T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 06-04-2011, n. 105 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sig. N. espone in fatto di essere proprietario dell’edificio destinato a civile abitazione tavolarmente individuato con la p.ed. 1164, situato in via Degasperi, n. 135, nel Comune di Cles, già oggetto, nel 1998, di un provvedimento di condono edilizio.

Allega che a seguito di un sopralluogo effettuato dal personale tecnico comunale in data 21 maggio 2007, il successivo giorno 25 gli è stata notificata un’ordinanza di rimessa in pristino, entro novanta giorni, riguardante opere di finitura dell’edificio nonché alcuni manufatti edificati sul terreno di pertinenza della sua proprietà per i quali non risultava emesso alcun titolo edilizio. Egli ha quindi presentato al Comune una domanda di concessione edilizia in sanatoria avente ad oggetto "opere di ampliamento e di sistemazione dell’edificio". A seguito del parere negativo espresso dalla commissione edilizia il 21 novembre 2007, l’Amministrazione ha però emesso un preavviso di diniego, datato 6 dicembre 2007, opponendo il contrasto di quanto realizzato con il disposto di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 43 delle norme tecniche d’attuazione del piano regolatore.

Infine, in data 5 maggio 2008 il Comune di Cles ha inviato al ricorrente una nuova "ordinanza di rimessa in pristino a seguito diniego domanda di sanatoria" per le stesse opere di finitura dell’edificio già contestate, un muro di sostegno, un deposito, un locale chiuso e la predisposizione di una nuova tettoia sul cortile.

2. Con ricorso notificato in data 13 febbraio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 25, il ricorrente ha impugnato i menzionati provvedimenti, deducendo i seguenti motivi di diritto:

I – "violazione dell’art. 43 delle n.t.a del p.r.g intercomunale di Cles e Tuenno; eccesso di potere per carenza ed in ogni caso per insufficienza della motivazione; illogicità ed ingiustizia manifesta", atteso che il parere negativo della commissione edilizia sarebbe privo di approfondimento motivazionale; che la copertura del cortile con una nuova tettoia sarebbe una pertinenza edilizia e non integrerebbe un intervento di nuova costruzione; che il muro di sostegno sarebbe stato oggetto di condono nel 1998; che il deposito e il locale chiuso, che sarebbero parzialmente interrati, integrerebbero la fattispecie dell’ampliamento volumetrico dell’edificio esistente;

II – "violazione della l.p. 27.5.2008, n.5, recante l’approvazione del nuovo Piano urbanistico provinciale; eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta". Si assume che lo strumento urbanistico sovraordinato ha classificato l’area in cui si trova l’edificio di causa come zona bianca, mentre per detta area il piano regolatore comunale mantiene la destinazione a zona agricola: da ciò si asserisce che vi sarebbe un obbligo di adeguare il p.r.g. modificando la destinazione di zona in area residenziale; si afferma inoltre che il ricorrente, il quale ha già chiesto il cambiamento della destinazione urbanistica dei luoghi, avrebbe maturato la legittima aspettativa di ricavare una seconda unità abitativa nell’edificio di causa.

Con il ricorso è stata altresì presentata l’istanza di sospensione, in via cautelare, dei provvedimenti impugnati.

3. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

4. Alla camera di consiglio del 24.7.2008, il difensore del ricorrente ha chiesto che la trattazione dell’istanza cautelare fosse definita unitamente al merito della causa.

5. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

6. Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1. Richiamato quanto esposto in fatto, preliminarmente deve essere rilevato che, a seguito della proposizione del ricorso giurisdizionale, con nota del 7 luglio 2008 l’Amministrazione comunale di Cles aveva comunicato al ricorrente l’attivazione un procedimento in sede di autotutela per il parziale annullamento del preavviso di diniego di concessione edilizia in sanatoria, e della successiva ordinanza di rimessa in pristino, con riferimento alle opere concernenti la finitura del deposito sito ad est dell’abitazione (l’intonacatura delle facciate, la pavimentazione della terrazza e la realizzazione del parapetto) nonché per i lavori di pavimentazione del cortile con calcestruzzo e di asfaltatura della strada di accesso. Peraltro, dopo l’acquisizione in data 9 luglio 2008 del parere favorevole della Commissione edilizia comunale, il procedimento non risulta essere stato perfezionato con l’adozione del formale atto conclusivo.

Di conseguenza, posto che anche per la citata parte dell’ordinanza di ripristino è tuttora vigente l’interesse che condiziona il diritto di azione perché la relativa pretesa sostanziale azionata dall’interessato in giudizio non ha ottenuto formale e definitiva soddisfazione, non può essere accolta la richiesta dall’Amministrazione resistente che, per le nominate fattispecie, ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere.

