Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-05-2010) 01-07-2010, n. 24768 CASSAZIONE PENALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

All’esito di rito abbreviato, con sentenza 10.12.01 il Tribunale di Brescia condannava V.F. alla pena di anni uno di reclusione e L. 4.000.000 di multa per il delitto p. e p. ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e alla pena di anni due e giorni venti di reclusione e L. 1.000.000 di multa per i delitti di rapina e lesioni personali lievi aggravate ex art. 61 c.p., n. 2 ai danni di O.P..

Con sentenza 15.5.09 la Corte d’Appello di Brescia, applicata la continuazione fra tutti i reati contestati all’imputato, rideterminava la pena complessiva, sempre con la diminuente del rito, in anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 620,00 di multa.

Tramite il proprio difensore il V. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per mancanza e manifesta contraddittorietà della motivazione, essendosi la condanna basata unicamente sulle dichiarazioni – non sottoposte al dovuto rigoroso vaglio critico – della parte offesa e di due testimoni a lui legati da rapporti di amicizia; nè poteva riscontrare l’accusa il rinvenimento presso l’abitazione del ricorrente del telefonino cellulare dell’ O. che, lungi dall’essere provento di rapina, era in realtà servito come mera "moneta di scambio" per il pagamento d’un debito che l’ O. medesimo aveva verso il V..

1- Il ricorso è inammissibile perchè in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno dato conto dell’attendibilità della persona offesa, riscontrata dalle dichiarazioni di B.C. e F.F. e dal ritrovamento, nell’abitazione del V., del telefonino cellulare della persona offesa che, insieme con una tessera bancomat, costituiva provento della rapina.

Le contrarie considerazioni in ordine ad asseriti pregressi crediti (il cui titolo non è neppure specificato) che sarebbero stati vantati dal ricorrente nei confronti dell’ O. costituiscono mera ricostruzione alternativa, in quanto tale inidonea a fondare una censura ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e): infatti, affinchè sia ravvisabile una manifesta illogicità argomentativa denunciabile per Cassazione non basta rappresentare la mera possibilità di un’ipotesi alternativa – magari altrettanto logica in via di astratta congettura – rispetto a quella ritenuta in sentenza: a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata: cfr. Cass. Sez. 1, n. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. 1, n. 1685 del 19.3.98, dep. 4.5.98; Cass. Sez. 1, n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99;

Cass. Sez. 1, n. 13528 dell’11.11.98, dep. 22.12.98; Cass. Sez. 1, n. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass. S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96; Cass. Sez. 1, n. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre.

2 – All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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