia stato adottato neppure dal Capo del Dipartimento, ma da un suo sostituto, contrariamente a quanto dispone l’art. 7 del d.lgs. n. 449/1992.

La sospensione è poi stata disposta quando il provvedimento di arresto aveva avuto termine, mentre l’Amministrazione ha ritenuto del tutto inopinatamente di prorogarlo fino all’esito del giudizio penale, senza neppure tener conto del provvedimento del Pubblico Ministero, laddove questi ha disposto la revoca degli arresti del ricorrente in considerazione della esigua quantità di stupefacente rinvenuto e cioè pari a 0,3 grammi di hashish e 45 semi di marijuana. E’ pure da rilevare che lo stato del procedimento penale a carico del ricorrente è ancora nella fase delle indagini preliminari per cui egli non può dirsi imputato, come erroneamente ritenuto dall’Amministrazione e quindi tecnicamente egli non può essere considerato come "sottoposto a procedimento penale". Quanto poi alle sostanze rinvenute presso la sua abitazione egli rappresenta oltre la modestia della quantità di hashish, anche la circostanza che i semi di marijuana non possono essere considerati elemento di reato, perché se la coltivazione può essere ritenuta punibile, non altrettanto è il possesso di semi avuto riguardo alla legge n. 412 del 1974. Conclude sostenendo che il provvedimento si presenta del tutto abnorme e sproporzionato nella considerazione della disposta scarcerazione, della mancata sottoposizione a procedimento penale, ancora allo stadio di indagini preliminari e pure della circostanza che egli sia l’unico soggetto punito con la sospensione dal servizio, rispetto ad altri 11 colleghi, nei cui riguardi, in occasione delle perquisizioni eseguite, sono stati rinvenuti quantitativi ben più rilevanti di sostanze in loro possesso.

3. In via preliminare va esaminata e respinta la censura di incompetenza proposta per essere il provvedimento firmato per il Capo Dipartimento da soggetto che lo ha sottoscritto mediante l’apposizione di sbarra e della propria sigla al di sotto della dicitura "Capo Dipartimento".

Al riguardo è da rilevare che nella prassi amministrativa, soprattutto dei sistemi gerarchizzati come è quello della Polizia Penitenziaria, la sottoscrizione di un provvedimento preceduta dalla sbarra è legittimamente apposta dal funzionario anziano che sostituisce temporaneamente, in questo caso il Capo del Dipartimento, nella apposizione della firma, ferma restando la responsabilità del provvedimento in capo a quest’ultimo. In assenza dunque di ogni idonea dimostrazione che il firmatario fosse un soggetto che si fosse arrogato il potere di firma, perché non rivestiva una idonea posizione all’interno della struttura, la censura di incompetenza va respinta, rimanendo sprovvista di idonea prova contraria.

4. Il ricorso va accolto con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 7, comma 2 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, in particolare in ordine alla prospettata mancanza del presupposto per l’applicazione della norma e cioè la sottoposizione del ricorrente a procedimento penale.

La norma infatti prescrive che "l’appartenente ai ruoli del Corpo di polizia penitenziaria sottoposto a procedimento penale, quando la natura del reato sia particolarmente grave, può essere sospeso dal servizio…", laddove nel caso in esame l’interessato risulta destinatario di un provvedimento di revoca degli arresti domiciliari, ai quali è rimasto sottoposto per tre giorni nel mese di aprile del 2010, e non risulta, invece, ancora tecnicamente "sottoposto a procedimento penale" non emergendo dalle risultanze attizie il rinvio a giudizio del ricorrente, mentre la circostanza che sono ancora in corso le indagini preliminari non risulta smentita dall’Amministrazione. Costante è la giurisprudenza sull’argomento e che pone in rilievo come presupposto per la legittimità della sospensione dall’impiego è la sottoposizione a processo penale con rinvio a giudizio, oltre la valutazione discrezionale dell’Amministrazione in ordine alla gravità dei fatti stessi, (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 08 luglio 2008, n. 6433, TAR Veneto, sezione I, 18 novembre 2003, n. 5781).

5. Assume scarso rilievo la censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che, ancorché il provvedimento è stato adottato a distanza dalla sottoposizione dell’interessato agli arresti domiciliari, tale misura ne giustifica l’adozione seppure nella forma non legittima, per come sopra rilevato.

La sospensione dal servizio conseguente alla irrogazione di una misura coercitiva si qualifica come provvedimento vincolato ed in quanto tale non bisognevole di comunicazione di avvio del procedimento, il cui difetto ai sensi dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 non può neppure più far automaticamente conseguire l’annullamento del provvedimento adottato. (TAR Lazio, sezione I ter, 9 agosto 2010, n. 30436).

6. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto come in motivazione indicato e per l’effetto va annullato il decreto del Ministero della Giustizia – DAP n. 01726382010/30572/DS11 in data 30 aprile 2010, di sospensione dal servizio del ricorrente e per il resto va respinto.

7 La soccombenza solo parziale consente di ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come in motivazione indicato e per l’effetto annulla il decreto del Ministero della Giustizia – DAP n. 01726382010/30572/DS11 in data 30 aprile 2010, di sospensione dal servizio del ricorrente e per il resto lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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