T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 06-04-2011, n. 610 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione n. 38 del 4/6/1996 il Consiglio Comunale di Viareggio ha adottato una "variante al P.R.G. per il recupero dell’edilizia esistente e di adeguamento degli spazi pubblici". La società C.N.V. srl, proprietaria di un complesso di immobili destinati a cantiere navale interessati dalla predetta variante in senso ritenuto pregiudizievole ha presentato osservazioni che sono state respinte; il C.C. di Viareggio ha quindi approvato la citata variante con deliberazione n. 66 del 27/10/1997.

Contro gli atti di formazione dello strumento urbanistico di cui sopra la società ricorrente ha proposto il ricorso in epigrafe formulando censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Per resistere al gravame si è costituito in giudizio il Comune di Viareggio.

Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti.

Alla udienza odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1) Vanno innanzitutto respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalla difesa del Comune di Viareggio; in particolare:

– la circostanza che il gravame non sia stato notificato alla Provincia di Lucca, che pure è intervenuta nel procedimento, non pregiudica l’ammissibilità dell’impugnazione: la predetta Provincia non può infatti essere qualificata come soggetto che ha emesso l’atto conclusivo del procedimento e dunque lesivo, perciò impugnato, cioè la deliberazione del Consiglio Comunale di Viareggio n. 66 del 27/10/1997, che va imputato soltanto a quest’ultimo Comune;

– così identificato l’atto finale del procedimento, produttivo del pregiudizio lamentato dalle ricorrenti, risulta irrilevante la non immediata impugnazione della presupposta delibera di adozione della variante.

2) Con la prima censura, la società ricorrente deduce, in sintesi, che la variante impugnata, in quanto avente natura di revisione generale del PRG (cioè, in sostanza, natura di nuovo strumento urbanistico generale), non poteva essere adottata e approvata con le procedure dettate dalle norme transitorie di cui all’art. 40 della L.R. 16 gennaio 1995 n. 5: o si seguiva la nuova procedura pianificatoria prevista a regime dalla legge regionale citata, oppure la variante doveva essere contenuta nei più ristretti limiti consentiti dalla disciplina transitoria dell’art. 40.

Il Collegio osserva in proposito:

– non è pertinente il richiamo, su cui si insiste in particolare nell’atto introduttivo del giudizio, al comma 2 del citato art. 40, che elenca i casi in cui l’approvazione di varianti agli strumenti urbanistici generali seguiva – nella fase transitoria fino all’approvazione del Piano strutturale e del Regolamento urbanistico ex art. 39 – la procedura semplificata disciplinata dai commi 37; la variante di cui si controverte è stata infatti approvata con la procedura (più articolata) di cui ai commi 8 e seguenti: è sufficiente richiamare in proposito i contenuti della deliberazione G.C. n. 1570 del 19/10/1995 (di avvio del procedimento in questione ai sensi del comma 9 dell’art. 40), nonché i puntuali riferimenti normativi citati nelle impugnate deliberazioni C.C. n. 38/1996 e n. 66/1997, rispettivamente di adozione e di approvazione della variante medesima;

– l’ulteriore profilo di illegittimità procedimentale già evidenziato nell’originario ricorso, riguarda la natura e la portata della variante in questione, che in realtà si configurerebbe come un PRG integralmente nuovo; tale prospettazione non è condivisibile tenuto conto anche degli obiettivi dichiarati della pianificazione (espressamente riferiti alla salvaguardia del patrimonio edilizio esistente e all’adeguamento degli standards urbanistici),

– in conclusione, non risultano ravvisabili i vizi denunciati dalla ricorrente per quanto riguarda il procedimento di formazione della variante, in rapporto alle previsioni di cui all’art. 40 della L.R. n. 5/1995.

3) Trattandosi di variante allo strumento urbanistico generale, non trova applicazione l’art. 3 della L.R. n. 52/1979, che riguarda specificamente gli strumenti urbanistici attuativi; è dunque infondato anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia integrata (alla quale fa riferimento, appunto, il citato art. 3).

4) Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione delle norme (art. 8 della L.R. n. 59/1980 in relazione all’art. 27 della legge n. 457/1978) specificamente riguardanti la disciplina relativa alla individuazione delle zone interessate dagli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente; non si ravvisa, in capo alla ricorrente, una posizione che la legittimi a proporre tale censura, posto che l’area di cui è proprietaria e che costituisce oggetto del presente giudizio non rientra in zone di recupero.

5) Con l’ultimo motivo di ricorso si deduce, in sintesi: che il rigetto delle osservazioni sarebbe privo di adeguata motivazione e comunque irragionevole e che il mantenimento della attività produttiva risulterebbe di difficile, se non impossibile realizzazione.

Va innanzitutto evidenziato che il censurato difetto di motivazione non appare sussistente; rispetto alle osservazioni dei privati la giurisprudenza è consolidata nell’affermare che le stesse sono non rimedi giuridici, bensì apporti collaborativi ai fini dell’individuazione delle scelte urbanistiche più confacenti all’interesse pubblico; con la conseguenza che per giustificarne la reiezione non occorre una motivazione analitica, ma è sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (tra le ultime cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 giugno 2009 n. 4024 e 19 marzo 2009 n. 1652). Nel caso in esame l’Amministrazione non si è limitata ad affermare genericamente il contrasto delle osservazioni con i criteri generali posti a base della variante, ma ha fornito una spiegazione, ancorché sintetica, delle proprie scelte, calibrata sulla situazione dei luoghi.

6) In relazione a quanto sopra il ricorso va respinto perché infondato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune, che si liquidano in complessivi euro 2.000,oo, oltre IVA e CPA.

Nulla spese nei confronti della regione

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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