2. Per questa parte, ossia per le opere esattamente citate al secondo punto dell’ordinanza di rimessa in pristino di data 5.5.2008, il ricorso deve pertanto essere accolto, trattandosi di

interventi di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 13 delle n.t.a., testualmente consentiti sugli edifici esistenti nelle zone agricole dal comma 2 dell’art. 43 delle stesse n.t.a. ove si fa rinvio alle categorie di intervento di cui al titolo III.

3a. Per la restante parte dell’ordinanza di ripristino 5 maggio 2008, il ricorso deve essere invece respinto nei seguenti termini.

Con il primo motivo il deducente assume che il muro di sostegno delimitante il piazzale sarebbe stato realizzato antecedentemente al 1998 e che sarebbe stato quindi oggetto della concessione in sanatoria rilasciata in quell’anno. Detto muro rappresenterebbe la base dell’unitarietà dell’intervento edilizio successivamente realizzato: il deposito e l’adiacente locale chiuso ubicati ad est del fabbricato (di cui ai punti terzo e quarto dell’ordinanza di ripristino), parzialmente interrati, integrerebbero la fattispecie dell’ampliamento volumetrico dell’edificio esistente, come previsto e ammesso dall’art. 43 delle n.t.a. del P.R.G. La predisposizione della tettoia, infine, da realizzarsi con travature in legno e copertura lamellare tra il deposito già esistente annesso all’abitazione e quello nuovo situato nella parte più ad est, determinerebbe l’unicità dello stesso corpo edilizio e costituirebbe una mera pertinenza edilizia.

3b. Gli argomenti spesi dal ricorrente non possono essere condivisi.

Il Collegio rileva, innanzitutto, che il ricorrente non ha fornito alcuna prova che il muro di sostegno ad est sia stato realizzato antecedentemente al 1998. Invero, nella relazione che ha accompagnato la domanda di condono edilizio del 20.10.1998 di detto muro non vi è alcuna menzione, mentre la porzione di muro che si intravede nella fotografia "est" allegata a quella pratica non coincide con quanto oggi in contestazione. Dalla documentazione fotografica del tempo si ricava con chiarezza che tra il deposito e il muretto non vi era alcun manufatto in legno e/o in muratura e, all’evidenza, che il muro di contenimento era situato vicino al deposito con terrazza.

Attualmente, invece, il muro di sostegno delimita un più ampio piazzale, sul lato est del quale sono stati realizzati il deposito e il locale chiuso di cui ai punti 3 e 4 dell’ordinanza di ripristino, mentre per la copertura del cortile è stata predisposta una tettoia. In altri termini, è di palmare evidenza, in base al semplice riscontro visivo, che il muro di sostegno in contestazione si trova in una posizione più distante rispetto a quanto era stato già edificato e poi condonato nell’anno 1998. In tal senso, il disegno di raffronto versato in giudizio dall’Amministrazione e allegato alla memoria del 22.7.2008 – non contestato da parte ricorrente – dimostra che il muro di sostegno in essere dista 7,30 metri da quello previsto nel progetto originario dell’edificio.

3c. Il nuovo deposito, parte in muratura e parte in legno e coperto con tegole (con le seguenti dimensioni: m. 4,75 X m. 3,70 e altezza da m. 2,16 a m. 2,72), e il locale chiuso (profondo e alto come il deposito e largo m. 4,55), dotato di canna fumaria, sono stati dunque costruiti negli anni 1999 e 2000, come peraltro riconosciuto dalla stessa parte istante (cfr., dichiarazione del ricorrente presentata all’Amministrazione in data 11.10.2007 – documento n. 8 in atti di parte resistente).

Detti manufatti, comprensivi della muratura di sostegno, costituiscono dunque una nuova edificazione, espressamente vietata nelle zone agricole dal citato art. 43 delle n.t.a..

Essi, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente:

– non possono essere classificati come pertinenze dell’edificio, in quanto nelle zone agricole sono ammessi solo i manufatti accessori di cui all’art. 75 delle stesse n.t.a., dai quali le opere menzionate si differenziano per dimensioni ed anche per materiali impiegati (segnatamente, la lettera d) del comma 1 dell’articolo in esame prevede che i manufatti accessori debbano essere realizzati completamente in legno);

– non possono essere considerati un ampliamento dell’edifico principale (ammesso nelle zone agricole in una percentuale non superiore al 10% del volume esistente), in quanto non risultano edificati né in aderenza laterale né in sopraelevazione di quanto già in essere.

