Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-01-2011) 11-04-2011, n. 14444

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Campobasso confermava la sentenza del 23 marzo 2006, con la quale il Tribunale di Larino aveva dichiarato S.D. e G. C. colpevoli del delitto di violazione di domicilio, ai sensi degli artt. 110 e 614 c.p. perchè, in concorso tra loro, rappresentando falsamente a B.C. di essere due incaricate della Protezione Civile, si introducevano con l’inganno all’interno dell’abitazione della stessa aggirandosi in tutti i locali e, per l’effetto, le aveva condannate alla pena ritenuta di giustizia, oltre consequenziali statuizioni.

Avverso la sentenza anzidetta il difensore delle imputate ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione le ricorrenti lamentano l’inidoneità della motivazione della sentenza impugnata a giustificare il ribadito giudizio di colpevolezza, in quanto meramente ripetitiva di quella di primo grado; nonchè insufficienza degli elementi di prova a dimostrare l’identificazione delle stesse imputate, come le persone che si erano introdotte, con artifici, nell’abitazione dell’anziana signora.

Ritengono, all’uopo, inaffidabile la ricognizione fotografica, effettuata, peraltro, in base a foto datate.

Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 133 c.p., con riferimento al regime sanzionatorio.

2. – Le censure proposte dalle ricorrenti sono inammissibili per evidente genericità di formulazione e, ad ogni modo, risultano manifestamente infondate. L’ineccepibile, infatti, è il costrutto motivazionale in forza del quale il giudice di appello ha ribadito il giudizio di colpevolezza a loro carico, valorizzando correttamente significative risultanze di causa. Tali erano, soprattutto, le dichiarazioni della persona offesa e di altra persona, Ca.

N., che aveva subito identica intrusione nel proprio domicilio;

e, soprattutto, l’individuazione fotografica delle due donne, confermata in sede dibattimentale sia dai verbalizzanti che avevano proceduto all’incombente sia dalle stesse persone offese, la B. ed il Ca., che avevano compiuto l’informale riconoscimento;

da ultimo, la significativa coincidenza del fatto che una delle due donne, odierne ricorrenti è risultata proprietaria dell’autovettura a bordo delle quali le stesse erano state viste allontanarsi.

La censura relativa al regime sanzionatorio attiene, poi, a questione prettamente di mento, che non è sindacabile in questa sede a fronte di motivazione adeguata e formalmente corretta, che ha, argomentatamente, riconosciuto la congruità della pena inflitta in primo grado, peraltro già mitigata per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche.

3. – Per quanto precede entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili ed alla relativa declaratoria conseguono le statuizioni dettate in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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