Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-05-2010) 01-07-2010, n. 24766 RICOGNIZIONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

S.P. ricorre avverso la sentenza, in data 13 maggio 2009, della Corte d’appello di Bari, che a parziale conferma della sentenza del Gup del tribunale di Trani in data 16 settembre 1999, lo ha condannato per il reato di rapina aggravata e altro, e, chiedendone l’annullamento, deduce:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e). Carenza e manifesta illogicità della motivazione per il rigetto della domanda di assoluzione.

Il ricorrente censura la ritenuta sufficienza del quadro probatorio acquisito nella fase delle indagini preliminari e gli omessi approfondimenti istruttori relativi all’esame e alla ricognizione personale di altri due testi M. e C., il mancato espletamento di una perizia antropometrica, il mancato esame dei tabulati del cellulare del S., per affermare la sua responsabilità penale contestando, sotto questo profilo, di procedere con il rito abbreviato senza eseguire alcun ulteriore approfondimento istruttorio d’ufficio.

Contesta poi che, nonostante la disposta parziale riapertura del dibattimento in appello per l’acquisizione della video cassetta dove sarebbero state riprese le fasi della rapina, e l’impossibilità della sua visione per non essere più reperibile tra i corpi di reato, la Corte abbia confermato la sentenza di condanna, peraltro fondata su un riconoscimento personale, a seguito di ricognizione, viziato da un precedente anomalo riconoscimento fotografico.

Rileva il collegio che per quanto riguarda la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello la censura appare manifestamente infondata. La Corte ha motivato ampiamente sulla non decisività della prova testimoniale richiesta, sia in considerazione del tipo di giudizio a prova contratta, sia, e soprattutto, per la manifesta non decisività della prova in relazione al notevole arco di tempo trascorso dai fatti di causa, ed anche in base alla difformità dei fatti così come ricostruiti dalla stessa difesa per giustificare la richiesta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

Il giudizio formulato sull’attendibilità della testimonianza della teste C. è stato approfondito,analitico e persuasivo, pienamente conforme ai corretti criteri di valutazione della prova.

In particolare la difformità della deposizione della teste C. con riferimento al colore del maglione indossato dal rapinatore poi individuato nel ricorrente, rispetto a quello riferito dagli altri due testi, appare spiegata in modo logico, anche alla luce della successiva ricognizione personale eseguita dalla teste circa nove ore dopo il fatto, e quindi con un ricordo assolutamente vivo dei dettagli. Ricognizione a cui deve essere aggiunta quella in precedenza fatta su fotocopie di fotografie che non può per questo essere ritenuta inutilizzabile ma può essere liberamente valutata, alla luce delle altre risultanze. E vi è da aggiungere che il rapinatore sicuramente era uscito a volto scoperto dalla banca, dopo essersi abbassato il bavero del maglione (v. p. 11 della sentenza d’appello), circostanza che rafforza l’attendibilità del riconoscimento effettuato. E’ stata infine correttamente valorizzata, ai fini dell’attendibilità della ricostruzione, la circostanza che il ricorrente ha fornito un alibi inidoneo a scalfire i gravi elementi a suo carico.

A tutte le questioni, dunque, già affrontate in appello, la Corte ha risposto adeguatamente con coerenza logico – giuridica.

Nel ricorso si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice d’appello con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti, che pertanto devono ritenersi infondati.

Per quanto riguarda gli altri punti le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794). E ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità "ex officio" in ogni stato e grado del procedimento – una questione, quale quello dell’esame testimoniale di altri due testimoni, che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per Cassazione, che la impugnazione sul punto deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 3, ultima parte". (Cass. pen., sez. 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748).

Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide,in considerazione della manifesta infondatezza solo di alcuni punti del ricorso, va dunque rigettata l’impugnazione.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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