Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-03-2011) 12-04-2011, n. 14743 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 22 aprile 2010 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza del G.I.P del medesimo tribunale in data 18 marzo 2010 con la quale è stata applicata a S. M. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e di cui agli artt. 110 e 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Il Tribunale territoriale ha desunto l’esistenza degli indizi di colpevolezza dalle intercettazioni telefoniche dettagliatamente indicate e che fanno riferimento a frequenti accordi, in particolare, fra P. P. e l’attuale ricorrente, aventi ad oggetto l’acquisto da parte del S. di quantità di stupefacente da destinare allo smercio. Il Tribunale, citando giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto sussistente il reato associativo sulla base dell’apporto di fatto dato dal S. all’organizzazione anche in assenza di un formale accordo. Il medesimo tribunale ha anche ritenuto sussistenti le esigenze cautelari sulla base delle modalità del fatto, indice di partecipazione ad una attività criminale organizzata, e del modo di vivere dell’imputato difficilmente emendabile in età adulta.

S.M. propone ricorso per cassazione avverso tale ordinanza lamentando mancanza di motivazione o motivazione apparente ed erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74. In particolare il ricorrente deduce che il tribunale si sarebbe limitato ad affermare la sussistenza dell’ipotesi criminosa di cui al citato art. 74 solo sulla base di massime giurisprudenziali, senza considerare che, di fatto, il suo ruolo sarebbe stato di semplice acquirente di droga dall’organizzazione alla quale non avrebbe mai fornito alcun apporto.

Con secondo motivo si deduce mancanza di motivazione riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare si assume che l’affermazione per cui le abitudini di vita sono difficilmente correggibili in età adulta, non fornisce alcuna motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari in questione.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

Il tribunale territoriale, con ampia e logica motivazione che opera dettagliato riferimento ad intercettazioni telefoniche, motiva la partecipazione dell’attuale ricorrente all’associazione criminale in questione sulla base della stabilità degli approvvigionamenti di droga da parte sua e del fratello S.L., in particolare presso S.M. per il tramite di P.P.. Con valutazione dettagliatamente e logicamente motivata non censurabile in questa sede di legittimità, il tribunale ha escluso l’occasionalità degli acquisti, ritenendo, quindi, che la stabilità degli acquisti siano sicuro indice di un contributo stabile, consapevole all’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. L’ampia motivazione, supportata da precisi riferimenti alle numerose intercettazioni telefoniche effettuate, da conto anche del preciso ruolo del S. in tale organizzazione individuata in quella di fornitore per la zona di Cosenza. Giova ricordare che in materia di intercettazioni, secondo principi ormai consolidati, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. 6^, 10 giugno 2005, n. 35680, Patti; Sez. 4^, 28 ottobre 2005, n. 117, Caruso; Sez. 4^, 16 giugno 2004, n. 40179, Kerri). Mentre le considerazioni di diritto riguardo al reato associativo, sono, come detto, corrette oltre che supportate da precisi riscontri probatori costituiti dalle numerose intercettazioni telefoniche effettuate.

Riguardo al secondo motivo di ricorso relativo alla dedotta mancanza o illogicità della motivazione in merito alle esigenze cautelari, va osservato che l’osservazione astratta fatta in conclusione dal Tribunale riguardo alla difficoltà di mutare le abitudini di vita costituiscono un mero commento peraltro ultroneo, ma non certo la motivazione che, viceversa, è costituita dalla presunzione normativa di cui all’art. 275 cod. proc. pen. comma 3 come novellato dal D.L. n. 11 del 2009, art. 2, comma 1, lett. a) convertito nella L. n. 38 del 2009 e la contestuale assenza di specifici elementi atti a vincere detta presunzione. La giurisprudenza di questa Corte, a tale riguardo, costantemente afferma che, in presenza di gravi indiziai colpevolezza per uno dei reati indicati dall’art. 275 cod. proc. pen.,, comma 3, deve applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere senza la necessità di accertare le esigenze cautelari, la cui sussistenza è presunta per legge, incombendo al giudice di merito solo l’obbligo di constatare l’inesistenza di elementi che "ictu oculi" lascino ritenere superata tale presunzione (Cass. 22 gennaio 2008 n. 10318). Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *