Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 07-04-2011, n. 298 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’impugnazione della sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha dichiarato, in parte inammissibile e in parte irricevibile, il ricorso promosso in primo grado, dagli odierni appellanti, onde ottenere l’annullamento:

– del verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale del comune di Ribera, costituito in occasione delle elezioni amministrative del 30 e 31 maggio 2010, con cui furono proclamati gli eletti alla carica di sindaco e di consigliere comunale del comune di Ribera;

– del verbale o dei verbali con i quali la Sottocommissione elettorale circondariale ammise alla competizione elettorale il candidato sindaco Ca.Sm. e la lista n. 8 "Uniti si vince";

– del verbale n. 74 del 17 maggio 2010 con il quale la Sottocommissione elettorale circondariale impedì agli appellanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi riguardanti la presentazione delle liste dei candidati alle suddette elezioni amministrative del comune di Ribera;

– del verbale n. 97 del 2 luglio 2010 con il quale la Sottocommissione elettorale circondariale rigettò la richiesta degli appellanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi riguardanti la presentazione delle liste, sull’errato presupposto che tali atti fossero sottratti all’accesso;

nonché ai fini dell’accoglimento della richiesta istruttoria, formulata anche ai sensi dell’art. 25 della L. n. 241/1990, volta al rilascio di tutti i documenti amministrativi riguardanti la presentazione delle liste dei candidati alle citate elezioni amministrative del comune di Ribera del 30 e 31 maggio 2010.

2. – Si sono costituiti, per resistere all’impugnazione, il comune di Ribera, il signor Br. e la Sottocommissione elettorale circondariale di Ribera: quest’ultima ha richiesto di essere estromessa dal giudizio in quanto priva di legittimazione passiva.

3. – All’udienza pubblica del 23 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Giova premettere, ai fini del corretto inquadramento delle questioni devolute alla cognizione del Collegio, una succinta ricostruzione della vicenda sulla quale si è innestata la controversia. Gli odierni appellanti, elettori del Comune di Ribera ed esponenti locali del "Partito Democratico", impugnarono avanti il T.A.R. gli atti sopra indicati, contestando il risultato finale della competizione elettorale per l’elezione del Sindaco e del consiglio comunale svoltasi il 30 e 31 maggio 2010. In particolare, i suddetti esposero che, in vista di tali elezioni, le varie forze politiche presenti sul territorio si erano accordate per formare un’alleanza politica, denominata "Grande Coalizione", della quale lo stesso Partito Democratico avrebbe dovuto far parte. Nonostante ciò, nell’imminenza dello scadere dei termini per la presentazione delle liste, il candidato sindaco della coalizione, signor Ca.Pa., rifiutò l’apparentamento col Partito Democratico, stringendo accordi col Popolo della Libertà e organizzò la presentazione di una seconda candidatura nella persona del signor Ca.Sm., appoggiato da una lista civica, denominata "Uniti si vince", composta anche da propri familiari. In sintesi la fondamentale tesi, patrocinata dagli esponenti in primo grado e ribadita in appello, è che la lista "Uniti si vince" fosse una lista c.d. "civetta" e che la presentazione della stessa avrebbe avuto l’unica finalità di aggirare il combinato disposto degli artt. 8 della L. n. 7/1992 e 40 del D.P.Reg. n. 3 del 20 agosto 1960, sui quorum richiesti per la validità delle elezioni comunali in caso di presentazione di candidatura unica per la carica di Sindaco. In effetti, le richiamate disposizioni prevedono, ai fini della validità delle elezioni in caso di lista unica, che sia conseguito un quorum di voti validi non inferiore al 50% dei votanti e un numero di votanti non inferiore alla metà del numero degli iscritti nelle liste elettorali. L’esistenza della lista civetta avrebbe, per contro, falsato l’intera competizione elettorale: la presentazione della lista "Uniti si vince", avendo comportato la partecipazione di due candidati alla carica di sindaco e avendo determinato l’inapplicabilità delle riferite regole sulla lista unica, avrebbe in sostanza impedito ai cittadini di scegliere liberamente tra l’alternativa di recarsi alle urne oppure di disertare i seggi per evitare il raggiungimento del quorum previsto per la lista unica e di rendere così nulla la tornata elettorale. In sostanza, grazie all’escamotage della presentazione di una lista civetta, il signor Ca.Pa. si sarebbe assicurato il risultato della vittoria delle elezioni, indipendentemente dal numero dei votanti, posto che l’altro candidato, il signor Ca.Sm., non avrebbe svolto alcuna campagna elettorale. Che tale fosse l’esclusivo scopo della presentazione della lista "Uniti si vince" sarebbe stato dimostrato anche dalle dichiarazioni confessorie rilasciate pubblicamente dal signor Pa. a plurimi mezzi di informazione.

