Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-01-2011) 11-04-2011, n. 14447

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.M.G. era chiamato a rispondere, innanzi al Giudice di pace di Alcamo dei reati di ingiuria e lesioni personali in danno di S.A. scagliandole contro il cane che teneva al guinzaglio e cagionandole uno stato ansioso con prognosi di giorni uno e crisi di ansia reattiva con prognosi di giorni due.

Con sentenza del 18 dicembre 2007, il Giudice di pace dichiarava il L.M. colpevole del reato di lesioni personali e, per l’effetto, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia, nonchè al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore della persona offesa costituitasi parte civile; lo dichiarava, invece, non punibile in ordine al delitto di ingiuria.

Pronunciando quale giudice del gravame, il Tribunale di Alcamo, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, concedeva all’imputato le attenuanti generiche e, pertanto, rideterminava nei termini di giustizia la pena inflitta, oltre consequenziali statuizioni.

Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con unico motivo d’impugnazione, parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza e manifesta illogicità di motivazione. Lamenta, in particolare, l’erronea valutazione delle risultanze di causa, e segnatamente delle dichiarazioni della persona offesa, ritenuta attendibile nonostante le contraddizioni nelle quali era incorsa, e delle compiacenti dichiarazioni testimoniali di D.G.M. e L. F. Si duole, ancora, che siano state ritenute provate le lamentate lesioni sulla base di certificazione sanitaria che non attestava alcunchè di oggettivo, clinicamente apprezzabile, ma soltanto quanto riferito dalla persona offesa.

2. – Le censure sono vistosamente inammissibili. Ed infatti, il primo profilo di doglianza attiene a questione squisitamente di merito, come, pacificamente, è quella afferente alle risultanze di causa che si sottrae al sindacato di legittimità, ogni qual volta, come nel caso di specie, sia assistita da motivazione congrua e formalmente corretta. Ineccepibile, infatti, è il costrutto motivazionale in forza del quale il giudice di appello ha ribadito il giudizio di colpevolezza, in esito ad un prudente apprezzamento delle dichiarazioni della persona offesa e del significativo riscontro offerto dalle raccolte testimonianze di persone che avevano assistito al fatto.

Va, infine, disatteso il secondo profilo di censura relativo alla prova, ritenuta carente, delle denunciate lesioni, trattandosi di doglianza prospettata solo per la prima volta in questa sede, posto che, in appello, l’imputato aveva contestato la riconducibilità delle affezioni denunciate al novero delle lesioni penalmente rilevanti. Ad ogni modo, la prova è stata fondatamente tratta dalle certificazioni sanitarie in atti, posto che lo stato di ansia e la crisi ansiosa reattiva sono alterazioni suscettibili di verifica e di riscontro clinico e non, semplicemente, affidate al riferito del paziente.

3. – Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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