Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli dichiarava B.R. e C.A. responsabili del delitto di cui all’art. 392 c.p., così riqualificata l’originaria contestazione del delitto ex art. 633 c.p., relativa all’aratura di una strada interpoderale attraverso la quale V.F. accedeva dal suo fondo alla strada pubblica.
Propongono ricorso per cassazione i prevenuti a mezzo del difensore, deducendo:
1.- che il giudice d’appello, attraverso l’operazione di formale riqualificazione del fatto, ha in realtà identificato un fatto nuovo o diverso, comportante l’obbligo di restituzione degli atti al primo giudice, ed è in tal modo, e comunque, incorso in una grave violazione dei diritti della difesa, che si era articolata in modo esclusivo e specifico in funzione della fattispecie originariamente contestata, in ordine alla quale si era evidenziata l’insussistenza del presupposto essenziale dell’altruità del fondo;
2.- l’insussistenza degli estremi del reato ritenuto, mancando qualsiasi diritto o possesso altrui (come da documentazione prodotta e illegittimamente tenuta in nessun cale) e qualsiasi contesa in proposito al momento del fatto;
3.- il vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle testimonianze e della documentazione prodotta, comprovante l’inesistenza della servitù in favore del V., e in ordine alla (in ogni caso insussistente) consapevolezza dei prevenuti di un tale diritto.
Motivi della decisione
E’ fondato il primo motivo di ricorso (con conseguente assorbimento degli altri motivi).
La Corte d’appello, infatti, ravvisando nella vicenda la fattispecie di cui all’art. 392 c.p., di contro a quella, originariamente contestata, di cui all’art. 633 c.p., non ha operato una mera riqualificazione dell’imputazione (che avrebbe dovuto comunque essere oggetto di una previa informativa agli imputati: v. Cass. Sez. 6, 12 novembre 2008, dep. 11 dicembre 2008, n. 45807, Drassich, rv 241753 – 241754; Sez. 6, 25 maggio 2009, dep. 18 settembre 2009, n. 36323, Drassich, rv 244974; Sez. 2, 26 febbraio 2010, dep. 16 aprile 2010, n. 14674, Salord, rv 246922; Sez. 1, 18 febbraio 2010. dep. 8 marzo 2010, n. 9091, Di Gati, rv 246494), ma ha ravvisato un fatto diverso in tratti essenziali della condotta, quale in particolare l’elemento, strutturale nella nuova fattispecie ed estraneo alla prima, della risoluzione unilaterale di un contrasto sottoponibile all’autorità giurisdizionale. Essa, quindi, avrebbe dovuto annullare la sentenza di primo grado, alla stregua degli artt. 516, 521, 522 e 604 c.p.p. (v., fra le altre, Cass. n. 33063 del 2003). L’omissione di tale adempimento comporta l’annullamento della sentenza impugnata e di quella di primo grado. Tale annullamento, che avrebbe per regola comportato il rinvio al Tribunale, a sensi dell’art. 623 c.p.p., lett. b), deve nella specie essere pronunciato senza rinvio, essendosi il reato estinto per intervenuta prescrizione. Si è, infatti, in presenza di sentenza di merito, afflitta da nullità processuale, che ha deciso non solo in ordine al reato, per il quale è maturata la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni cagionati dal reato. In questo caso, la nullità, anche se non Funzionale alla operatività della prescrizione, deve essere comunque rilevata e dichiarata in sede di legittimità, perchè si riverbera sulla validità delle statuizioni civili. Travolgendo la nullità sia il giudizio di secondo grado che quello di primo grado, questa Corte, fermo restando l’obbligo dell’immediata dichiarazione di estinzione del reato per maturata prescrizione, deve annullare senza rinvio entrambe le sentenze di merito: la prescrizione del reato, infatti, definisce l’aspetto penale, mentre i capi della sentenza relativi agli interessi civili vanno azzerati, perchè viene meno una delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 578 c.p.p., vale a dire l’esistenza di una valida sentenza di condanna anche generica dell’imputato, pronunciata a favore della parte civile in primo grado o in appello (in tal senso, in motivazione, Sez. U., n. 17179 del 27.02.2002, Conti).
Per completezza va precisato che non è preclusiva alla rilevazione della prescrizione la rinuncia alla stessa operata dai prevenuti in riferimento alla originaria imputazione ex art. 633 c.p., in quanto – al di là del problema della sua apparente anteriorità (di per sè invalidante: v. da ultimo Cass. n. 42028 del 2010) alla maturazione della prescrizione – gli effetti di tale rinuncia non possono estendersi alla nuova imputazione, per il principio di specificità dell’atto abdicativo (v. da ultimo Cass. n. 45023 del 2010).
P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e 620 c.p.p., annulla senza rinvio sia agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione, sia gli effetti civili la sentenza impugnata e quella emessa il 28 maggio 2007 dal Tribunale di Avellino.
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