3d. Quanto alla prevista copertura del cortile con una tettoia, il Collegio osserva che, ai sensi dell’art. 83, comma 1, lettera a), della legge provinciale 5.9.1991, n. 22, detta fattispecie è assoggettata a semplice denuncia di inizio attività in quanto consista in un’opera scarsamente rilevante sotto il profilo edilizio ed urbanistico ed incapace di modificare in modo rilevante lo stato dei luoghi. Nel rispetto delle dimensioni massime eventualmente previste dalle norme di attuazione dei piani regolatori, la nozione di "pertinenza" in esame è dunque da interpretarsi nel senso che il nuovo manufatto deve essere strettamente accessorio e servente rispetto alla struttura primaria, non solo dunque preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche dotato di un volume modesto rispetto al quello principale in modo da evitare il cosiddetto carico urbanistico (cfr., in termini, T.R.G.A. Trento, 17.11.2008, n. 290).

4. L’ordinanza di ripristino a seguito del diniego di sanatoria del 5 maggio 2008 è un atto a contenuto vincolato, che richiede esclusivamente la descrizione analitica delle opere, l’attestazione dell’accertamento dell’assenza di ogni atto autorizzativo, o di ogni altro titolo, per la loro realizzazione, la citazione della normativa regolamentare comunale con cui le stesse contrastano. In tal senso, il provvedimento impugnato si presenta completo, posto che riporta il rilievo effettuato dall’Ufficio tecnico comunale il 21.5.2007, una esauriente descrizione delle opere eseguite in difformità dall’ultimo titolo edilizio comunale rilasciato in sanatoria nel 1998, il richiamo al parere negativo della Commissione edilizia comunale nel quale sono espressamente citate le norme regolamentari di attuazione con le quali contrastano i suddetti interventi edilizi.

In definitiva la vista motivazione, ancorché scarna e sintetica, è da ritenersi sufficiente posto che dall’esame dell’unitario procedimento si rilevano gli estremi logici dell’apprezzamento negativo espresso dall’amministrazione.

Il primo motivo va dunque, in detti termini, disatteso.

5a. Con il secondo mezzo il ricorrente afferma di aver presentato all’Amministrazione comunale, ancora nel mese di luglio 2007, una richiesta di modificazione della destinazione urbanistica, da agricola a residenziale, della zona nella quale è collocato l’edificio di causa – il quale, si asserisce, non sarebbe mai stato utilizzato per fini agricoli – al fine di poter realizzare un secondo alloggio a servizio di un nucleo familiare da poco costituito. Da ciò sarebbe sorto in capo al ricorrente l’affidamento che il Comune avrebbe attivato l’iter per modificare la destinazione di zona nel senso auspicato, sull’ulteriore rilievo che, nel frattempo, il nuovo Piano urbanistico provinciale non avrebbe imposto alcuna destinazione alla zona de qua. In definitiva, l’istante afferma che al Comune di Cles si imporrebbe la ridisciplina della destinazione della zona tenendo conto della reale situazione dei luoghi ed eliminando vincoli che limitano lo sfruttamento edilizio dell’esistente.

5b. La censura è eccentrica rispetto ai fatti di causa, tenendo conto che è stata impugnata un’ordinanza di ripristino, a seguito di un diniego di sanatoria, di una serie di manufatti abusivamente eretti ed adibiti a deposito, legnaia, magazzino, i quali, inoltre, non integrano certo la fattispecie dell’auspicata seconda unità abitativa. In ogni caso, la censura è priva di pregio giuridico.

Il Collegio osserva, in primo luogo, che i rapporti tra il piano urbanistico provinciale, i piani territoriali delle comunità e i piani regolatori comunali sono retti secondo i principi della "sussidiarietà responsabile", in base ai quali la pianificazione e gestione del territorio si colloca al livello istituzionale più efficiente rispetto alle diverse responsabilità istituzionali e problematiche, nonché a più diretto contatto con le esigenze locali (cfr., art. 4 della l.p. 4.3.2008, n. 1).

In tal senso, il P.U.P. costituisce lo strumento generale di governo e di coordinamento territoriale e per la disciplina delle invarianti, cioè delle componenti del territorio a carattere permanente, nonché delle reti ambientali e infrastrutturali, mentre riserva ai piani territoriali delle comunità e ai piani regolatori le decisioni relative all’organizzazione del territorio e all’uso razionale delle risorse, rispetto a cui definisce "i criteri, gli indirizzi e i parametri per l’elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale". Di conseguenza, il P.U.P. contiene sia norme "prescrittive e vincolanti", che sospendono gli effetti della disciplina incompatibile contenuta negli strumenti di pianificazione delle comunità e dei comuni o che richiedono il loro adeguamento, sia "norme di direttiva, indirizzo e orientamento rivolte agli enti titolari di poteri pianificatori", che costituiscono parametro di coerenza nella valutazione dei singoli strumenti di pianificazione (cfr., art. 11, commi 1, lett. d), e 3 della l.p. n. 1 del 2008). Infine, occorre rammentare che l’entrata in vigore del P.U.P. sospende, con effetto immediato, l’applicazione delle sole prescrizioni "incompatibili" contenute nei piani territoriali delle comunità e nei piani regolatori comunali (cfr., art. 20, comma 1, della l.p. n. 1 del 2008).

