Cons. Stato Sez. V, Sent., 07-04-2011, n. 2166 Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I ter, con la sentenza n. 1406 del 29 settembre 1997, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla signora R. Z. per l’accertamento del diritto all’assegnazione definitiva alle mansioni superiori effettivamente svolte e per il reinquadramento nella corrispondente qualifica (VIII), nonché per la corresponsione delle differenze retributive spettanti per le mansioni superiori già svolte, lo accoglieva in parte, limitatamente a quest’ultima richiesta, condannando conseguentemente l’amministrazione regionale del Lazio al pagamento delle differenze stipendiali, comprensive di interessi legali e rivalutazione monetaria, previo accertamento dell’effettiva formale attribuzione delle mansioni svolte e della sussistenza della relativa vacanza organica.

2. Con rituale atto di appello la Regione Lazio chiedeva la riforma di tale sentenza, deducendone l’assoluta erroneità sulla scorta del consolidato principio dell’irrilevanza nel pubblico impiego dello svolgimento di fatto di mansioni superiori ed osservando che in ogni caso gli atti, di asserito conferimento delle mansioni superiori, prodotti dall’interessata a sostegno della propria richiesta consistevano in mere attestazioni di funzionari e non già provvedimenti formali provenienti dai competenti organi dell’amministrazione.

La signora R. Z. spiegava a sua volta appello incidentale nella parte in cui era stata respinta la sua richiesta di assegnazione definitiva alle mansioni superiori effettivamente svolte e di reinquadramento nella qualifica (VIII) corrispondente, rilevandone l’erroneità in ragione, in particolare, della nuova disciplina del rapporto di pubblico impiego (D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29), di cui i primi giudici non avevano tenuto conto.

3. Nell’imminenza dell’udienza di discussione del merito le parti hanno illustrato ulteriormente le proprie tesi difensive con particolare riferimento alla questione del diritto alla corresponsione delle differenze stipendiali per le mansioni superiori effettivamente svolte, avendo l’appellata sostanzialmente rinunciato alla coltivazione del pur proposto gravame incidentale.

All’udienza pubblica dell’8 marzo 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

4. Deve preliminarmente dichiarasi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello incidentale proposto dalla signora R. Z.: ciò in quanto nella memoria difensiva depositata il 4 febbraio 2011 risulta testualmente dichiarato che "Non si insiste più…nell’appello incidentale, non potendosi ricavare dalla giurisprudenza consolidatasi negli ultimi anni, neppure dell’Ago, alcuna apertura relativamente al diritto al re inquadramento nella qualifica superiore.

5. L’appello della Regione Lazio è invece fondato e deve essere accolto.

5.1. Come riconosciuto dalla stessa difesa dell’appellata, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è del tutto consolidata nel senso di ritenere non suscettibile di favorevole considerazione le istanze dei dipendenti pubblici tese al riconoscimento delle differenze retributive legate allo svolgimento delle mansioni superiori, asseritamente svolte (tra le più recenti, sez. V, 25 maggio 2010, n. 3314; 17 settembre 2010, n. 6949; sez.VI, 20 ottobre 2010, n. 7584; sez. IV, 16 luglio 2010, n. 4596; 9 luglio 2010, n. 4465; 30 giugno 2010, n. 4165).

E’ stato infatti rilevato che:

a) salvo che non sussista una specifica disposizione di legge che disponga altrimenti, lo svolgimento in via di mero fatto da parte di un pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, costituisce circostanza irrilevante sia ai fini della progressione in carriera che ai fini economici (non essendo sotto tale aspetto il rapporto di pubblico impiego assimilabile al rapporto di lavoro privato ed essendo di natura indisponibile gli interessi pubblici coinvolti), sia, comunque, perché l’attribuzione di mansioni superiori e del correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di inquadramento.(ex multis, Sez. VI, 8.1.2003, n. 17; 19.9.2000, n. 4871; 22.8.2000, n. 4553; 11.7.2000, n. 3882; A. P. 23.2.2000 n. 11);

b) la domanda volta ad ottenere una retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile non può fondarsi sull’art. 36 Cost., che afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato; tale norma, infatti, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall’art. 98 Cost. (che, nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e quali quelli previsti dall’art. 97 Cost., contrastando l’esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita, con il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei funzionari (C.d.S., Sez. VI, 19.9.2000, n. 4871; Sez. VI, 11.7.2000, n. 3882; Sez. VI, 15.5. 2000, n. 2785; A. P. 18.11.1999, n. 22);

c) per effetto degli artt. 51 e 97 Cost. le attribuzioni delle mansioni e del relativo trattamento economico non possono essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (C.d.S., Sez. VI, 8.1.2003, n. 17; 19.9.2000, n. 4871; Sez. VI, 11.7. 2000, n. 3882; A. P. 23.2.2000, n. 11);

d) il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti ha trovato riconoscimento con carattere di generalità soltanto a decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 29.10.1998, n. 387, il cui art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56 D.lgs. 3.2.1993 n. 29, laddove prima di tale data nel settore del pubblico impiego, salvo diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti ai fini della progressione di carriera ovvero agli effetti economici di un provvedimento di preposizione ad un ufficio di livello superiore.(cfr. giurisprudenza già citata in precedenza).

5.2. La Sezione, inoltre, nella decisione 25 maggio 2010, n. 3314, ha anche osservato che il principio, favorevole al dipendente pubblico, espresso dalla Suprema Corte di Cassazione (SS.UU. 11 dicembre 2007, n. 25837), secondo cui "in materia di pubblico impiego – come si evince anche dalla lettura del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 56, comma 6, (nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, così come successivamente modificato dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15) – l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori, anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento, ha diritto, in conformità della giurisprudenza della Corte Costituzionale, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost.. Norma questa che deve, quindi, trovare integrale applicazione – senza sbarramenti temporali di alcun genere – pure nel settore del pubblico impiego privatizzato, sempre che le superiori mansioni assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che in relazione all’attività spiegata siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni.", non è sufficiente a mutare il precedente pacifico orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui il diritto del dipendente pubblico alle differenze retributive spettanti per lo svolgimento di mansioni superiori può essere riconosciuto in via generale solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del D. L.vo n. 387/1998 (22 novembre 1998), in quanto detto decreto possiede evidente carattere innovativo rispetto alla normativa precedente e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse (C.d.S., A.P. n. 3/2006).

In conclusione, per il periodo antecedente il 30 giugno 1998, cui si riferisce la presente controversia, non può, quindi, essere riconosciuto il diritto alle predette differenze retributive (C.d.S., sez. V, 29 aprile 2009, n. 2740).

6. Ciò determina la riforma in parte qua della sentenza impugnata, con conseguente integrale rigetto del ricorso proposto in primo grado.

La risalenza nel tempo della vicenda controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto dalla Regione Lazio e su quello incidentale spiegato dalla signora R. Z. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I ter, n. 1406 del 29 settembre 1997, dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello incidentale ed accoglie l’appello principale; per l’effetto in parziale riforma della sentenza impugna, rigetta integralmente il ricorso proposto in primo grado dalla signora R. Z..

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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