Con un secondo gruppo di argomentazioni gli appellanti si dolgono altresì di non aver potuto accedere alla documentazione amministrativa riguardante la presentazione delle liste elettorali, in quanto la relativa istanza fu, a loro dire, ingiustamente disattesa. È stata quindi riproposta in appello l’istanza di accesso quale domanda istruttoria ai sensi dell’art. 25 della L. n. 241/90.

Occorre ulteriormente soggiungere in punto di fatto che alla competizione elettorale votò il 61% degli aventi diritto (12.259 elettori su 20.077 iscritti alle liste) e che la lista capeggiata dal signor Ca.Pa. riportò n. 10.001 voti, pari all’85,38% del totale.

5. – Il primo Giudice ha dichiarato il ricorso originario in parte inammissibile per mancato superamento della c.d. "prova di resistenza" e, in via consequenziale, ha giudicato improcedibile, per difetto di interesse, l’istanza istruttoria.

6. – L’appello è affidato a due mezzi di gravame.

Con il primo motivo si è dedotta l’erroneità della sentenza, con riferimento alla declaratoria di inammissibilità del ricorso. Sostengono gli appellanti che la prova di resistenza non si attaglierebbe al caso di specie in cui il vizio denunciato ha asseritamente inficiato l’intero procedimento elettorale al pari di quanto avviene allorquando vi sia stata un’omessa sottoscrizione dei verbali di sezione, l’arbitraria chiusura della sezione elettorale, l’utilizzo di schede irregolari. Nello specifico, la strumentale presentazione della lista civetta avrebbe, per l’appunto, falsato l’intera competizione, viziandola sotto un profilo sostanziale. Di qui l’illegittimità dell’ammissione della lista "Uniti si vince" attraverso la quale si sarebbe aggirata la normativa elettorale e coartata la libera espressione del voto popolare.

Con una seconda doglianza, logicamente sorretta dalla pretesa ammissibilità del primo motivo sopra riferito, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui il T.A.R. ha dichiarato improcedibile l’istanza di accesso che, invece, si sarebbe dovuta accogliere in ragione della natura pubblica dei documenti amministrativi relativi alla presentazione delle liste e dei candidati. 7. – In via prioritaria si impone l’esame della eccezione di difetto di legittimazione passiva rispetto alla lite, avanzata dalla Sottocommissione elettorale circondariale di Ribera.

L’eccezione è fondata e va accolta. L’Avvocatura distrettuale dello Stato ha difatti correttamente richiamato un consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa, condiviso da questo Consiglio (tra gli altri precedenti, C.G.A., 19 marzo 1996, n. 53), secondo il quale gli organi temporanei, abilitati a dichiarare, con efficacia costitutiva, i risultati finali del provvedimento elettorale per l’elezione dei componenti degli organi degli enti territoriali non hanno alcuna legittimazione alla lite, in materia di contenzioso elettorale, perché privi, per la loro posizione di neutralità, di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti ed operazioni (Cons. St., ad. plen., 23 febbraio 1979, n. 7). Ed invero, nei giudizi elettorali, l’individuazione della pubblica amministrazione, alla quale spetta la qualifica di parte necessaria della lite, deve essere compiuta, non in base al criterio dell’imputazione formale dell’atto di proclamazione degli eletti, ma esclusivamente in base al criterio dell’imputazione sostanziale degli effetti, cioè dei risultati della consultazione popolare. Una volta calati i sopra esposti principi al caso di specie, emerge con evidenza la carente legittimazione passiva della predetta Sottocommissione.