Conformemente alle prescrizioni della legge urbanistica, l’art. 48 delle norme di attuazione del nuovo P.U.P., approvato con la l.p. 27.5.2008, n. 5, stabilisce che solamente le sopravvenute norme concernenti la disciplina delle invarianti, gli interventi sui ghiacciai, la localizzazione dei servizi e delle attrezzature di livello provinciale, la programmazione urbanistica del settore commerciale, le individuate aree produttive del settore secondario di livello provinciale e locale, le aree di riqualificazione urbana e territoriale, le aree sciabili e il sistema piste – impianti, le aree agricole e di pregio, le aree a bosco, le reti per la mobilità e le aree per le infrastrutture militari prevalgono, se "più restrittive", sulle previsioni degli strumenti urbanistici in vigore, o adottati, con esse "non compatibili", ferma restando, in ogni caso, "l’applicazione delle disposizioni dei piani regolatori generali vigenti concernenti gli interventi ammessi nelle aree agricole sugli edifici esistenti con destinazione diversa da quella agricola" (cfr., art. 48, comma 2, l.p. n. 5 del 2008).

5c. Dai riportati fondamenti normativi discende pertanto che:

– la classificazione nel P.U.P. come "zona bianca" dell’area nella quale è ubicato l’edifico di causa non è incompatibile, perché non è più restrittiva, con la destinazione a "zona agricola" precedentemente impressa dal piano regolatore intercomunale;

– la classificazione provinciale come "zona bianca" esclude solamente che il legislatore abbia inteso astringere l’operato di quello competente alla pianificazione subordinata, così riservando ogni possibile scelta razionale di destinazione alla comunità di valle e/o al comune competente (cfr., in termini, T.R.G.A. Trento, 4.6.2009, n. 180);

– la prossima pianificazione territoriale concernente il Comune di Cles, oltre alla precisazione dei perimetri delle aree agricole sia di pregio che ordinarie di cui agli artt. 37 e 38, e secondo i criteri del comma 4 dell’art. 11 delle n.t.a. del P.U.P., potrà comunque individuare "ulteriori aree agricole, stabilendone la normativa d’uso" (cfr., artt. 37, comma 9, e 38, comma 11, l.p. n. 5 del 2008);

– in tal senso, depone anche il consolidato principio della giurisprudenza amministrativa, secondo il quale non sussiste alcun impedimento a che il Comune destini una determinata area del territorio a zona agricola, indipendentemente dalla reale utilizzazione agraria, avendo detta destinazione più generali finalità di tutela ambientale, di conservazione dei valori naturalistici, venendo a costituire il polmone dell’insediamento urbano, di decongestionare e di contenere l’espansione dello stesso, di provvedere, mediante il divieto di edificazione, ad orientare l’insediamento urbano e produttivo in altre direzioni ed ancora, più generalmente, di salvaguardare precisi equilibri dell’assetto territoriale (cfr., T.R.G.A. Trento, 16.12.2008, n. 319; cfr. anche 19.6.2008, n. 152 e 6.10.2009, n. 250);

– infine, la destinazione a zona agricola impressa da un piano regolatore si concretizza in un vincolo non a contenuto espropriativo, bensì conformativo del diritto di proprietà, sicché la relativa prescrizione non è indennizzabile né soggetta a limiti temporali d’efficacia (cfr., da ultimo, C.d.S., sez. IV, 23.12.2010, n. 9372).

5d. Da ultimo, occorre osservare che la posizione del ricorrente che, in attesa della prossima variante al P.R.G., ha inoltrato all’Amministrazione un’istanza di modificazione della vista destinazione urbanistica, non è meritevole di tutela rispetto ai fatti di causa, in quanto essa assume il contenuto della semplice e generica aspettativa del privato destinata ad essere sottoposta alla natura discrezionale del potere pubblico di pianificazione urbanistica, al quale è richiesta l’esposizione delle ragioni sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr., ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 29.12.2009, n. 9006).

Anche il secondo motivo deve essere pertanto disatteso.

6. In conclusione, in base alle argomentazioni sopra espresse, il ricorso deve essere per questa parte respinto.

Le spese del giudizio – quantificate in dispositivo – sono in parte compensate mentre, per l’altra parte, in applicazione della regola della soccombenza, devono essere poste a carico della parte ricorrente nella misura liquidata nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 189 del 2008:

– per una parte, lo accoglie;

– per altra parte, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio che liquida complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila), oltre al 12,5% a titolo di spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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