Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-04-2010) 01-07-2010, n. 24762 SENTENZA PENALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 28 aprile 2009, confermava la condanna pronunciata dal Tribunale di Palermo – Sezione distaccata di Monreale il 15 febbraio 2008 alla pena di anni tre di reclusione nei confronti di S.G., dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 635 c.p., comma 2, n. 5, per avere distrutto un vigneto impiantato nel terreno, sito in contrada (OMISSIS) del comune di (OMISSIS), sottoposto a confisca con decreto emesso atei confronti dello stesso nell’ambito di un procedimento di prevenzione iscritto al n. 13/1994 R.M.P..

Propone ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:

1) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all’art. 521 c.p.p., comma 2 e 3 e art. 518 c.p.p..

Il ricorrente rileva che il S. veniva tratto a giudizio per avere quale mandante distrutto un vigneto del terreno sito in contrada (OMISSIS) del comune di (OMISSIS), sottoposto a confisca con Decreto n. 161 del 1995 del Tribunale di Palermo a carico di B.E.; afferma, quindi, che i fatti contestati sono radicalmente diversi da quelli in relazione ai quali è stato condannato, con conseguente violazione del principio di correlazione tra sentenza e accusa contestata. All’udienza del 7 luglio 2006, a seguito della assunzione del teste M., il p.m. aveva modificato il capo di imputazione e la difesa si era opposta alla modifica facendo rilevare la totale diversità del fatto, ma il Tribunale disponeva la modifica, concedendo i termini a difesa. Ad avviso del ricorrente, l’imputato avrebbe dovuto essere immediatamente prosciolto dall’accusa contestata, fermo rimanendo che il p.m. avrebbe potuto richiamare gli atti ed iniziare un nuovo procedimento, tanto più ove si consideri che a quel punto non erano più ammissibili i riti alternativi, ai quali l’imputato non aveva fatto ricorso perchè era a conoscenza di potersi ben difendere dalla prima accusa.

2) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente denuncia la inattendibilità del teste M., nominato custode (amministratore) dei beni sottoposti a sequestro, rilevando nelle sue dichiarazioni una serie di incongruenze ed illogicità.

Motivi della decisione

l motivo di ricorso con il quale si eccepisce la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza è infondato e deve essere rigettato.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte, concordemente, a partire della decisione delle Sezioni Unite del 19 giugno 1996, n. 16, Di Francesco, rv. 205619, ha chiarito che alla base della violazioni del suddetto principio deve esserci un reale pregiudizio dei diritti della difesa, così che l’indagine sul punto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza, perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.

Pertanto, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’art. 521 c.p.p., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di contestazione, sicchè questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione. Ciò che è avvenuto, appunto, nel caso di specie, in cui l’imputato ha avuto conoscenza nel contraddittorio delle risultanze della deposizione testimoniale di M. P., con successiva specifica contestazione e con la concessione anche di un termine a difesa e l’assunzione dell’esame dell’imputato in udienza successiva a quella dell’intervenuta modifica dell’imputazione. D’altro canto, la lamentata impossibilità di poter fare ricorso, in quel momento processuale, ai riti alternativi, non rileva, poichè l’imputato che decida di affrontare il dibattimento, non richiedendo l’ammissione ad alcuno dei riti speciali e, in particolare, al giudizio abbreviato, accetta implicitamente tutte le conseguenze relative alla formazione della prova nel giudizio accusatorio, compresa la possibilità di modificazione dell’imputazione (Sez. 5^, 4 marzo 2003, n. 17368, Dell’Angelo, rv.

224372).

Il motivo di ricorso con il quale si denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sulla denunciata inattendibilità del teste M., è manifestamente infondato per la parte in cui contesta l’esistenza di Un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste; non consentito per la parte in cui pretende di valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trarre proprie conclusioni, in contrasto con quelle del giudice del merito, ampiamente motivate e corrette dal punto di vista logico e giuridico, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato, con la conseguenza della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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