8. – Il primo motivo di appello è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

Erroneamente gli appellanti ritengono che il principio della prova di resistenza non si applichi alla fattispecie. In effetti la prova di resistenza presuppone la certezza, sia pure ex post, del risultato elettorale; la prova di resistenza, a prescindere dai voti di volta in volta in contestazione, riguarda dunque fattispecie in cui siano comunque ricostruibili, sulla base degli atti del relativo procedimento, i termini in cui si è espressa la volontà popolare. Non vi è invece spazio per la prova di resistenza laddove non possa accertarsi, per una grave carenza documentale, quale sia stato il reale svolgimento delle operazioni elettorali: si tratta, però, di situazioni del tutto particolari, in cui, ad esempio, sia stata omessa o sia radicalmente invalida, e in modo quantitativamente significativo, la verbalizzazione o quando sia stata accertata finanche la mancanza di una vera e propria votazione. Non è questo tuttavia il caso che occupa il Collegio: nella vicenda la pretesa invalidità dell’esito della competizione elettorale è soltanto una conseguenza tratta (arbitrariamente) dagli appellanti dalla denuncia di un vizio consistito nell’illegittima, a loro dire, ammissione di una lista. Non sussiste pertanto alcun incertezza su quale sia stato l’effettivo e materiale svolgimento del procedimento elettorale, giacché l’appello pone esclusivamente in discussione il risultato della competizione, in vista di una sua rinnovazione, qualora in ipotesi non fosse stata ammessa la lista contestata. La controversia dunque investe un profilo che è ordinariamente risolto dalla giurisprudenza facendo ricorso a uno strumento di logica controfattuale – qual è, per l’appunto, la prova di resistenza – che, ai fini del sindacato sulla sussistenza dell’interesse a ricorrere, consente al giudicante di ricostruire l’esito ipotetico e alternativo di un procedimento attraverso l’ideale eliminazione di un antecedente dello stesso, del quale sia stata dedotta l’illegittimità.

9. – Tanto premesso, può passarsi a una sintetica elencazione delle ragioni che convergono nella direzione del rigetto dell’impugnazione.

I) Correttamente il Tribunale ha fatto applicazione della prova di resistenza, posto che, anche non tenendo conto dei voti raccolti dalla lista del candidato Sm., la lista del candidato Pa. ha conseguito un quorum di voti validi non inferiore al 50% dei votanti e che il numero dei votanti non è stato inferiore alla metà del numero degli iscritti nelle liste elettorali; il "doppio sbarramento" previsto per l’ipotesi della candidatura unica, stabilito dalle norme sopra citate, è stato dunque superato dalla lista del candidato sindaco eletto e lo sarebbe anche sottraendo ai totali sopra riportati i voti conseguiti dalla lista "Uniti si vince". Allora ben si adatta al caso in esame la regola, ispirata al principio di conservazione degli effetti giuridici, secondo la quale il giudice amministrativo non può pronunciare l’annullamento degli atti impugnati e, quindi, deve reputarsi interdetta allo stesso la correzione del risultato di una competizione elettorale, quando, pur essendo astrattamente possibile che alcuni elettori abbiano espresso il loro voto per liste che non avrebbero dovuto partecipare alla competizione, nondimeno si possa tuttavia in concreto escludere ogni significativo rilievo perturbativo sul complessivo risultato elettorale derivante dall’illegittima ammissione di una o più liste, e quindi si ravvisi la concreta irrilevanza delle illegittimità denunciate, in considerazione della consistenza numerica dei voti conseguiti dalla lista o dalle liste legittimamente ammesse (tra le altre, C.G.A. 21 luglio 2008, n. 652; v., inoltre, Cons. St., sez. V, 7 marzo 2001, n. 1343, decisione resa con riferimento all’art. 60 del T.U. n. 570/1960 che contiene norme analoghe a quelle richiamate dagli appellanti).

