Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-03-2011) 12-04-2011, n. 14739 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 21 aprile 2010 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da C.V. con riferimento alla custodia cautelare in carcere patita dal 14 novembre 1996 al 17 luglio 1999 nell’ambito del procedimento penale a suo carico per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, e per i reati fine consistenti nella detenzione a fine di spaccio di ingenti quantitativi di tali sostanze, procedimento conclusosi con sentenza di assoluzione del Tribunale di Como in data 21 novembre 2007 divenuta irrevocabile per il ricorrente in data 13 giugno 2008. La Corte territoriale ha motivato tale ordinanza ravvisando la condotta gravemente colposa dell’istante, ostativa al riconoscimento della richiesta riparazione, nella accertata contiguità e frequentazione del C. con i fratelli T., con S.D., con D.M.F. e con altri soggetti coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti, elementi che hanno influito nella scelta cautelare.

Il C. propone ricorso per cassazione avverso tale ordinanza lamentando, con il primo motivo, difetto o manifesta illogicità della motivazione in ordine al concreto atteggiarsi della colpa grave a lui attribuita. In particolare si deduce che non vi sarebbe alcuna prova del nesso di causalità fra la condotta ritenuta gravemente colposa del ricorrente, e la disposta lunga detenzione cautelare sofferta. Inoltre non vi sarebbe alcuna prova delle affermate frequentazioni. Infine si deduce l’assoluta irrilevanza che comunque avrebbero tali presunte e non dimostrate frequentazioni, anche considerando che il ricorrente non era comunque a conoscenza dei precedenti penali o dei procedimenti penali riguardanti le persone che avrebbe frequentato.

Con secondo motivo si lamenta violazione di legge con riferimento all’art. 314 cod. proc. pen., comma 1, insussistenza originaria dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare; manifesta illogicità della motivazione ed omessa individuazione delle ragioni per cui la presunta frequentazione di determinati individui avrebbe fornito riscontro alle dichiarazioni accusatone; omessa individuazione della natura dei rapporti indicati quale indice di colpa grave; erronea interpretazione dell’art. 43 cod. pen., comma 3;

non configurabilità di alcuna colpa in capo al ricorrente. In particolare si deduce che non sarebbe motivato il rapporto fra i presunti legami del ricorrente, con i reati dei quali questi era accusato, non avendo avuto alcun riscontro le dichiarazioni accusatone di Bruno Antonio nei suoi confronti. Inoltre il termine "contiguità", adottato nell’ordinanza impugnata, sarebbe comunque improprio in quanto riferito a rapporti concreti di scambio di stupefacenti, mentre, nel caso in esame, si tratterebbe di semplice conoscenza con i soggetti indicati, di cui, fra l’altro, il C. poteva ben ignorare i precedenti penali, o i procedimenti penali in corso.

MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente va considerata inammissibile l’istanza di rinvio proposta dal difensore, in quanto il presente procedimento si svolge con la procedura della camera di consiglio non partecipata per la quale non è prevista affatto la presenza del difensore che, conseguentemente, non ha alcuno interesse a proporre istanza di rinvio per impedimento personale.

Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, nel caso in cui sia contestato un reato in concorso con altre persone, si concorre a dare causa alla misura della custodia cautelare se si sia al corrente dell’attività delittuosa di altri e, ciò nonostante, pur non concorrendo in quella attività, si pongano in essere, con evidente, macroscopica imprudenza, condotte che si prestino, sul piano logico, alla deduzione della contiguità del concorso. Ma se manca la consapevolezza che altri è dedito ad una certa attività costituente reato, l’eventuale condotta denotante contiguità non può avere alcuna incidenza negativa (Cass. 29 aprile 1994 n. 598). Nel caso in esame, appunto, non si chiarisce alcun elemento che possa indurre ad affermare la sussistenza della consapevolezza, da parte dell’istante, che le persone da lui frequentate fossero dedite ad attività illecite. L’ordinanza impugnata si limita ad affermare l’esistenza delle frequentazioni del C. con soggetti pregiudicati, senza tuttavia affermare, non solo la sua eventuale partecipazione anche indiretta ad attività criminose peraltro neppure ipotizzata, ma neanche la consapevolezza dell’attività delittuosa svolta dai soggetti frequentati, consapevolezza essenziale ai fini del riconoscimento della colpa grave ostativa alla riparazione richiesta.

Anche a voler ritenere provata la frequentazione posta a fondamento dell’ordinanza impugnata, non viene in alcun modo indicato il nesso causale di tale contiguità con la detenzione sofferta e, in particolare, come si configura la colpa grave dell’istante, senza nemmeno precisare la consapevolezza dell’attività delittuosa dei soggetti con i quali si afferma che avesse frequentazione. Nè la chiamata in correità citata nell’ordinanza impugnata può, di per sè, configurare colpa grave ai fini in esame essendo estranea al comportamento dell’imputato.

Le lacune motivazionali suddette impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio ala Corte d’Appello di Milano.
P.Q.M.

Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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