Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-06-2011, n. 14448 Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Deceduto nel 1980 C.B.G., la vedova G. E. conveniva in giudizio la figlia L., per far accertare l’apertura della successione legittima, per invalidità del testamento. La figlia L. resisteva, mentre aderiva alla domanda il figlio G..

Quest’ultimo nel 1982 avviava azione autonoma per la divisione dell’eredità, secondo le regole della successione legittima.

Riunite le cause e dichiarata l’interruzione per morte della G., dopo la riassunzione, il tribunale di Milano il 18 aprile 1988 respingeva l’impugnativa del testamento e disponeva con sentenza non definitiva la divisione testamentaria. Nell’atto di appello C.B.G., oltre ad insistere nelle domande iniziali, svolgeva domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie.

La Corte d’appello ambrosiana nel febbraio 1993 respingeva il gravame e dichiarava inammissibile, perchè nuova, l’azione di riduzione.

Nell’ottobre 1993 C.B.G. chiedeva con nuovo atto di citazione la riduzione delle disposizioni testamentarie paterne.

La sorella eccepiva la prescrizione della domanda. Il tribunale di Milano con sentenza del 9 novembre 2000 respingeva la eccezione di prescrizione, ritenuta ammissibile, ma, considerando infondata la domanda, con sentenza non definitiva disponeva la divisione secondo le disposizioni testamentarie.

Il 12 luglio 2001 C.B.G. impugnava detta sentenza.

C.B.L. eccepiva la inammissibilità dell’impugnazione.

La Corte d’appello, con la sentenza 15 febbraio 2005, oggi oggetto di ricorso, rilevava che il fascicolo dell’appellante era stato depositato tardivamente, sicchè non si poteva tener conto di quanto in esso contenuto.

Dichiarava l’inammissibilità del gravame perchè presentato dopo che l’appellante aveva formulato espressa riserva d’appello all’udienza del 20 dicembre 2000.

Esaminava comunque nel merito l’impugnazione e, capovolgendo sul punto la decisione di primo grado, dichiarava prescritta l’azione di riduzione.

Contro questa decisione insorge C.B.G., spiegando tre motivi.

C.B.L., oltre a resistere, ha svolto ricorso incidentale condizionato, illustrato con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE 2) Il ricorso incidentale pone la questione della improcedibilità dell’appello a causa della "omessa presentazione del fascicolo di secondo grado", questione implicitamente risolta dalla Corte d’appello, la quale, pur dando atto della tardiva e irrituale produzione di tale fascicolo, ha ritenuto di poter dover comunque procedere nell’esame dell’impugnazione. Pertanto, a mente della giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un. 5456/09), il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, pur investendo una questione pregiudiziale di rito, ha natura di ricorso condizionato.

3) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 340 c.p.c., ed omessa motivazione in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, perchè rivolto contro sentenza non definitiva.

Riesumando un superato precedente di legittimità (Cass. 7225/92), il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto indagare sulla reale ed effettiva portata della sentenza di primo grado, riconoscendone la caratteristica di sentenza definitiva e ammettendone l’impugnazione; irrilevante sarebbe la riserva d’appello formulata nella udienza del 20 dicembre 2000.

La censura è priva di fondamento. La sentenza del 9 novembre 2000, espressamente dichiarata non definitiva nel dispositivo, ha disposto la divisione dell’asse relitto dal de cuius secondo il testamento olografo; ha respinto la domanda di riduzione e ha rimesso alla sentenza definitiva la decisione sulle spese di giudizio.

Correttamente pertanto la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’immediata impugnazione, attendendosi alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale nella ipotesi di cumulo di domande tra gli stessi soggetti, è da considerarsi non definitiva, agli effetti della riserva di impugnazione differita, la sentenza con la quale il giudice si pronunci su una (o più) di dette domande con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ex art. 279 cod. proc. civ., comma 2, n. 5 e senza provvedere sulle spese in ordine alla domande (o alle domande) cosi1 decise, rinviandone la relativa liquidazione all’ulteriore corso del giudizio (S.U. 711 del 1999). A questo insegnamento delle Sezioni Unite si sono conformate, tra le altre, Cass 16736/05; Cass 4618/07; 22440/09.

Va aggiunto che questo orientamento risulta coerente con la linea di pensiero, di recente consolidatasi in tema di impugnazione nella giurisprudenza delle Sezioni Unite (cfr SU n. 390 del 2011), secondo la quale il criterio dell’apparenza deve prevalere ai fini della scelta del rimedio impugnatorio esperibile.

4) Secondo e terzo motivo di ricorso si rivolgono contro altri profili della decisione della Corte d’appello, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione avverso la sentenza non definitiva.

Essi risultano inammissibili per difetto di interesse. Il primo denuncia violazione degli artt. 279, 340, 359 c.p.c. e motivazione contraddittoria, per avere la sentenza dichiarato inammissibile l’appello, passando però all’esame e decisione nel merito sulla eccezione di prescrizione.

Il secondo, al fine di negare che l’azione di riduzione sia incorsa nella prescrizione, denuncia violazione dell’art. 2943 c.c. e omessa motivazione.

Vale qui ricordare quanto statuito da Cass. Sez. Un. 3840/07: Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della "potestas iudicandi" in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conscguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta "ad abundantiam" nella sentenza gravata.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale.

Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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