II) Non esiste alcuna norma dell’ordinamento, nazionale o isolano, che vieti la presentazione di liste civetta e, difatti, gli appellanti non hanno indicato il parametro normativo che sarebbe stato violato, essendosi limitati a dedurre una pretesa elusione della succitata normativa. L’inesistenza di una disposizione del genere è dovuta al fatto che la presentazione di una lista è un atto giuridico la cui validità non poggia sulla meritevolezza delle relative motivazioni. Non a caso, siccome condivisibilmente osservato dal T.A.R., gli organi preposti alla verifica dell’ammissibilità di una lista compiono un controllo formale ed estrinseco sulla documentazione di corredo (rispetto dei termini, completezza degli atti e delle modalità previste), ma non sono tenuti a valutare le ragioni che sorreggono la presentazione di una lista e un sindacato psicologico di questo tipo è precluso anche al giudice amministrativo. Diversamente opinando si introdurrebbe, nella materia, un controllo giuridico del tutto arbitrario, poiché, per la sua intrinseca ed elevata discrezionalità, esso si porrebbe sicuramente in contrasto sia con il diritto di elettorato passivo, costituzionalmente garantito a ogni cittadino, sia con il principio della libertà di scelta dell’elettore sia, più in generale, con l’espressione della sovranità in cui si concreta ogni manifestazione di voto del corpo elettorale.

La presentazione di una lista civetta, ossia di una lista creata al fine di conseguire alcuni esiti della votazione in virtù del concreto atteggiarsi del metodo elettorale seguito, appartiene, insomma, all’area dell’irrilevante giuridico, giacché l’eventuale sanzione del tentativo di piegare i meccanismi elettorali allo scopo del raggiungimento di determinati esiti può manifestarsi soltanto sul piano politico e si concreta, in sostanza, nella "punizione" che, in termini di voti, può infliggere lo stesso corpo elettorale alla singola lista civetta o alla coalizione di partiti che se ne sia avvalsa. Non vi è quindi spazio alcuno per configurare un’elusione delle norme del diritto laddove l’ordinamento non preveda alcun divieto suscettibile di essere aggirato o di essere reso coercibile attraverso l’intervento, postumo, dell’autorità giudiziaria.

10. – Plurime ragioni militano anche nel senso del rigetto della domanda di accesso riproposta in appello per finalità istruttorie.

I) La conferma della originaria inammissibilità dell’impugnativa (v. il precedente paragrafo) priva gli appellanti dell’interesse all’istruzione della relativa domanda.

II) La domanda di accesso proposta in primo grado era comunque irricevibile per tardività, dal momento che gli appellanti hanno lasciato inutilmente decorrere i termini perentori per l’impugnazione del primo diniego risalente al 17 maggio 2005 (si vedano, al riguardo, le decisioni del Cons. St., ad. plen., n. 6 e 7 del 18 aprile 2006, citata dalle controparti, secondo cui la mancata impugnazione del diniego all’accesso agli atti e all’attività amministrativa, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo, non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo, potendo l’interessato reiterare l’istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa solo in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso).

III) L’istanza di accesso avrebbe avuto, in astratto, una qualche utilità per la posizione fatta valere dagli appellanti laddove i predetti avessero inteso verificare la legittimità della presentazione, non della lista civetta, ma di quella risultata vincitrice. Sennonché non era questo il finalismo della proposizione della domanda di accesso, attesa la sua strumentalità rispetto ai motivi concretamente dedotti; d’altronde non è consentito al giudicante di andare oltre le richieste di parte e tanto meno di sostituirsi ad esse nell’individuazione del potenziale interesse a un determinato accertamento istruttorio.

11. – In conclusione, la sentenza impugnata si rivela immune dai vizi dedotti e merita integrale conferma.

12. – Al lume dei superiori rilievi, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

13. – Il regolamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando:

1) dichiara il difetto di legittimazione passiva della Sottocommissione elettorale circondariale di Ribera e, per l’effetto, ne dispone l’estromissione dal giudizio;

2) respinge l’appello.

Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in euro:

– 3.000,00 (tremila/00) a favore del Comune di Ribera;

– 2.000,00 (duemila/00) a favore della Sottocommissione elettorale circondariale di Ribera;

– 2.000,00 (duemila/00) a favore del signor Gi.Br., per complessivi Euro 7.000,00 (settemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Luciano Barra Caracciolo, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, Componenti.

Depositata in Segreteria il 7 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *